I tecnomiliardari alla conquista del potere: l’allarme di Sanchez a Davos

- di: Bruno Coletta
 

Durante il World Economic Forum di Davos il premier spagnolo Pedro Sanchez (nella fotoha lanciato un monito forte contro l’influenza dei tecnomiliardari nella politica globale. Le sue parole hanno messo in evidenza un fenomeno che preoccupa sempre più leader mondiali: “I proprietari delle reti sociali, un piccolo gruppo di tecnomiliardari che non sono più soddisfatti di avere quasi tutto il potere economico, vogliono anche quello politico, minando le nostre istituzioni democratiche. E non lo nascondono”.

La politica sotto assedio dei likes
Nel suo intervento, Sanchez ha sottolineato come le piattaforme social siano diventate strumenti capaci di sostituire i voti con i likes, trasformandosi in veri e propri campi di battaglia. “Manipolazioni, censura” e una “sistematica distorsione del dibattito pubblico” rappresentano, secondo il leader spagnolo, i segnali più allarmanti di un sistema in cui l’anonimato e l’assenza di regole giocano un ruolo cruciale.
La soluzione proposta da Sanchez prevede un’azione concreta: la fine dell’anonimato sui social network. “In democrazia l’impunità non è un diritto”, ha affermato, presentando una batteria di misure che saranno discusse al prossimo Consiglio Europeo.

La concentrazione del potere tecnologico
Il tema del controllo dei tecnomiliardari non è nuovo, ma assume una nuova urgenza alla luce delle recenti vicende globali. Pochi individui, alla guida di colossi tecnologici, possiedono non solo una fetta rilevante dell’economia mondiale, ma anche un controllo senza precedenti sulle informazioni e sulle interazioni online. Secondo un rapporto del Digital Economy Council pubblicato nel 2024, le cinque principali aziende tecnologiche statunitensi hanno un valore di mercato complessivo superiore al Pil di molti paesi europei.
Questa concentrazione di potere economico e tecnologico ha implicazioni enormi per la democrazia”, ha dichiarato Shoshana Zuboff, autrice de Il capitalismo della sorveglianza, in un’intervista al Guardian. “Quando una manciata di persone controlla l’accesso ai dati e può influenzare il dibattito pubblico, le basi della sovranità popolare sono a rischio”.

Confronto con modelli di regolamentazione di vari paesi 
Alcuni paesi hanno già implementato misure per affrontare il potere delle piattaforme digitali. In Germania, il Network Enforcement Act (NetzDG) obbliga le piattaforme a rimuovere contenuti illegali entro 24 ore, pena multe salate. In Cina, il governo esercita un controllo diretto sulle piattaforme, imponendo norme rigide sulla censura e la privacy. L’Australia ha introdotto leggi che costringono i giganti tecnologici a pagare per i contenuti giornalistici condivisi sulle loro piattaforme. Questi modelli offrono spunti, ma sollevano anche interrogativi sul bilanciamento tra regolamentazione e libertà individuali.

Statistiche globali
Secondo il rapporto “Digital 2025” pubblicato da We Are Social, il numero di utenti attivi sui social media ha raggiunto i 5,4 miliardi nel 2024, rappresentando il 68% della popolazione mondiale. Ogni giorno vengono generati oltre 500 milioni di tweet e caricati circa 720.000 ore di video su YouTube. Questo volume di dati conferma l'impatto pervasivo delle piattaforme sulla società e sull’economia globale.
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Il ruolo degli algoritmi
Gli algoritmi delle piattaforme giocano un ruolo determinante nel plasmare il dibattito pubblico, decidendo quali contenuti raggiungono maggiore visibilità. Una ricerca dell’Università di Stanford del 2024 ha mostrato che i post con contenuti polarizzanti hanno il 70% di probabilità e in più di essere amplificati rispetto a quelli neutri. Questo approccio, mirato a massimizzare l’engagement, rischia di esacerbare divisioni politiche e sociali.

Le voci critiche e le reazioni internazionali
Le parole di Sanchez hanno trovato eco in altri leader europei. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Dobbiamo garantire che le piattaforme digitali rispettino le regole della democrazia e non le riscrivano a loro piacimento”. Il Digital Services Act, entrato in vigore nel 2024, rappresenta un primo passo in questa direzione, ma molti osservatori ritengono che servano interventi più radicali.
Negli Stati Uniti, il dibattito sul ruolo dei giganti tecnologici nella politica si è intensificato dopo le rivelazioni sugli algoritmi di amplificazione delle fake news durante le elezioni del 2024. Elon Musk, proprietario di X (ex Twitter), ha recentemente respinto le accuse di manipolazione, dichiarando in un tweet: “Le piattaforme sono solo strumenti; è responsabilità degli utenti usarle con saggezza”.

Un futuro regolamentato?
La proposta di Sanchez di abolire l’anonimato sui social network solleva interrogativi complessi. Da un lato, potrebbe ridurre i comportamenti abusivi online e aumentare la responsabilità personale; dall’altro, pone rischi per la privacy e la libertà di espressione.
Secondo un rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) pubblicato a dicembre 2024, il 67% degli utenti globali si dichiara preoccupato per la crescente sorveglianza digitale, mentre solo il 23% considera positivamente l’introduzione di misure che limitano l’anonimato.

La necessità di un equilibrio
Facciamo che le reti sociali tornino ad essere grandi”, ha concluso Sanchez, riprendendo ironicamente lo slogan di Donald Trump. Ma il percorso per rendere i social media uno strumento al servizio della democrazia richiederà un equilibrio delicato tra regolamentazione, innovazione e tutela dei diritti fondamentali. Come il mondo risponderà alla sfida posta dai tecnomiliardari definirà non solo il futuro della tecnologia, ma anche quello della governance globale.

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