Il lussuoso Ritz-Carlton della capitale saudita si trasforma in teatro della diplomazia mondiale. Le luci soffuse delle sue sale, solitamente dedicate a ricevimenti esclusivi, accolgono oggi le delegazioni di Stati Uniti e Russia, giunte qui per un obiettivo che potrebbe cambiare il corso della storia recente: raggiungere una tregua tra Mosca e Kiev entro il 20 aprile, data simbolica che nel 2025 unisce la Pasqua cattolica e quella ortodossa in un unico giorno. Un segno dei tempi o un’opportunità irripetibile? Per l’amministrazione Trump, è un’occasione da non perdere.
Gli Stati Uniti cercano una tregua tra Russia e Ucraina entro Pasqua. Trump: “Solo io posso fermare la guerra”
Il presidente degli Stati Uniti, tornato alla Casa Bianca dopo la rielezione, ha scelto parole forti nel commentare l’apertura dei negoziati: «Solo io posso far cessare questa guerra». Una frase che risuona come un manifesto d’intenti, e insieme come una sfida alle diplomazie internazionali, accusate in questi anni di non aver saputo fermare l'escalation in Europa orientale.
Riad, capitale della mediazione globale
La scelta di Riad non è casuale. L’Arabia Saudita, da tempo impegnata in un’opera di ristrutturazione della propria immagine geopolitica, si propone come mediatrice tra Est e Ovest, approfittando delle relazioni privilegiate con Mosca e Washington. Dopo i precedenti incontri multilaterali e i dialoghi informali ospitati dal regno, è qui che le due potenze globali si siedono per la prima volta a un tavolo negoziale con l’obiettivo esplicito di concordare una tregua in Ucraina.
Le delegazioni si muovono su piani distinti ma paralleli. Sabato, a Riad, si è svolto un lungo incontro tra la rappresentanza americana e quella ucraina. Domenica è stato il turno del faccia a faccia tra Stati Uniti e Russia. A guidare la delegazione di Mosca ci sono Grigory Karasin, presidente della commissione Affari esteri del Consiglio della Federazione, e Sergey Beseda, figura influente nel mondo dell’intelligence russa e oggi consigliere del direttore dell’FSB. Per gli Stati Uniti, l’inviato speciale Steve Witkoff è il volto operativo della missione diplomatica.
Obiettivo: cessate il fuoco entro il 20 aprile
Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, l’obiettivo è ambizioso ma non irrealistico: ottenere un cessate il fuoco circoscritto, come primo passo verso un più ampio processo di disarmo e normalizzazione. Si parla già di un possibile “cessate il fuoco del Mar Nero”, che limiterebbe gli attacchi navali e consentirebbe il transito sicuro di grano e beni umanitari. Una mossa che andrebbe incontro anche agli interessi dei paesi africani e mediorientali, da tempo penalizzati dalla crisi delle forniture alimentari.
Tuttavia, il percorso è disseminato di ostacoli. Mosca chiede garanzie sulla sospensione della fornitura di armi a Kiev, oltre a una moratoria sulla mobilitazione delle truppe ucraine. Condizioni che, almeno per ora, Kiev giudica inaccettabili. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in una nota ufficiale, ha definito “utili” i colloqui, pur ribadendo che “nessuna pace sarà possibile senza giustizia e rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Un contesto ancora incandescente
Sul campo, intanto, la guerra continua. Nelle ultime 24 ore, le autorità ucraine hanno segnalato attacchi missilistici e droni russi in diverse regioni del Paese. Le difese aeree di Kiev hanno dichiarato di aver intercettato 57 dei 99 droni lanciati dalla Russia durante la notte. Almeno quattro civili sono stati uccisi e 13 feriti. Dati che confermano quanto la distanza tra i tavoli negoziali e la realtà del fronte sia ancora enorme.
Tuttavia, è proprio questa tensione che spinge le parti a considerare Riad come un passaggio obbligato. Gli Stati Uniti sanno che il conflitto, ormai giunto al terzo anno, rischia di cronicizzarsi, mettendo a dura prova non solo le economie dell’Est Europa ma anche l’equilibrio globale. La Russia, da parte sua, affronta crescenti difficoltà interne, tra sanzioni, isolamento e dissenso latente.
Il ruolo di Trump e il peso della simbologia
La volontà di Trump di essere il protagonista di una svolta diplomatica appare evidente. La scelta della data simbolica – la Pasqua condivisa tra Oriente e Occidente cristiano – è una mossa calcolata, capace di catturare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Un “cessate il fuoco di Pasqua” avrebbe un impatto mediatico fortissimo e potrebbe offrire al presidente americano un successo da rivendicare sul fronte internazionale, in un anno elettorale cruciale per il Congresso.
Il tycoon-presidente punta ancora una volta sulla personalizzazione della politica estera: «Posso sedermi con Putin e con Zelensky. Loro mi ascoltano. Vogliono la pace, ma nessuno ha mai saputo guidarli fuori da questa guerra». Dichiarazioni che trovano un pubblico pronto ad accoglierle, ma anche critiche tra gli analisti che temono una trattativa condotta al di fuori delle istituzioni multilaterali.
Un futuro incerto, ma una finestra si è aperta
Non è la prima volta che si parla di tregua, né sarà l’ultima. Ma l’incontro di Riad rappresenta qualcosa di diverso: un cambio di paradigma, un tentativo diretto e bilaterale tra le due superpotenze di porre fine a un conflitto che ha già causato centinaia di migliaia di vittime, sfollati e una crisi economica globale.
La diplomazia ha riacceso i motori. La strada verso la pace è lunga, ma un corridoio si è aperto. E mentre il mondo osserva, tra speranza e scetticismo, resta da vedere se la Pasqua del 2025 segnerà davvero l’inizio di una nuova era o solo una breve parentesi tra le bombe.