Società quotate: continua il tentativo di marginalizzare i piccoli azionisti

- di: Redazione
 
Nonostante la chiarissima, al limite della durezza, presa di posizione nettamente contraria del presidente di Consob, Paolo Savona, he ne ha sottolineato l'anomalia rispetto agli altri Paesi, sembra non fermarsi il tentativo di rendere sempre meno importante il ruolo dei piccoli azionisti nelle assemblee generali della società quotate, con l'evidente obiettivo di silenziare qualsiasi voce dissenziente rispetto alle linee decise e imposte dai Cda.
In questa fase si stanno confrontando due tesi: la prima che, ereditando le scappatoie concesse nel periodo dell'emergenza pandemia (che però oggi è fortunatamente conclusa) cerca di imporre la figura del ''rappresentante designato'', che di fatto esautorerebbe i piccoli azionisti, limitandone la presenza e, quindi, la possibilità di interloquire; la seconda che vede gli stessi piccoli azionisti sostenere l'importanza del loro ruolo e, quindi, respingendo quella che ritengono una chiara manovra per impedire loro di fare sentire la loro voce, che potrebbe, potenzialmente, essere anche di dissenso.

Società quotate: continua il tentativo di marginalizzare i piccoli azionisti

Ma, in questo scenario, di per sé sorprendente (come lo è il solo fatto di creare un ''filtro'' artificioso tra la platea degli azionisti che detengono quote non determinanti e il CdA) si inserisce un'altra ipotesi che è soltanto agghiacciante: consentire alle società quotate di stabilire che alle assemblee possano partecipare solo quegli azionisti che raggiungano una soglia prestabilita di azioni.
Una prospettiva di per sé inquietante e che forse non avrebbe meritato nemmeno una citazione marginale se non l'avesse riferita Fabrizio Testa, amministratore delegato di Borsa Italiana (nella foto), nel corso della sua audizione, in commissione Finanze al Senato, sul ddl Capitali in discussione a Palazzo Madama.

Non sappiamo, francamente, se Testa condivida questa eventualità che stravolgerebbe il concetto stesso di assemblea generale quale luogo deputato al confronto e alla discussione. Ma fa riflettere il fatto che ne abbia anche solo fatto cenno, perché, vista la sua autorevolezza e il delicato ruolo che regge, avrebbe dato visibilità, anche attraverso una semplice citazione, ad una norma che, essendo ''ad escludendum'', è uno schiaffo, oltre che alla consuetudine (le modalità sin qui seguire nelle assemblee), al principio stesso di democrazia.
Laddove non è importante di quanti tu possa essere portavoce, ma quello che tu dici.

Prevedere una soglia minima di azioni detenute per partecipare alle assemblee è un omicidio in culla, cercare di zittire chi potrebbe (ma non è detto) non essere d'accordo, non potendo nemmeno ipotizzarsi una soluzione assolutamente fantascientifica di aggregazioni temporanee di azioni per potere avere un numero sufficiente per partecipare.
Testa, comunque, si ferma al guado, riferendo, in merito alla ''articolazione idonea a contemperare al meglio gli interessi di emittenti e azionisti e investitori'', che c'è da un lato ''la flessibilità per il cda di definire le modalità di svolgimento di ogni singola assemblea'' e dall'altro la possibilità per gli ''azionisti di minoranza di opporsi ove non condividano la singola scelta nei giusti termini''.
Ecco dove sta il punto critico: 'azionisti di minoranza' non significa d'opposizione per partito preso.
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli