Rapporto 2024 “Italian Maritime Economy”: SRM presenta i nuovi scenari competitivi

- di: Barbara Leone
 

È stato presentato questa mattina, presso le Gallerie d’Italia di Napoli, l’undicesimo Rapporto Annuale “Italian Maritime Economy” realizzato da SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo), intitolato quest’anno “Le nuove sfide dei porti dell’area euro mediterranea. La crisi nel Mar Rosso e le trasformazioni imposte dai modelli green”. Il Rapporto, realizzato anche grazie al contributo del MOST - Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, analizza nella prima parte le dinamiche congiunturali che interessano il settore e si sofferma sugli impatti generati dalle tensioni nel Mar Rosso su rotte, noli, costo delle materie prime e, più in generale sulla fluidità delle catene logistiche globali con particolare riferimento ai traffici Mediterraneo-Far East e viceversa. Il volume contiene inoltre approfondimenti e casi studio realizzati dai partner nazionali e internazionali dell’Osservatorio sull’Economia dei Trasporti Marittimi e della Logistica di SRM sui temi dell’innovazione, della sostenibilità, e dei nuovi modelli portuali, con focus sui trasporti intermodali, l’ETS-Emission Trading System e la diffusione dell’idrogeno nei porti. Un saggio specifico, dedicato alle Zone Economiche Speciali, è stato curato da uno dei giovani della community #Meets4Future di SRM per dare rilievo anche ad analisi ed elaborazioni realizzate da ricercatori esordienti.

Rapporto 2024 “Italian Maritime Economy”: SRM presenta i nuovi scenari competitivi

Ad aprire i lavori, un video-messaggio del Presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro (nella foto), e i saluti introduttivi del Presidente di SRM, Paolo Scudieri e dell’Ammiraglio di Squadra della Guardia Costiera, Pietro Giuseppe Vella, Direttore Marittimo della Campania. Il Rapporto è stato presentato da Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM, e Alessandro Panaro, Responsabile Maritime & Energy SRM. A seguire, due momenti di dibattito sui temi sollevati dalla ricerca, con la moderazione della giornalista Morena Pivetti. La prima sessione “Il Mediterraneo e il suo valore geostrategico”, con l’Ammiraglio di Squadra Aurelio De Carolis, Capo della Squadra Navale della Marina Militare; Rodolfo Giampieri, Presidente Assoporti; ed Emanuele Grimaldi, CEO Grimaldi Group e Presidente ICS- International Chamber of Shipping. La seconda sessione “Shipping e Logistica: uno sguardo al futuro”, con: Sabrina De Filippis, CEO Mercitalia Logistics; Betty Schiavoni, Vicepresidente ALSEA e Mario Zanetti, Presidente Confitarma e delegato Confindustria alla Blue Economy. La chiusura dei lavori è stata affidata al Direttore Regionale di Intesa Sanpaolo, Giuseppe Nargi.

 “Gli studi di SRM - ha sottolineato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente Intesa Sanpaolo (nella foto) - sono ormai un punto di riferimento per gli operatori, anche perché l’economia marittima è un ottimo punto di osservazione per analizzare e comprendere le dinamiche globali. Intesa Sanpaolo è l’unica banca italiana ad avere un centro studi specializzato su queste tematiche che rivestono grande rilievo per il futuro del nostro Paese e dell’Europa. Ne siamo orgogliosi: ci consente di supportare gli operatori del settore, ma anche di agire con lungimiranza nelle nostre scelte operative. Così come siamo orgogliosi della decisione di sostenere la ZES Unica per il Mezzogiorno e le Zone Logistiche Semplificate per il Centro-Nord. Per l’insieme di tali Zone, il nostro Gruppo ha destinato un plafond di 10 miliardi, dedicato a finanziare gli investimenti per lo sviluppo del sistema “industria – porti – logistica”.

Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM, ha evidenziato che “Con questo rapporto SRM si conferma protagonista nell’analisi dell’economia marittima, uno dei pilastri su cui si regge l’insieme del sistema produttivo nazionale ed europeo poiché è soprattutto attraverso shipping, portualità e logistica che si muove l’import-export nazionale ed europeo. Inoltre, questo settore guida il processo di transizione energetica. I porti, infatti, stanno sempre più diventando degli Hub energetici, mentre lo shipping con la sfida dei carburanti alternativi e la logistica attraverso l’intermodalità, stanno stimolando gli investimenti “green” nel nostro Paese. Tutto questo ha inoltre una crescente dimensione geopolitica: energia, portualità, logistica, import-export, Suez, crescita di Cina e Asia nel Mediterraneo. Tutti aspetti che toccano rilevanti interessi strategici e costituiscono l’opportunità di affermare il ruolo dell’Italia e del Mezzogiorno al centro del Mediterraneo”.

