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Guida sotto effetto di droghe: stretta (e chiarimenti) con la circolare del Ministero

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Guida sotto effetto di droghe: stretta (e chiarimenti) con la circolare del Ministero

Con una nuova circolare, il Ministero dell’Interno ha modificato in modo significativo l’interpretazione e l’applicazione delle norme del Codice della strada relative alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Il provvedimento, pubblicato nei giorni scorsi, arriva dopo mesi di polemiche e dubbi giuridici sulle modalità con cui si accertava la violazione e sull’effettiva distinzione tra uso e alterazione psicofisica. La nuova direttiva chiarisce alcuni aspetti rimasti ambigui nella recente riforma varata dal governo, allineando l’accertamento al principio di effettiva alterazione durante la guida, e non semplicemente all’assunzione pregressa della sostanza.

Guida sotto effetto di droghe: stretta (e chiarimenti) con la circolare del Ministero

Fino a oggi, la positività a una sostanza rilevata da un test del sangue o delle urine poteva bastare per configurare il reato di guida sotto effetto di stupefacenti, anche senza che fosse dimostrata una reale alterazione al momento del controllo. La nuova circolare precisa invece che “l’accertamento della sola positività tossicologica non è sufficiente”: serve una prova concreta che dimostri che la persona fermata fosse effettivamente in stato di alterazione al momento in cui era al volante. In altre parole, la rilevazione della presenza della sostanza nell’organismo non basta: occorre correlare quella presenza a uno stato psico-fisico compromesso.

Un chiarimento che nasce da pronunce giurisprudenziali
Il contenuto della circolare rispecchia l’orientamento emerso da più sentenze dei tribunali italiani, che negli ultimi anni hanno assolto diversi conducenti ritenendo che la semplice presenza di tracce di sostanze – in particolare nel caso della cannabis – non costituisse di per sé prova di pericolo alla guida. La Cassazione, in più occasioni, aveva sottolineato la necessità di accertare la reale incidenza della sostanza sulla capacità di condurre un veicolo. Ora il Ministero recepisce formalmente questo principio, invitando le forze dell’ordine a valutare anche la condotta del conducente, i sintomi visibili, e non solo gli esiti del laboratorio.

Effetti su sanzioni, ritiri e procedimenti penali
La nuova impostazione avrà un impatto immediato sulle pratiche amministrative e penali. Non basterà più un test positivo per ritirare la patente, ma sarà necessario un verbale dettagliato che descriva lo stato del soggetto alla guida, eventuali difficoltà motorie, verbali di comportamento, reazioni anomale. Anche nei tribunali, questo potrebbe ridurre il numero di procedimenti penali che finora si sono basati esclusivamente sui dati tossicologici. Resta invariata invece la possibilità per le autorità di sospendere cautelativamente la patente, in attesa della valutazione medica disposta dalla Prefettura.

Un terreno ancora scivoloso tra diritto, scienza e sicurezza

La guida sotto effetto di droghe resta un reato grave e pericoloso. Ma la sua corretta gestione richiede equilibrio tra tutela della sicurezza stradale e rispetto delle garanzie personali. La nuova circolare del Viminale prova a segnare un punto di equilibrio, riconoscendo che non tutto ciò che è rilevabile è necessariamente penalmente rilevante. Tuttavia, il confine tra assunzione, alterazione e pericolo resta sottile e difficile da maneggiare. E richiederà, nei prossimi mesi, una formazione mirata per chi dovrà applicare sul campo queste regole.

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