Polvere di (Cinque) Stelle

- di: Redazione
 
La guerra scatenata da Putin e dai suoi pretoriani contro l'Ucraina non sta lasciando sul campo solo migliaia di morti e impressionanti devastazioni, ma anche quell'ultima parvenza di serietà di cui si accreditava la classe politica italiana, che ha sempre menato vanto d'essere una spanna superiore alle altre. Una forma di legittimazione che, al di là delle Alpi, pochi o nessuno ci accreditava prima, figuriamoci ora che il conflitto in Ucraina ha rivelato altari e altarini. Le lacerazioni in seno alla nostra classe politica, peraltro, non sono nemmeno ideologiche, perché le loro basi sono talmente friabili da non potersi nemmeno definire tali.
La guerra scatenata da Putin ha fatto da detonatore soprattutto per la disintegrazione del modello grillino, quello in cui il suo ideologo, quello del 'vaffanculo' eletto a messaggio politico, identificava la nascita di una nuova stirpe, una genia di governanti puri, duri, onesti e soprattutto capaci.
Sarebbe facile parlare, a questo punto, dei danni all'immagine dei Cinque Stelle causati dai loro stessi esponenti; troppo facile parlare delle esternazioni di Toninelli o di Lezzi in materie che gli erano aliene, così come delle 'sparate' filorusse di una parte consistente del movimento, sospette già allora.

Continuano le uscite infelici dei membri del Movimento Cinque Stelle

Il problema oggi, ma anche forse anche ieri, è che i Cinque Stelle si erano proposti come il ''nuovo'', ma non è detto che ''nuovo'' sia uguale a ''meglio'' oppure a ''preparato''.
L'elettorato grillino era convinto di rivoluzionare il ''sistema'' mandando in Parlamento persone che mai avevano masticato politica e, per questo, si sentivano superiori nei riguardi di quelli che, politici di professione, erano per questo etichettati alla stregua di paradelinquenti o criminali del tutto.

Sarebbe bastato guardare i video promozionali con i quali i grillini chiedevano d'essere candidati per capire che spessore culturale avessero, per capire che non si può aspirare a guidare un Paese se non si è in grado di esprimere un concetto con poche frasi di senso compiuto.

Il dizionario delle castronerie grilline è impressionante, oggi ancora alimentato da chi è uscito dal movimento, ma continua ad ammantarsi dell'aura rivoluzionaria che tanto effetto fece nell'elettorato. Quello stesso che ora si mangia le mani sapendo che, grazie ad un voto dato in piena coscienza e fiducia, c'è chi, anche oggi, porta a casa per intero lo stipendio da quel parlamento che si voleva aprire come una scatoletta di tonno.
In queste ore tra gli obiettivi di feroci critiche è una senatrice ex grillina, Bianca Laura Granato, che, prima d'essere portata in Senato dall'entusiasmo dei Cinque Stelle, aveva combattuto per essere eletta sindaco di Catanzaro, la sua città, ottenendo la bellezza del 6 per cento.

La senatrice Granato non si è limitata ad esprimere dubbi sul conflitto in Ucraina, ma si è schierata dalla parte di Putin, ringraziandolo per condurre una battaglia ''per tutti noi'' contro ''l'agenda globalista''. Qualcuno ha definito le parole della parlamentare un delirio, altri l'hanno, forse giustamente, ignorata come si fa con chi straparla. Ma le parole della senatrice (che, tra gli ex grillini, non è la sola a sentire forte il fascino dell'Uomo del Cremlino) sono la controprova che non c'è cosa peggiore, per un parlamentare, che tradire il mandato di chi l'ha eletta. Davanti alle immagini di città rase al suolo, di fosse comuni dove i cadaveri vengano gettati senza nemmeno un simulacro di sepoltura, di milioni di persone in fuga, di bambini al freddo scioccati dalle continue esplosioni, la senatrice Granato, se non vergognarsi, dovrebbe almeno scegliere il silenzio.
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