Cara senatrice Segre, la memoria degli Italiani dell'Olocausto non vacilla

- di: Redazione
 
A Liliana Segre non si può non volere bene, per quella che è stata la sua vita, per le sofferenze che ha dovuto affrontare e per come, ad un certo punto della sua esistenza, abbia ritenuto di dovere spiegare, a tutti, ma soprattutto ai giovani, cosa sia stato il nazismo, con le sue aberranti azioni.
Da senatrice della Repubblica, è ormai costantemente al centro di domande, di richieste, di manifestazioni, tutte nate dalle esperienze che l'hanno privata, nemmeno ragazzina, degli amori che devono circondare i figli. Ma, pur capendone interamente le motivazioni e nutrendo verso lei il rispetto che merita chi è stato testimone di un evento che speriamo mai più si ripeta, oggi dissentiamo dalle sue parole. Parliamo di quelle pronunciate in occasione di un evento a Milano, per la presentazione delle manifestazioni per il Giorno della Memoria.

Cara senatrice Segre, la memoria degli Italiani dell'Olocausto non vacilla

"Una come me - ha detto - certo non si accontenta, una come me è pessimista e ritiene che tra qualche anno ci sarà una riga sui libri di storia e poi non ci sarà nemmeno più quella". Perché, ha spiegato, ''per chi ha visto personalmente quell'orrore, quello che viene fatto non è mai abbastanza", aggiungendo di avvertire da anni una tendenza a pensare come a un "già sentito" quando si parla dell'Olocausto. Poi, la chiosa finale. ''Io so cosa dice la gente della Giornata della Memoria. La gente già da anni dice 'basta con questi ebrei, che cosa noiosa, ormai lo sappiamo' ".
Vorremmo, quindi, rivolgerci a Liliana Segre, ma non come ad una senatrice o a una sopravvissuta alla shoah, ma come se fosse solo un'amica che, per troppa passione o motivato coinvolgimento emotivo, ha ecceduto nel pessimismo, che non è sempre il migliore compagno di viaggio quando si formula un giudizio generalizzato e non rivolto ad un preciso consesso.

Generalizzazione, come quella a cui si ricorre quando si parla del nazismo e di come esso impattò nella società tedesca, non è sempre esercizio di equilibrio perché, se è vero che, ''ufficialmente'', la quasi totalità dei tedeschi credeva in Hitler e nel paradiso in terra per il quale spacciava le sue teorie (gli italiani fecero lo stesso con Mussolini), ci fu anche chi si oppose e pagò con la vita, subito (come i ragazzi della Rosa Bianca, quasi tutti studenti di Monaco, alcuni dei quali processati e ghigliottinati nello stesso giorno) o dopo, per le sofferenza patite nei campi di concentramento. Ma quando Liliana Segre dice di temere che tra qualche anno anche dai libri di storia destinati ai nostri figli sparirà l'argomento dell'olocausto non rende giustizia a come gli italiani sentano questo dramma e ne abbiano fatto parte importante delle loro vite. Forse non sempre per merito dei nostri governanti, piuttosto dissetandosi alle testimonianze, ai libri, anche ai film che ritraggono il dramma non solo degli ebrei, ma di tutte quelle ''categorie'', a cominciare da chi soffriva di malattie mentali e quindi non utile al Reich, che per i nazisti erano da eliminare per un processo di purificazione della razza. La loro razza, ovviamente.

Gli italiani, cara senatrice Segre, hanno memoria di questo e, semmai non l'avessero, basterebbero loro pochi frammenti di ''Schindler's list'' (come le immagini del cappottino rosso della bimba ebrea che, nel cupo bianco e nero del film, si aggira in un campo di morte, andando lei stessa verso la fine) o poche pagine di ''L'ultimo dei giusti'', di André Schwarz-Bart, per renderla tangibile. Gli italiani di ottant'anni fa non erano la ''brava gente'', come ci piace etichettarci, perché molti di loro si macchiarono di orrendi crimini, come la delazione che fu per tanti ebrei l'anticamera della morte.
Oggi, però, a distanza di tanto tempo, quella coscienza di cui la senatrice Segre paventa la possibile cancellazione è forte e non può essere certo annacquata dalla rinascita della Destra e dalle sue contraddizioni (dirsi genericamente contro il fascismo non basta se si continua a sottolinearne solo gli aspetti ''positivi'').

L'Italia democratica, nata dalle ceneri del Ventennio e dal fatto che il fascismo ci portò a combattere una guerra folle, non dimentica quel che gli ebrei, anche con la complicità di nostri connazionali, hanno patito.
Forse le parole di Liliana Segre hanno voluto essere una provocazione, ma, lo diciamo quasi sussurrandolo e con il rispetto che lei merita, hanno mancato il bersaglio.

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