Rugby, una storia di lealtà e valori

- di: Andrea Cecinelli
 
“Anche questo il senso di questo nostro rugby: allungare una mano a quei compagni che un placcaggio maligno ha duramente atterrato”. Basta questa frase tratta dalla poesia “cos’è il rugby” di Piero Gabrielli, ovviamente ex rugbista, a far capire l’essenza di questo meraviglioso sport dalla palla ovale, per il quale il raggiungimento dell’obiettivo, mantenendo un comportamento corretto nel rispetto delle regole, è l’unica filosofia di gioco. Rispetto delle regole ma sopratutto rispetto dell’arbitro al quale basta una parola per sedare uno “scambio di opinioni “ un po’ troppo acceso tra i giocatori.

Può sembrare un paradosso, ma il gioco più educativo del mondo ha origine proprio da un’infrazione alle regole. Era il 1823 nel piccolo villaggio di Rugby, 150 km a nord-ovest da Londra, durante una partita di calcio, William Webb Ellis, un giovane studente irlandese annoiato dal poco emozionante match, prese il pallone con le mani e corse verso la porta avversaria contravvenendo alle regole e dando origine al gioco dalla palla ovale. Nella scuola di Rugby il gesto del giovane è ricordato con una statua in bronzo ed una targa in marmo rosa.

Questo incredibile sport è stato ed è tuttora utilizzato come “principale metodo per educare i ragazzi e forgiarli in uomini sani, robusti, attivi, con un comportamento leale ed uno spirito esuberante”. Questo è ciò che predicava H. H. Almond, un insegnante che nel 1862 divenne direttore della scuola di Loretto in Scozia. Il rugby inteso come essenza dell’eticità. Quello che conta è il gruppo e non il singolo. L’individualità viene assorbita dalla squadra. Si dice che rugbista lo si è per tutta la vita… ed è proprio vero. Esempio lampante è stato quello di Piero Gabrielli, promotore e Presidente dell’associazione “Mille Bambini a Via Margutta”, che aveva lo scopo di cambiare una mentalità pietistica che fino ad allora aveva dominato il mondo della disabilità.

Occorreva dimostrare all’uomo della strada, alla famiglia ed al mondo della scuola che era necessario confrontarsi con l’handicap e che si poteva fare integrazione. Piero Gabrielli veniva chiamato “San Bernardo” perché arrivava sempre in soccorso degli amici nel gioco come nella vita, e usava proprio l’esempio del rugby per spiegare il valore e il significato del gruppo: insieme si cresce meglio: tutti, grandi o piccoli, veloci o lenti, se sono aiutati dal gruppo, sono capaci di trovare dentro se stessi, e tirar fuori, capacità insospettabili. Il rugby riesce ad unire persone di religioni e orientamenti politici differenti.

E’ l’unico sport per mezzo del quale il paese dell’Irlanda viene rappresentato da un’unica nazionale. Quando si parla dell’Irlanda rugby si intende un’unica nazionale senza divisioni religiose e politiche. tutti tifano la stessa squadra da nord a sud. Oltre a filosofia di vita, viene considerato come vera e propria religione. I gallesi credono che il rugby sia lo sport giocato in paradiso.

Vanno in campo con questa convinzione che li rende quasi immortali. Quando cantano l’inno, i giocatori piangono e il pubblico è in uno stato confusionale difficilmente descrivibile. Il Millenium Stadium di Cardiff è uno dei pochi stadi di rugby con una copertura mobile. Quando si gioca però il tetto rimane sempre aperto, sia con la pioggia sia con la neve. Il motivo? Avvisare in cielo che la partita sta’ per cominciare…

La storia delle due maglie: Su di un tavolo di un vecchio club sportivo c’erano due magliette una da calcio e l’altra da rugby. La maglia da calcio era intatta, pulita in un tessuto acetato e piena di sgargianti colori. Quella da rugby invece era in un tessutaccio grezzo, sporca di fango, presentava un enorme strappo da un lato e tanto tessuto mancante. La maglia da calcio disse alla maglia da rugby: guarda!

Hai visto come sono bella e sgargiante? Io sono una maglia da calcio, il mio padrone è la punta della squadra e ha segnato nell’ultimo mese più goal di tutti gli altri compagni. Io sono così appariscente perché ho addosso gli occhi di tutto il pubblico. Il calcio è uno sport spettacolare e il talento del giocatore è importantissimo. La maglia da rugby, dopo aver ascoltato in silenzio replicò a voce bassa: “ io invece non devo essere appariscente, tanto non servirebbe.

Dopo cinque minuti di partita sono già tutta sporca di fango, i miei colori neanche si vedono e l’arbitro talvolta non mi distingue neanche più dalle maglie degli avversari. Il mio padrone dice sempre che bisogna sacrificarsi per il bene della squadra”. La maglia da calcio indicò subito la maglia da rugby dicendo: “ che brutto quello strappo! come te lo sei procurato? “Beh” replicò umile la maglia da rugby “la scorsa domenica, durante una partita, il mio padrone ha ricevuto la palla e si è involato verso la meta.

L’ultimo avversario che gli rimaneva di fronte lo ha afferrato aggrappandosi a me. Io allora ho avuto l’idea di cedere e strapparmi apposta. In questo modo l’avversario del mio padrone è rimasto con un mio brandello in mano lasciandoci correre indisturbati verso la meta, perché il rugby è sacrificarsi per il bene della squadra e quindi anche noi magliette ci sacrifichiamo”. La maglia da calcio disorientata non seppe che rispondere ed allora, con tono sarcastico disse: “e il tuo padrone? è bravo come il mio? non credo! dì un po’: quante mete ha segnato nell’ultimo mese?” “Non so” rispose sincera la maglia da rugby, “veramente nell’ultimo mese ho cambiato tre padroni”. “Tre padroni?!” rispose stupita la maglia da calcio.

“Sì tre padroni”, disse la maglia da rugby, “i giocatori molto spesso dopo la partita ci scambiano con le maglie degli avversari durante una festa chiamata Terzo Tempo e diventiamo così dei regali. Dei cimeli e ci conservano con gelosia e orgoglio, anche se siamo rotte e strappate, anzi più portiamo i segni della battaglia in campo e più ci rispettano.

E a voi invece? che succede in simili frangenti?” La maglia da calcio rimase in silenzio. Non ebbe il coraggio di dire che il giorno prima aveva sentito il suo padrone dire:” è bella la mia maglia. però se si rompe la butto e me ne compro una nuova.”
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