Il tasso di partecipazione alle votazioni parlamentari è più di un numero: rappresenta la misura tangibile di quanto un deputato o un senatore sia presente nei momenti chiave del processo legislativo. I dati più recenti offrono un quadro che conferma tendenze già note, con una parte ristretta di parlamentari vicina alla “presenza piena” e un gruppo, altrettanto ristretto, che accumula percentuali minime. Queste differenze, al di là delle giustificazioni individuali, incidono sul dibattito politico e sull’immagine che i cittadini hanno delle istituzioni.
Presenze e assenze in Parlamento: il termometro dell’impegno politico
A Montecitorio, il record negativo spetta a Umberto Bossi, fondatore della Lega, che ha partecipato solo a tre votazioni su oltre 14.300, una percentuale simbolica dello 0,02%. Seguono Antonio Angelucci, anch’egli della Lega, con 13 votazioni (0,09%) e Marta Fascina, già compagna di Silvio Berlusconi, con 835 presenze (5,82%). Michela Vittoria Brambilla si attesta al 10,61% e Mara Carfagna resta sotto l’11%. Sono dati che, pur tenendo conto di possibili impegni extra-Aula o motivi personali, alimentano la discussione sull’effettivo esercizio del mandato parlamentare.
I “maratoneti” di Montecitorio
All’estremo opposto, spiccano parlamentari con un tasso di presenza quasi totale: Alessandro Battilocchio (Forza Italia) è in testa con il 99,95%, avendo partecipato a 14.334 votazioni. Marco Grimaldi (Alleanza Verdi e Sinistra) segue al 99,87%, mentre Andrea Tremaglia (Fratelli d’Italia) si ferma — si fa per dire — al 99,36%. Questi dati non sono solo una curiosità statistica: raccontano un approccio al mandato fondato sulla partecipazione diretta e continua alle sedute d’Aula.
Il Senato tra primati e assenze pesanti
A Palazzo Madama, la Lega segna il primato di presenze con Giorgio Bergesio al 99,99%. Lo seguono Paola Ambrogio, Sergio Rastrelli e Costanzo Della Porta, tutti di Fratelli d’Italia, insieme al capogruppo leghista Massimiliano Romeo. Sul fronte opposto, Guido Castelli (Fdi) registra il 12,98%, un dato condizionato dal suo ruolo di commissario per la ricostruzione post-sisma. Basse anche le percentuali di Francesca La Marca (Pd) al 39,14% e di Marcello Pera (Fdi) al 41,40%.
Leader di partito: la politica fuori dall’Aula
Per i leader di partito, il numero di votazioni presenti è inevitabilmente condizionato da impegni esterni: incontri, campagne e mediazioni politiche che si svolgono lontano dai banchi. In questa categoria spiccano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Avs) con oltre 9mila presenze. Matteo Renzi (Italia Viva) si ferma a 4.148, Carlo Calenda (Azione) a 3.471. Elly Schlein (Pd) e Giuseppe Conte (M5S) restano rispettivamente a 3.177 e 2.945, mentre Maurizio Lupi (Noi Moderati) chiude con 2.466.
Presenze, percezione e fiducia
Il numero di votazioni a cui un parlamentare partecipa non fotografa l’interezza del suo lavoro, che include attività in commissione, iniziative legislative e rapporti con il territorio. Tuttavia, resta uno degli indicatori più immediati e comprensibili per i cittadini, che vi leggono un segnale di impegno o di distacco. Il divario tra presenzialisti e assenteisti apre un interrogativo sulla responsabilità politica: quanto conta essere fisicamente in Aula rispetto ad altre forme di attività parlamentare?
In un’epoca di sfiducia crescente verso la politica, queste percentuali diventano un tassello importante per rafforzare — o compromettere — il rapporto di fiducia tra elettori ed eletti. La trasparenza sui dati e il loro monitoraggio costante possono essere uno strumento utile non solo per fare cronaca, ma per stimolare una cultura politica più attenta alla coerenza tra mandato e impegno quotidiano.