Gli industriali chiedono risorse pluriennali, incentivi blindati e politiche audaci per rilanciare il Paese.
Nel cuore delle trattative sulla manovra di bilancio, il mondo produttivo alza il tiro. Non più misure spot: serve un piano industriale straordinario con respiro pluriennale, risorse certe e strumenti capaci di rimettere in moto la crescita.
La richiesta che fa rumore
Gli industriali chiedono un pacchetto da almeno 8 miliardi l’anno per tre-cinque anni, costruito su tre pilastri: stimolo agli investimenti, competitività e attrattività. L’urgenza è legata alla scadenza di molti incentivi che hanno sostenuto l’innovazione negli ultimi anni.
Tra gli strumenti in affanno rientrano i capitoli su Transizione 5.0, crediti d’imposta per ricerca e sviluppo, innovazione e design, oltre alle misure per zone economiche speciali e zone logistiche semplificate nel Mezzogiorno.
Nel pacchetto rientra una deduzione maggiorata del costo degli investimenti per la trasformazione digitale e tecnologica dei processi produttivi, con un quadro di certezze pluriennale per evitare stop improvvisi.
“Se vogliamo essere competitivi l’Italia deve correre e servono misure per farla correre”, afferma Emanuele Orsini.
Volare alto tra promesse e realtà
L’appello richiama il motto pronunciato dalla premier in assemblea: “voliamo alto, pensiamo in grande”. Parole apprezzate dagli imprenditori, che ora chiedono riscontri concreti nella legge di bilancio.
“Il welfare del Paese si sostiene grazie all’impresa. Se l’impresa crolla, è un problema”, ha ribadito Orsini davanti a una platea di imprenditori, indicando la necessità di vedere nella manovra attenzione reale all’industria.
Fisco e capitali: cosa cambia
Capitolo sensibile il fisco d’impresa. Dopo la soppressione dell’Ace (Aiuto alla Crescita Economica), la richiesta è una Ires premiale 2.0, più semplice ed efficace, per stimolare il reinvestimento degli utili e rafforzare la patrimonializzazione. L’obiettivo è irrobustire le imprese anche di fronte alla guerra dei dazi e alle oscillazioni valutarie.
Energia, il nodo competitivo
Resta aperta la partita sui costi dell’energia, indicati come forte gap competitivo rispetto ad altri Paesi europei. La richiesta è una strategia energetica di medio-lungo periodo per ridurre il differenziale e stabilizzare i costi, condizione essenziale per gli investimenti in Italia.
La posizione del governo
Il dicastero delle Imprese e del Made in Italy conferma la priorità: “Ora bisogna puntare sulle imprese, focalizzare l’attenzione e le risorse per vincere la sfida della competitività internazionale”, è il messaggio. Su Transizione 5.0 viene chiarito che lo strumento è in esaurimento perché finanziato con il Pnrr e che servirà un rifinanziamento nazionale, così da renderlo più flessibile nei settori che ne hanno bisogno.
Ostacoli e condizioni di successo
La realizzazione del piano richiede di superare alcuni scogli: vincoli di finanza pubblica, tempi stretti di definizione della manovra, consenso parlamentare su misure come l’Ires premiale e, soprattutto, capacità amministrativa nell’attuazione, con particolare attenzione al coordinamento tra Stato, Regioni e filiere territoriali.
Se l’architettura regge, il Paese potrebbe mobilitare capitali privati, accelerare la trasformazione tecnologica, attrarre investimenti esteri e consolidare la base manifatturiera. In caso contrario, il rischio è una manovra difensiva e una crescita anemica.