A fine 2017 sapremo se lo stadio che la Roma ha intenzione di costruire nell’area di Tor di Valle si farà o no. Il 28 dicembre, infatti, è la data entro cui dovrà concludersi la conferenza dei servizi chiamata ad esaminare il nuovo progetto, seguito alla delibera di interesse pubblico votata dall’Assemblea Capitolina a maggioranza grillina. Il passaggio in Aula Giulio Cesare, il secondo dopo quello effettuato durante l’amministrazione Marino, si era reso necessario in seguito alla rimodulazione del prospetto iniziale fortemente voluta da Raggi & soci. Dopo il veto sulla candidatura olimpica con cui avevano inaugurato la consiliatura, i Cinque Stelle hanno cercato a tutti i costi di scrollarsi di dosso la fama di donne e uomini del “no” senza però, al contempo, perdere la faccia con la propria base mostrandosi deboli nei confronti dei cosiddetti poteri forti.
Il risultato che ne è scaturito è un compromesso che ha sostanzialmente scontentato tutti: i proponenti, vale a dire la Roma e la società costruttrice Eurnova, si sono viste ridurre sensibilmente le cubature di negozi, uffici e servizi a cornice dell’impianto. che hanno un ruolo centrale in operazioni di questo tipo e che spesso sono al limite della speculazione; Sindaco e Giunta non sono riusciti a fugare dubbi e perplessità circa l’opportunità complessiva della realizzazione e gli effettivi vantaggi per la città, facendosi per di più imporre dalla controparte il siluramento dell’assessore Berdini e cospicui tagli alle opere pubbliche a supporto dello stadio; i cittadini, almeno quelli disinteressati alle vicende calcistiche, sono stati tenuti completamente ai margini di qualsiasi processo decisionale e hanno perfettamente capito che benefici per loro non ce ne saranno.
Anzi, in occasione delle partite, in quel quadrante di Roma si rischia di vivere giornate assai complicate perché il nodo principale dell’intera opera, quello che riguarda la viabilità e i trasporti, non è stato assolutamente risolto. Le delibere con cui è stata dichiarata la pubblica utilità del progetto si sono basate anche sull’imprescindibile ruolo del trasporto pubblico per l’afflusso e il deflusso degli spettatori. Ma solo in teoria, ovviamente. L’idea iniziale di una diramazione della linea B della Metropolitana è stata abbandonata perché avrebbe rischiato di pregiudicare la funzionalità dell’intera tratta, peraltro già assai compromessa dalla mancata manutenzione delle infrastrutture e dalla vetustà del materiale rotabile. Gli ultimi scenari elaborati ipotizzano che 20.000 persone ogni ora possano arrivare a Tor di Valle con la Roma-Lido, che ogni anno concorre per il titolo di peggiore ferrovia italiana. Considerata una capienza di circa 1.200 passeggeri a convoglio, significherebbe garantire almeno 16-17 treni e abbassare a poco più di tre minuti e mezzo le frequenze di passaggio. Attualmente, al netto di disservizi e guasti tecnici che sono la regola più che l’eccezione, anche nelle ore di punta le frequenze non scendono mai al di sotto dei dieci minuti: con le risorse che sono state abbozzate, è davvero difficile credere che l’incubo quotidiano di decine di migliaia di utenti si possa trasformare in un gioiello della mobilità.
Discorso simile per quella parte di progetto in cui si paventa l’utilizzo da parte dei tifosi della linea Orte-Fiumicino o, in una seconda fase di sviluppo dell’area dello stadio, addirittura degli attracchi fluviali sul Tevere. La realtà è che, per la zona che è stata scelta e per come sono stati concepiti gli interventi su di essa, la stragrande maggioranza degli spettatori arriverà allo stadio con il mezzo privato lungo l’unico asse percorribile, quello via Ostiense-via del Mare. L’unificazione delle due strade non sarà certamente sufficiente a reggere l’urto e risentirà comunque degli inevitabili imbuti che si creeranno in uscita da viale Marconi e via Cristoforo Colombo. Il tutto senza dimenticare le criticità della Roma-Fiumicino, soprattutto in corrispondenza dell’incrocio con viale Isacco Newton e via della Magliana, e i previsti lavori per la realizzazione della bretella che collegherà la Roma-Civitavecchia e la Roma-Latina e che passerà a Tor de’ Cenci, quindi a pochissima distanza dallo stadio.
Uno scenario insostenibile, almeno stando al buon senso. Lo stesso che avrebbe dovuto guidare la Roma e i suoi consulenti a individuare un’area diversa della città: magari una zona senza le complicazioni idrogeologiche e urbanistiche di Tor di Valle o una di quelle comprese nei piani di prolungamento delle linee di Metropolitana già esistenti. Lo stesso buon senso che avrebbe dovuto spingere il Comune, proprietario di uno stadio Flaminio di fatto in stato di completo abbandonato, a indirizzare verso la riqualificazione o la ricostruzione di quell’impianto le velleità sportive e architettoniche di società di calcio e aziende di costruzioni. Ma forse sarebbe stato chiedere troppo.