Il Rapporto rileva innanzitutto che questioni geopolitiche ed eventi climatici disruptive disegnano uno scenario marittimo complesso e in continua evoluzione. A guidarlo nuove alleanze, nuovi processi di integrazione logistica e una ricerca di strategie rivolte verso la sostenibilità. L’economia mondiale è ancora in crescita. Si prevede, infatti, un aumento del prodotto interno lordo mondiale del 3,2% stabile ogni anno per tutto il triennio 2023- 2025 con un commercio globale che vede le sue stime al +0,3% nel 2023 per poi progressivamente crescere del 3% nel 2024 e del 3,3% nel 2025 (Fondo Monetario Internazionale, aprile 2024). L’inflazione globale dal 6,8% del 2023 scenderà a una media annua del 5,9% nel 2024 e del 4,5% nel 2025. L’economia globale che dunque si mantiene resiliente è messa, però, costantemente a dura prova; dopo anni di shock (pandemia e conflitti), i Paesi stanno rivalutando i loro partner commerciali legandosi a quelli più affini per fronteggiare le incertezze economiche e garantire la sicurezza nazionale. Nuovi paesi attori entrano in gioco come intermediari (dal Vietnam, al Messico), tuttavia nel lungo periodo questo accorciamento delle catene di produzione e logistica potrebbe però comportare un livello complessivo di commercio più basso. In linea con il commercio globale, le prospettive di crescita del trade marittimo globale restano positive nonostante siano frenate dagli attacchi degli Houthi alle navi sul Mar Rosso che costringono in parte le navi a circumnavigare l’Africa invece di attraversare Suez nonché per la siccità che sta creando non pochi disagi al canale di Panama. Si prevede difatti che il commercio via mare globale è aumentato del 2,2% a 12,3 miliardi di tonnellate nel 2023 e crescerà del 2,4% al 2024 e del 2,6% al 2025. In termini di tonnellate-miglia il commercio marittimo cresce ancora di più (4,1% nel 2023 e 5% nel 2024) per effetto del cosiddetto fenomeno del re-routing (circumnavigazione dell’Africa) per poi calare allo 0,5% nel 2025.

Mentre Suez cala, Buona Speranza aumenta. Tra gennaio e giugno 2024 i transiti medi giornalieri di Suez si sono ridotti a 37 passaggi dai 71 dell’anno precedente comportando un allungamento delle distanze, aumento dei noli, aumento di navi in circolazione, ed anche di emissioni. Ad essere le più colpite sono le navi Container (- 69% dei passaggi), le Car Carrier (-84%) e le LNG (-93%). Attraverso Buona Speranza invece tra gennaio e giugno 2024 sono passate in media 99 navi al giorno. Il commercio marittimo globale, consolidando il dato, continua a rappresentare la cinghia di trasmissione del trade internazionale per un valore di oltre 14mila miliardi di dollari. I trasporti marittimi e la logistica valgono circa il 12% del PIL globale. • L’Asia resta protagonista del segmento container. Dei primi 15 porti container mondiali, che nel 2023 hanno movimentato 345 milioni di TEU (circa il 40% del throughput globale che è stato di 881 milioni di TEU), 12 sono in Asia di cui 8 in Cina. • Dopo un periodo di riduzione, i noli tornano a crescere. Il Drewry World Container Index (DWCI) – uno degli indicatori più usati al mondo per valutare l’andamento dei noli – supera i 5.100 dollari il 20 giugno 2024 in aumento di oltre il 233% in un anno conseguente effetto sui guadagni dei carrier. Si assiste ad un incremento di domanda di mercato che si riflette su una maggiore richiesta di stiva. La mancanza di container (container shortage) torna a farsi sentire a causa del re-routing che determina una necessità di maggiore capacità del 7%. Il container shortage è presente in molti porti dell’Asia con tutti i nuovi container prenotati fino ad agosto. La carenza di capacità potrebbe durare fino ad ottobre 2024. Ad aggiungere un po’ pressione sui traffici il calo dell’affidabilità nei servizi di linea sceso a maggio 2024 al 55,8% (dal 66,8% di Maggio 2023) e il contemporaneo aumento dei giorni di ritardo che a Maggio 2024 arrivano a 5,10 giorni contro i 4,37 dell’anno precedente. Si segnala il persistere del fenomeno dell’aumento dei treni provenienti dalla Cina verso l’Europa considerati, per alcune tipologie di merci, una scelta adeguata e conveniente anche se consente il trasporto di minori quantità di merci. Nel 2023 su questa rotta hanno viaggiato 17.000 convogli (dai 8.225 del 2019) e nel periodo gennaio-aprile 2024 siamo già a quota 6.184. I nuovi impatti disruptive della geopolitica incidono anche sulle imminenti modifiche alle alleanze tra i carrier che potrebbero incoraggiare una crescente concorrenza tra i vettori. Alcuni si separeranno come Maersk ed MSC che a gennaio 2025 scioglieranno la 2M per perseguire proprie strategie di business che non sono più solo le economie di scala sulle grandi rotte. Nascerà la Gemini dall’alleanza europea Maersk e Hapag Lloyd che a partire dal febbraio 2025 creerà una rete "hub and spoke" con scali soprattutto “regionali”. L'obiettivo è quello di raggiungere un'affidabilità degli orari superiore al 90%.

