I laburisti volano nei sondaggi, ma è l'affluenza la vera incognita

- di: David Lewis
 
Se, guardando una partita di basket in tv tra la squadra che ha vinto l'Nba e una che milita nelle serie minori del Tibet (con il massimo rispetto per l'agonismo di chi vive ai piedi delle più alte montagne al mondo), sei sicuro del risultato, non ti riesci proprio ad appassionare.
E lo stesso potrebbe accadere per le elezioni britanniche dove tutti i sondaggi, anche i più benevoli verso i conservatori, danno i laburisti strafavoriti, facendo forse pensare a qualcuno che andare a votare, alla fine, sarebbe ininfluente. Una ipotesi che non è poi tanto lontana, se comincia ad agitare le notti del partito di Sir Keir Starmer, che ora deve fare di tutto per convincere gli elettori ad andare a votare nonostante possano pensare che la differenza tra i due partiti, a favore dei laburisti, potrebbe rendere inutile il loro voto.

I laburisti volano nei sondaggi, ma è l'affluenza la vera incognita

E siccome parliamo di sondaggi, non si può non ricordare che, appena ieri, alcuni sono suonati come una vera e propria pietra tombale sulle speranze dei conservatori. Che, dei 630 seggi in palio, riuscirebbero a conquistarne appena 53, a fronte di una valanga Labour - 516 seggi -. Se questa, che è ancora una simulazione, venisse confermata, lo stesso primo ministro Rishi Sunak, rischierebbe di non essere rieletto e la stessa sorte toccherebbe a quasi tutti i suoi ministri.

I numeri dei prevedenti appuntamenti elettorali servono pure a qualcosa. Nel dicembre di cinque anni fa, in una giornata caratterizzata, in tutto il Paese dal freddo, la percentuale dei britannici che andarono a votare fu del 67%, meno del 2017. Il minimo dei votanti si ebbe nelle elezioni del 2001, con un 59,4% che fece gridare al pericolo astensione. Ma ora, con un estate molto calda e la percezione che la vittoria dei conservatori è abbondantemente scritta, in quanti si metteranno in fila davanti al seggio elettorale, magari sotto il sole e forse per ore, per votare?

Facendo una analisi già oggi di chi non andrà a votare, di questa schiera faranno parte quelli che non lo fanno da sempre, ritenendo che il gioco della politica sia truccato e quindi un voto in più o in meno non sposterebbe nulla.
Un chiaro e ampio vantaggio elettorale per un partito può significare che gli elettori sono meno propensi a votare, ma non è immediatamente chiaro chi potrebbe trarne vantaggio. Coloro che intendono votare per il partito laburista potrebbero pensare che non sia necessario farlo. Ma è altrettanto probabile che coloro che in precedenza hanno votato conservatore pensino che non abbia senso. Oppure non votano per il semplice motivo che non si riconoscono in nessuno dei partiti. Quindi non si va a notare per disinteresse verso la politica oppure, per converso, perché si pretende da essa ben altro. C'è anche una componente di ondivaghi, che votano a seconda dei periodi storici e, quindi, della percezione di doverci essere e dire la loro.

Comunque, a guardare con maggiore timore a quanti andranno a votare, piuttosto che a chi daranno la loro preferenza, sono i laburisti che, avendo già in tasca la vittoria, non possono permettersi che una scarsa affluenza alle urne la renda meno netta o, peggio, meno rappresentativa dei desideri politici del Paese.
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