Francia: negò il genocidio in Ruanda, a giudizio giornalista

- di: Emanuela M. Muratov
 
La giornalista francese Natacha Polony dovrà comparire davanti al tribunale penale di Parigi con l'accusa di avere negato il genocidio in Ruanda. Sarà il primo processo incentrato su una tesi negazionista del genocidio che, nel 1994, portò allo sterminio di centinaia di migliaia di ruandesi di etnia Tutsi. Dal 2017 in Francia è stata varata la legge sulla libertà di stampa che punisce il fatto di negare, minimizzare o banalizzare in modo oltraggioso tutti i crimini riconosciuti contro l'umanità.

Un giudice istruttore, contro il parere della Procura della Repubblica, ha rinviato a giudizio la giornalista per "contestazione dell'esistenza di un crimine contro l'umanità con la parola, la scrittura, l'immagine o mezzi di comunicazione al pubblico con mezzi elettronici".

La contestazione si riferisce al contenuto di una trasmissione su France Inter, il 18 marzo 2018, quando Natacha Polony, che è anche direttrice del settimanale Marianne (di sinistra), parlando del genocidio perpetrato in Ruanda nel 1994, disse, in sostanza, che in quegli eventi non era facile "distinguere tra cattivi e buoni".
"Sfortunatamente, siamo tipicamente nel tipo di caso in cui abbiamo dei bastardi che affrontano altri bastardi (…) . Vale a dire che penso che non ci fossero da una parte i buoni e dall'altra i cattivi in questa storia", disse la giornalista per spiegare meglio il suo pensiero.

Ibuka, l'associazione che sostiene le vittime del genocidio ruandese, e la Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo (Licra), il 27 luglio del 2018 presentarono una denuncia contro la giornalista e, contestualmente, una richiesta per costituirsi parte civile contro di lei.
Decisa la reazione di Natacha Polony che sottolinea come le frasi siano state decontestualizzate. Se si ascolta la registrazione, ha detto, si sente che "tre frasi dopo, dico: 'Ovviamente c'è stato un genocidio'".

"Ovviamente c'è stato il genocidio" - ha aggiunto - "non stavo parlando di popolazioni, si trattava di responsabilità dei leader". Secondo le Nazioni Unite, circa 800.000 persone, principalmente nella minoranza tutsi, sono state uccise in tre mesi in massacri innescati dopo l'attacco all'aereo del presidente Juvénal Habyarimana, il 6 aprile 1994.
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