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Londra pronta a riconoscere la Palestina: Netanyahu insorge, l’Onu avverte sulla carestia a Gaza

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Londra pronta a riconoscere la Palestina: Netanyahu insorge, l’Onu avverte sulla carestia a Gaza

Il dibattito sul riconoscimento internazionale della Palestina registra un’accelerazione di portata storica. Dopo la decisione di Parigi, è il premier britannico Keir Starmer ad annunciare che a settembre Londra riconoscerà ufficialmente lo Stato palestinese. Una scelta che, secondo il capo del governo britannico, diventerà inevitabile se Israele non adotterà “misure concrete per porre fine alla terribile situazione umanitaria a Gaza e non si impegnerà in un processo credibile che porti alla soluzione dei due Stati”.

Londra pronta a riconoscere la Palestina: Netanyahu insorge, l’Onu avverte sulla carestia a Gaza

Il leader laburista, entrato a Downing Street poche settimane fa, ha sottolineato come la comunità internazionale non possa più “restare inerme di fronte alla catastrofe umanitaria e al logoramento di ogni prospettiva di pace”. L’annuncio è arrivato in Parlamento e ha subito provocato una reazione furiosa da parte di Tel Aviv.

Netanyahu: “Un premio al terrorismo, l’Europa boicotta gli ebrei”

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito la mossa britannica “un atto ostile che incoraggia il terrorismo” e ha accusato l’Europa di “tollerare i nemici di Israele e boicottare il popolo ebraico”. Nelle stesse ore, anche il presidente degli Stati Uniti Trump ha fatto sentire la propria voce, bollando il riconoscimento come “una ricompensa ad Hamas”, ribadendo la linea di sostegno totale al governo israeliano.

Tel Aviv continua a respingere con decisione ogni riferimento alla soluzione dei due Stati, considerata una minaccia esistenziale. Per Netanyahu, qualsiasi passo verso uno Stato palestinese significherebbe legittimare chi attacca Israele e, nelle sue parole, “mettere a rischio la sicurezza ebraica nel cuore del Medio Oriente”.

Gaza allo stremo: l’allarme delle Nazioni Unite

A pesare sul dibattito politico internazionale è il dramma quotidiano di Gaza. Le Nazioni Unite hanno diffuso un nuovo rapporto durissimo in cui avvertono che la Striscia “è sull’orlo della carestia”. Secondo gli osservatori umanitari, la popolazione vive un incubo senza fine, con un accesso al cibo sempre più scarso e con interi ospedali fuori uso a causa della mancanza di elettricità e carburante. “Questo incubo deve finire”, ha dichiarato un portavoce del segretario generale, rinnovando l’appello a un cessate il fuoco immediato e a un corridoio umanitario sicuro.

Il pressing diplomatico europeo e internazionale sembra dunque aumentare, ma sul terreno la situazione resta drammatica. Nella notte, un nuovo raid dell’Idf ha colpito un campo profughi a Gaza, causando almeno trenta morti. Testimoni parlano di famiglie intere sepolte sotto le macerie e di soccorsi disperati che procedono a mani nude, data la scarsità di attrezzature disponibili.

La questione della soluzione a due Stati

Al centro del confronto resta la prospettiva della soluzione a due Stati, sostenuta da gran parte della comunità internazionale e respinta da Netanyahu. L’idea di riconoscere la Palestina come Stato indipendente, accanto a Israele, è tornata con forza sul tavolo diplomatico europeo. Parigi, Londra e altre capitali stanno convergendo sull’ipotesi che solo un riconoscimento formale possa riavviare il processo di pace e spingere Israele a negoziare.

Israele, tuttavia, ribadisce che la priorità è la sicurezza e che nessun dialogo è possibile finché Hamas e le altre milizie armate continuano a lanciare attacchi e a mantenere la loro presenza armata nella Striscia. Per Netanyahu, ogni concessione rischierebbe di trasformarsi in un nuovo ottobre di sangue.

Le prospettive

Il prossimo settembre potrebbe dunque segnare una svolta decisiva. Se Londra manterrà la promessa di Starmer, la Palestina riceverà un riconoscimento politico che potrebbe innescare un effetto domino nel Vecchio Continente. Per Israele si tratterebbe di un isolamento crescente nelle sedi internazionali, mentre per i palestinesi sarebbe un segnale forte, anche se ancora lontano da una traduzione pratica in termini di sovranità.

Sul terreno, intanto, la crisi umanitaria continua a peggiorare e il rischio di carestia, denunciato dall’Onu, rischia di trascinare Gaza in una tragedia ancora più profonda. L’Europa si muove, gli Stati Uniti restano fedeli ad Israele, mentre le diplomazie mondiali si interrogano su come trasformare le parole in fatti concreti per ridare una prospettiva di futuro a un popolo da troppo tempo senza pace.

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