Continuano, inoltre, i processi di integrazione orizzontale. I primi 20 vettori hanno quasi raddoppiato la loro quota di mercato, passando dal 48% 2012 al 91% del 2024. Nel 2012, le prime 10 compagnie di navigazione rappresentavano il 62% del mercato e nel 2024, questa quota di mercato è aumentata all’84%. I quattro maggiori vettori controllano ora più della metà della capacità di trasporto globale di container. Proseguono anche i processi di integrazione verticale. Nel 2023 ci sono stati 16 accordi a livello mondiale (grandi vettori marittimi che entrano in attività terministiche e logistiche) relativi a infrastrutture portuali, per un valore totale rivelato di circa 5 miliardi di dollari.

Il report evidenzia poi il gigantismo quale strategia comune per tutte le tipologie di navi. Le navi di dimensioni maggiori restano le petroliere ma a crescere di più negli ultimi 15 anni sono le containership (la cui portata aumenta di oltre l’80%) e le navi da crociera (oltre il 70%). Mentre non si ferma la flotta mondiale container con nuovi ordinativi e navi sempre più grandi. Questa strategia impone investimenti elevati ed è funzionale alla concentrazione del settore e dell’integrazione orizzontale. Le navi Ultra Large cresceranno nel 2025 del 14% a fronte di una crescita della flotta complessiva di portacontainer del 6%.

E veniamo ad un altro aspetto evidenziato dal Rapporto, che parte da un presupposto: l’imperativo strategico è diventare “Green”. Prosegue, dunque, la grande sfida dei carburanti alternativi. Il sistema ETS (Emission Trade System) influenzerà, se non rettificato, il mercato europeo dello shipping e le rotte. Guerra e pandemia hanno effetto sulle supply chain modificandole e accorciandole: la globalizzazione è ora in una fase di regionalizzazione. Nell’ultimo decennio l’attenzione relativa alla sostenibilità è aumentata vertiginosamente nell’agenda dello shipping con questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) che influenzano finanziamenti, rinnovamento delle flotte, infrastrutture portuali e normativa in tutto il settore. Il trasporto marittimo nel 2024 produrrà 833milioni di tonnellate e il 2,2% della CO2 globale, con emissioni in riduzione dal 2022. Il trasporto marittimo rimane la modalità di trasporto più efficiente in termini di emissioni di carbonio. Gli investimenti sostenibili nello shipping stanno mantenendo un buon ritmo. L'adozione di carburanti alternativi ha continuato a progredire, con il 6,5% della flotta in navigazione in grado di utilizzare carburanti o propulsioni alternative. Percentuale che raggiungerà il 25% al 2030. Il 50,3% di tutti gli ordini (in termini di stazza GT) a luglio 2024 è relativo a navi che utilizzano combustibili alternativi (nel 2017 questa quota era solo del 10,7%). Il GNL è rimasto la scelta più diffusa, ma c’è stato anche un crescente interesse per il metanolo. Le navi in ordine (in termini di GT) con carburante GNL rappresentano il 35,9% del portafoglio ordini; quelle a metanolo il 9,1%; a LPG il 2%; l’ammoniaca l’1%. La restante parte l’1,5%. L’individuazione del carburante alternativo è determinante anche per i porti che già stanno realizzando investimenti in infrastrutture che potranno consentire il bunkeraggio. Diventa questo un vantaggio strategico perché in tal modo i porti saranno in grado di attrarre nuovi traffici. Attualmente sono 190 i porti attivi per il bunkeraggio di GNL (e 83 le strutture in progetto).

