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Ponte sullo Stretto di Messina, nuovo reclamo all’Ue

- di: Vittorio Massi
 
Ponte sullo Stretto di Messina, nuovo reclamo all’Ue

Le associazioni ambientaliste chiedono l’apertura di una procedura d’infrazione.

(Foto: ponte sullo stretto di Messina, il rendering del progetto).

Un allarme ambientale in aggiornamento

Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF hanno depositato un nuovo reclamo ufficiale alla Commissione Europea — integrativo a quello già inviato il 27 marzo — denunciando la mancata ottemperanza del progetto del Ponte sullo Stretto alle normative UE in materia di tutela ambientale.

La denuncia è partita in seguito al parere VIA‑VAS n. 72/2025, che ha chiuso la “procedura di livello III della VINCA”: questa si attiva esclusivamente quando un’opera impatta in modo serio e non mitigabile su aree protette della rete Natura 2000. Le associazioni sostengono che le tre condizioni obbligatorie per utilizzare una deroga (assenza di alternative, interesse pubblico imperativo, compensazioni ecologiche) non sono state rispettate e che l’analisi è risultata strumentale.

Le critiche al governo: strategie contestate

Nel loro reclamo, le associazioni trattano alcuni aspetti con tono severo:

  • Motivi di interesse pubblico: il Governo avrebbe motivato l’opera con ragioni economiche, militari, sanitarie e di protezione civile, ma secondo le associazioni queste non sarebbero suffragate da dati oggettivi e risultano “ampiamente opinabili” e “miracolistiche”.
  • Le giustificazioni militari sarebbero paradossali: se strategico, il ponte sarebbe il primo target in caso di conflitto. Quelle sanitarie e per la protezione civile sarebbero poco realistiche, ignorando le reali criticità logistiche e dell’attuale organizzazione dei servizi locali.
  • Alternativa progettuale ignorata: secondo gli ambientalisti, la Commissione VIA‑VAS non ha svolto un’indagine autonoma sulle soluzioni alternative, limitandosi a ratificare quelle proposte dal Governo. Le scelte attuali (campata unica approvata nel 2023) avrebbero ignorato i risultati del Gruppo di lavoro istituito nel 2021 — composto da tecnici pubblici che avevano espresso valutazioni differenti non recepite nel progetto finale.
  • Compensazioni insufficienti: le misure proposte sarebbero basate su dati vecchi (es. censimenti ornitologici del 2011), giudicate di efficacia dubbia e non adeguate a mitigare impatti sull’avifauna migratrice, sulla perdita di habitat e sugli effetti cumulativi generati da altre infrastrutture in programma. EPA‑ISPRA avrebbe segnalato che tali impatti “non sono mitigabili né compensabili”.

Contesto e prossimi sviluppi

Il reclamo giunge mentre il CIPESS ha appena approvato il progetto definitivo il 6 agosto 2025: l’opera è stata dichiarata di pubblica utilità, con i cantieri previsti tra settembre e ottobre, dopo il via libera della Corte dei Conti.

La reazione delle associazioni non si è fatta attendere: definiscono la scelta del CIPESS un “azzardo”, soprattutto alla luce delle lacune tecniche, strutturali e ambientali che secondo loro ancora gravano sul progetto, e ammoniscono sui potenziali danni per le casse pubbliche.

Un nodo procedurale e ambientale

Questo nuovo reclamo alimenta una frattura ormai profonda sul progetto: da un lato il Governo — che punta sul rilancio economico e sulla svolta infrastrutturale dell’Italia meridionale — dall’altro le associazioni ecologiste, che vedono le procedure europee violate e il principio di precauzione calpestato. Il centro della controversia è l’interpretazione normativa: possono ragioni dichiarate dall’esecutivo sostituire un reale esame tecnico e indipendente?

Se l’UE dovesse accettare il reclamo, potrebbe aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia, bloccando l’opera o imporre modifiche sostanziali. In ogni caso, lo scontro sarà giudiziario e politico — e l’esito non è scontato.

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