In un momento in cui la Slovenia sta facendo sempre più affidamento sulla manodopera straniera per sostenere il proprio sistema economico, la ministra degli Esteri Tanja Fajon lancia un appello forte e chiaro: porre fine a qualsiasi forma di abuso nei confronti dei lavoratori provenienti dall’estero.
Slovenia sotto i riflettori: la ministra degli Esteri Tanja Fajon chiede la fine degli abusi sui lavoratori stranieri
Le sue dichiarazioni arrivano all’indomani della diffusione di un’inchiesta giornalistica che ha sollevato indignazione nell’opinione pubblica slovena: undici autisti filippini, giunti nel Paese per un periodo di prova, sarebbero stati accolti in condizioni di vita drammaticamente inadeguate. Secondo quanto riportato dai media locali, gli uomini sarebbero stati alloggiati in spazi fatiscenti, privi dei requisiti minimi di igiene e sicurezza, con evidenti violazioni delle norme sul lavoro e sull'accoglienza.
Fajon ha ribadito con fermezza che “ogni abuso dei diritti dei lavoratori stranieri che arrivano in Slovenia deve essere immediatamente fermato” e ha ricordato come l’immagine internazionale del Paese sia direttamente legata alla capacità di garantire diritti e condizioni di vita dignitose a chi contribuisce alla sua economia. “La Slovenia fa sempre più affidamento sulla manodopera straniera. Se vogliamo continuare in questa direzione, dobbiamo rafforzare l’immagine di un Paese sicuro, in cui le condizioni per i lavoratori siano effettivamente garantite”, ha dichiarato.
Attualmente, circa 150 mila lavoratori stranieri operano in Slovenia. Secondo le stime, presto un lavoratore su sei sarà di origine straniera, il che rende cruciale la reputazione del Paese per attrarre nuova forza lavoro. La ministra ha sottolineato che “la Slovenia si trova in una situazione poco invidiabile, considerando che abbiamo già il 16 per cento di stranieri nell’intera forza lavoro e che l’economia punta ad attrarne ancora di più”.
Il caso ha sollevato forti preoccupazioni anche tra le organizzazioni sindacali e della società civile, che denunciano una rete di sfruttamento più ampia e radicata di quanto si possa immaginare. In particolare, si teme che la vicenda degli autisti filippini non sia un’eccezione, ma solo uno dei tanti episodi sommersi legati all’utilizzo opaco della manodopera straniera, spesso gestita tramite subappalti e contratti poco trasparenti nei settori dei trasporti, dell’edilizia e dell’agricoltura.
I sindacati chiedono controlli più rigidi, sanzioni efficaci e un sistema di accoglienza che non esponga i lavoratori migranti a sfruttamento e abusi. “Non possiamo permettere che la Slovenia diventi un Paese attrattivo per gli investimenti solo perché la manodopera è sfruttabile a basso costo e senza tutele”, ha affermato un portavoce della confederazione sindacale.
Il governo ha assicurato che interverrà. Il Ministero del Lavoro, in collaborazione con quello degli Esteri, ha annunciato l’intensificazione dei controlli ispettivi su tutte le aziende che impiegano personale straniero e l’avvio di un percorso di riforma delle modalità di assunzione. Saranno inoltre potenziati i servizi di orientamento e tutela legale per i lavoratori migranti.
Per Tanja Fajon, la questione non è solo economica ma profondamente etica: “Non possiamo costruire la nostra crescita economica sullo sfruttamento. Vogliamo una Slovenia aperta, ma anche giusta e rispettosa dei diritti umani”. Una posizione che si inserisce nel più ampio dibattito europeo su come coniugare sviluppo economico e giustizia sociale, in un’epoca in cui i flussi migratori e le esigenze del mercato del lavoro sono destinati a crescere. La sfida della Slovenia, oggi, è la stessa di molti altri Paesi: garantire condizioni dignitose a chi contribuisce, ogni giorno, al benessere collettivo.