Notevoli gli investimenti per la transizione green: per dimezzare le emissioni del trasporto marittimo entro il 2050 saranno necessari investimenti per 1,4 trilioni di dollari; per decarbonizzare le navi entro il 2050 sono necessari investimenti aggiuntivi compresi tra 8 e 28 miliardi di dollari all'anno; lato inland sono necessari circa 28-90 miliardi di dollari all'anno per il bunkeraggio a zero emissioni entro il 2050; le fonti energetiche più costose e gli investimenti a terra potrebbero far aumentare i costi annuali del carburante di oltre 100-150 miliardi di dollari in caso di decarbonizzazione completa o di un aumento del 70-100% rispetto a oggi.

Le politiche di riduzione delle emissioni di gas serra del trasporto marittimo internazionale hanno fissato obiettivi molto ambiziosi sia a livello globale che di UE. Nel luglio 2023, l'IMO ha rivisto la sua strategia di riduzione delle emissioni di gas serra stabilendo un obiettivo “Net-zero” da parte delle navi "entro o intorno al 2050". (Gli obiettivi intermedi sono riduzione al 2030 di riduzione di gas serra del 20% puntando al 30% e del 70% puntando all’80%). In ambito europeo la normativa più stringente ha previsto intanto di estendere il sistema Emission Trade System (ETS) anche al marittimo per coprire le emissioni di CO2 delle navi oltre le 5000 tonnellate di stazza lorda. Un sistema di pagamento di quote volto a stabilire e adottare il principio che chi inquina paga. Gli obblighi di restituzione si applicano al: 50% delle emissioni di CO2 dei viaggi tra un porto UE e un porto non UE; 100% delle emissioni di CO2 dei viaggi tra i porti dell'UE; 100% delle emissioni di CO2 durante l'ormeggio nei porti dell'UE. Le emissioni così conteggiate (100% o 50%), sono poi soggette ad obbligo di restituzione secondo calendario (40% al 2024-70% al 2026-100% dal 2027 in poi). Un altro strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità è il Fuel EU Maritime, per l'adozione di carburanti sostenibili. Il regolamento fa parte del pacchetto legislativo “Fit for 55”. Questa misura contribuirà a ridurre le emissioni di gas serra passando dal 2% nel 2025 fino ad un calo dell'80% entro il 2050. Tali stringenti misure possono avere effetti disruptive sui porti italiani. In primo luogo, sui porti container perché taluni scali nordafricani di transhipment (dove, cioè, la merce non viene scaricata ma passa da grandi navi a navi più piccole) potrebbero essere favoriti dalla scelta delle navi che in tali porti non sono soggette al pagamento delle quote.

In secondo luogo, c'è il rischio che nel 2025, più del 63% dei traghetti (23 rating E, 40% rating D) siano soggetti a radicale rinnovo di modalità di alimentazione carburante. Inoltre, secondo stime, l'Energy Taxation Directive, avrebbe un impatto sulla flotta italiana superiore ai 380 milioni l'anno. Di questi, 300 milioni a carico delle navi RO-RO e RO-PAX impegnate nei collegamenti con le isole maggiori e oltre 40 milioni sulle navi impegnate nei collegamenti con le isole minori. Uno studio dell’ESPO (European Sea Port Organisation) ha mostrato come la sostenibilità nel prossimo decennio diventerà un asset dal valore competitivo per i porti: sono stati censiti infatti progetti in tutta l’intero panorama degli scali europei 80 miliardi di euro di investimenti nelle infrastrutture; rilevante è l'aumento della quota di investimenti legati alla transizione energetica ed alla transizione dei porti e del trasporto marittimo verso la sostenibilità. Mentre questa categoria rappresentava meno del 10% nel 2018 (data della rilevazione precedente), la quota è aumentata fino a quasi il 25% nel 2023. Per quanto riguarda gli investimenti per l'energia pulita e la decarbonizzazione, oltre il 70% dei porti prevede di investire nella fornitura di elettricità alle navi. • Circa un terzo dei porti prevede di investire nella produzione di energia rinnovabile e circa il 30% prevede di investire in sistemi di gestione dell'energia.

