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Maxwell “assolve” Trump: mossa disperata per la grazia presidenziale

- di: Jole Rosati
 
Maxwell “assolve” Trump: mossa disperata per la grazia presidenziale
Maxwell “assolve” Trump: mossa disperata per la grazia
La complice di Epstein dipinge il tycoon come un gentiluomo: i MAGA esultano, i democratici denunciano l’ennesima farsa.

(Foto: Trump inseguito dal fantasma di Epstein).

Maxwell, l’ex mondana dietro le sbarre che sogna la libertà

Condannata a vent’anni per il suo ruolo nel traffico sessuale orchestrato da Jeffrey Epstein, Ghislaine Maxwell ha improvvisamente trovato parole di miele per Donald Trump. In un’intervista con Todd Blanche, oggi vice ministro della Giustizia ma fino a ieri avvocato personale del presidente, la donna ha definito il tycoon “un gentiluomo” e ha aggiunto di non averlo mai visto in situazioni compromettenti. Una rivelazione che suona più come una supplica che come una testimonianza: Maxwell, relegata in carcere dal 2021, intravede nell’unica figura capace di firmare la sua grazia il possibile lasciapassare per riavere la libertà.

L’esultanza trumpiana e l’illusione dell’assoluzione

Le parole della complice di Epstein sono state subito brandite come una medaglia dal mondo MAGA. Influencer come Laura Loomer e Chaya Raichik (“Libs of TikTok”) hanno gridato vittoria, sostenendo che “il presidente è pulito”. Rogan O’Handley, altro volto della galassia trumpiana, ha persino affermato che, se Trump fosse stato cliente di Epstein, “il Deep State lo avrebbe già rivelato”. Una narrazione che ignora volutamente la realtà: la fonte di questa “assoluzione” è una criminale condannata, con ogni interesse a compiacere l’uomo che può tirarla fuori dal carcere.

L’indignazione democratica: “Uno schiaffo alle vittime”

Dall’altra parte, i democratici parlano di farsa. La deputata Robert García ha denunciato come “un insulto alle vittime” un interrogatorio che ha permesso a Maxwell di tessere lodi a Trump mentre otteneva, guarda caso, il trasferimento in una prigione di minima sicurezza, ben lontana dall’immagine di “carcere duro”. L’accusa è chiara: il colloquio non è servito a fare luce sullo scandalo Epstein, ma a riscriverne la storia in funzione di un interesse personale e politico.

Le contraddizioni di Maxwell

Durante l’intervista resa pubblica il 22 agosto 2025, Maxwell ha tentato di smarcarsi da Epstein, sostenendo che l’uso di testosterone lo avrebbe reso più aggressivo e insinuando che la sua morte in carcere non sia stato un suicidio ma un omicidio a pagamento. Ha negato l’esistenza della famosa “lista clienti”, smentito presunte frequentazioni di Bill Clinton sull’isola caraibica di Epstein e, nel frattempo, ha elogiato Trump per i suoi “straordinari successi”. Un mosaico di dichiarazioni contraddittorie, utili più a gettare fumo che a chiarire responsabilità.

La strategia della Casa Bianca

La diffusione dell’intervista non cancella i sospetti: al contrario, conferma la volontà di Trump di usare il caso Epstein come arma di distrazione, ribaltando il ruolo di vittima e colpevole. Per i democratici si tratta di una resa del sistema giudiziario all’arbitrio politico. Per i sostenitori del presidente è la prova che il loro leader è perseguitato ingiustamente.

Una partita tutt’altro che chiusa

Maxwell resta dietro le sbarre, ma ha messo in gioco la sua ultima carta: l’elogio del capo di Stato più controverso della storia recente. Trump ha ottenuto un attimo di respiro nella sua narrazione da accerchiato, ma il prezzo politico potrebbe rivelarsi altissimo. Perché ogni volta che la vicenda Epstein riemerge, porta con sé il fantasma di una moralità corrotta, un sistema di potere complice e il sospetto che la giustizia americana possa piegarsi agli interessi del potente di turno. 

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