Altra punto fondamentale: il Mediterraneo mantiene la sua centralità nel contesto geoeconomico. Autorevoli stime prevedono, nonostante i conflitti, una crescita media annua al 2028 dei traffici container del Mediterraneo di poco più del 3% contro il 2,5% della media Mondo. La tendenza che si sta manifestando riguarda il crescente interesse verso la regionalizzazione dei flussi di commercio anche se l’Asia, con la Cina, in testa resta protagonista della Manifattura mondiale. Mentre il commercio Usa-Cina si riduce quello UE-Cina aumenta (nell’import la quota del dragone passa dal 15,8% al 20,5% e quella dell’export dall’8% all’8,7%) consolidando la rotta via mare Asia/Euro-Mediterranea. Il progressivo rafforzamento delle rotte a corto raggio si manifesta con la crescita dell’offerta di servizi regolari e di una flotta dedicata, che asseconda la scelta di nearshoring di diverse imprese, dall’Asia, all’area mediterranea, soprattutto in Turchia, Egitto e Tunisia, anche per ridurre il rischio di futuri shock globali. I porti Mediterranei vivono dunque il combinato vantaggio di una rotta Asia/Euro Mediterranea in aumento e un progressivo processo di regionalizzazione che potrebbe avvantaggiarli. Negli ultimi anni l’area del Mediterraneo ha assistito allo sviluppo di importanti porti, in particolare con nuovi hub di trasbordo. I porti container del Mediterraneo hanno migliorato la loro efficienza e attrattiva, con una crescita media annua del 3,2% tra il 2008 e il 2023, ed il divario con i porti del Nord Europa è in costante diminuzione. La Sponda Sud Est del Mediterraneo si rafforza. Sino ad oggi a beneficiare maggiormente di un rafforzamento del bacino sono stati i sistemi portuali della costa orientale, cioè Grecia e Turchia e della sponda sud, Egitto e Marocco. Tanger MED con la sua Free-Zone (specializzata in automotive) sta guidando la corsa tra i porti del Mediterraneo, confermandosi il porto più grande con un aumento annuale del 13% dei container movimentati nel 2023, seguito dal Pireo, Valencia, Algeciras e Port Said. Oltre ad assumere rilevanza in relazione ai grandi flussi transoceanici (deep sea), il Mediterraneo è un’area privilegiata anche per lo Short Sea Shipping (SSS) ovvero il traffico marittimo a corto raggio, registrando il dato più intenso di sempre a livello europeo con quasi 600 milioni di tonnellate movimentate. Lo SSS, per le sue caratteristiche di struttura e di flessibilità, asseconda le esigenze del commercio regionale. Complessivamente, la capacità di servizio container intra-Med è cresciuta del 17,6% nell’ultimo anno, ovvero di oltre 75.000 TEU rispetto al dicembre 2022, grazie all'impiego di un maggior numero di navi da parte dei vettori (345 contro 296). La rinnovata centralità del Mare Mediterraneo è comunque mantenuta anche grazie alla spinta del Canale di Suez, vero e proprio chokepoint per il commercio mondiale, che prima della crisi del Mar Rosso aveva superato ogni record di traffico nel 2023 con 26mila navi transitate (+10,5%). È da segnalare la forte crescita dei porti spagnoli e di Tanger Med a seguito della crisi nel Mar Rosso; il fenomeno è dovuto alla localizzazione geografica di questi scali che si trovano in prossimità di Gibilterra. Incentivando le compagnie a fare transhipment nelle loro banchine: nel primo trimestre 2024 Valencia +12%, Barcellona + 23%, Tanger Med +26%.

In questo scenario, evidenzia ancora il report, l’Italia rappresenta un hub logistico tra Nord Africa ed Europa continentale per effetto dei nuovi equilibri commerciali sviluppatisi in ottica Mediterranea. L’Italia è tra i maggiori esportatori a livello mondiale; è sesta in classifica dopo Cina, Stati Uniti, Germania, Olanda e Giappone. Tra questi grandi Paesi presenta inoltre una elevata incidenza del rapporto Export+Import/Pil (terzo al Mondo dopo Olanda e Germania). I porti italiani rappresentano uno strumento a sostegno del sistema industriale, ne supportano l’internazionalizzazione dato che il 28% dell’import/export in valore e il 50% in quantità utilizza la nave (dati al 2023). L’Italia importa via mare prevalentemente dalla Cina ed esporta soprattutto verso gli USA. L’Italia può far leva sulla sua leadership indiscussa nello Short Sea Shipping: è il primo Paese in Europa per volume di merci movimentate, pari a 305 milioni di tonnellate, con una quota di mercato superiore al 17% del totale, davanti a Paesi Bassi (16%), Spagna (13%) e Germania (9%). Il valore della Blue Economy in Italia è stato pari a 59 miliardi di euro e le 228 mila imprese del cluster marittimo, pari al 3,8% del tessuto imprenditoriale italiano, danno lavoro a 914 mila occupati, il 3,6% del totale. La portualità italiana - multipurpose variegata e strutturata - svolge un ruolo prioritario, con un valore prodotto pari a 8,1 miliardi di euro, il 17,5% del totale dell'economia del mare. I porti italiani nel 2023 hanno movimentato oltre 474 milioni di tonnellate di merci, con una riduzione del 3,2% sul 2022, che riflette il rallentamento del ciclo economico. Gli scali italiani gestiscono prevalentemente liquide, container e Ro-Ro, ed è quest’ultima tipologia che si sta confermando la principale tra le merci solide e l’unica, nel 2023, a riportare una variazione positiva (+0,4%). La flotta italiana traghetti ovvero le navi che meglio si prestano al servizio RO-RO, è leader mondiale. Dei primi 10 porti RO-RO europei del Mediterraneo, 7 sono in Italia. Il settore è cresciuto del 56% negli ultimi 10 anni.

Il Paese dispone di una portualità molto articolata e diffusa che - come mostrano i dati sulle 16 Autorità di Sistema Portuale (AdSP) - si presenta molto variegata si va dall’attività maggiormente concentrata sul liquid bulk dell’AdSP del Mar Adriatico Orientale e delle isole, a quella più spinta sui container dell’AdSP del Mar Tirreno Meridionale e Ionico, del Mar Ligure Orientale e Occidentale, la vocazione al Ro-Ro del Mar Tirreno settentrionale e della Sicilia Orientale, delle altre merci (solide e general cargo) dell’AdSP dello Ionio e del Mar Adriatico Centro Settentrionale. I porti italiani per i quali il segmento energy è preponderante (35% del totale) stanno affrontando e sempre più saranno protagonisti di una rivoluzione energetica. I dovranno impegnarsi a rendere più ecologiche le proprie attività divenendo dei veri e propri hub energetici. Inoltre, potranno ricoprire un ruolo importante nel percorso verso la transizione “green” contribuendo a generare sinergie tra le due sponde del Mediterraneo, valorizzando la presenza in Nord Africa di grandi fonti di energia rinnovabile. In questo contesto il Mezzogiorno con un peso specifico di circa il 50% della movimentazione portuale italiana ha un ruolo chiave.

Nonostante il suo valore intrinseco il sistema è chiamato sempre a nuovi confronti e per vincere la sfida della competitività del sistema portuale italiano, pertanto, occorre agire in particolare, su quattro fronti indirizzati in parte anche dal PNRR. Migliorare l’efficienza logistica, riducendo i tempi di stazionamento delle navi che risultano decisamente elevati rispetto ai principali concorrenti (il tempo medio di attesa nei porti italiani si attesta a 1,28 giorni contro 0,54 nei Paesi Bassi e 0,86 in Spagna. Potenziare servizi e infrastrutture per l’intermodalità, cruciali per il rilancio e lo smistamento dei carichi portuali. Come risulta da una survey SRM il 20% delle imprese manifatturiere ricorre all’intermodale. Sviluppare le aree retroportuali, attraverso la piena implementazione della Zona Economica Speciale del Mezzogiorno (ZES) e delle Zone Logistiche Speciali (ZLS), due strumenti cruciali per incoraggiare gli investimenti e l’insediamento di nuove imprese. Promuovere l’efficientamento degli scali in ottica green, puntando in particolare sul cold ironing, sullo sviluppo di infrastrutture per l’accosto di navi GNL/dualfuel o alimentate da combustibili alternativi (ammoniaca, metanolo, idrogeno) e sull’abilitazione all’uso di energie rinnovabili in porto.

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