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Occupazione in crescita: Istat registra +75 mila posti a ottobre

- di: Alberto Venturi
 
Occupazione in crescita: Istat registra +75 mila posti a ottobre

L’Istat consegna un dato che pesa: ottobre 2025 segna un aumento degli occupati pari a +75 mila unità, equivalente a un +0,3 per cento su base mensile. È una variazione che, per un singolo mese, rappresenta un movimento non marginale e soprattutto coerente con due ulteriori indicatori: la diminuzione del numero dei disoccupati e la “sostanziale stabilità” degli inattivi. Una combinazione che segnala un mercato del lavoro capace di assorbire nuova forza lavoro senza generare spostamenti verso l’inattività, dinamica che in passato aveva spesso vanificato gli aumenti dell’occupazione.

Occupazione in crescita: Istat registra +75 mila posti a ottobre

Il dato appare tanto più significativo perché si colloca in un contesto economico ancora segnato da incertezze macro, consumi interni discontinui e un ciclo produttivo che negli ultimi trimestri ha alternato espansioni lente e micro-rallentamenti. Proprio per questo, la crescita dell’occupazione assume un valore politico oltre che statistico, e apre un interrogativo: da dove arriva questo incremento?

La crescita è trasversale: uomini, donne, dipendenti e autonomi
L’Istat specifica che l’aumento riguarda tutte le componenti principali del mercato del lavoro. Uomini e donne registrano entrambe variazioni positive; lo stesso vale per i dipendenti, così come per gli autonomi. Una crescita generalizzata è sempre un segnale da interpretare con cautela, perché può nascondere aree di fragilità. Ma rappresenta allo stesso tempo una dinamica più solida rispetto ai mesi in cui a trainare erano stati solo i contratti a termine o un segmento specifico.

Il dato che incrina parzialmente il quadro riguarda la fascia 25-34 anni: l’unico gruppo che risulta in diminuzione. È un fenomeno ricorrente negli ultimi anni, e ottobre non fa eccezione. I giovani adulti, per ragioni che intrecciano salari, mobilità, esigenze familiari e mismatch professionale, continuano a non beneficiare degli stessi miglioramenti che coinvolgono le altre classi d’età. È un campanello d’allarme che pesa anche sulla produttività potenziale del Paese.

Il tasso di occupazione sale al 62,7%: un passo in avanti, ma ancora sotto la media Ue
L’aumento degli occupati porta il tasso di occupazione al 62,7 per cento, con un incremento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente. Non è una variazione eclatante, ma segnala una continuità che negli ultimi mesi era stata intermittente. Il confronto europeo resta ancora impegnativo: la media dei Paesi dell’eurozona è più alta, e lo scostamento strutturale rimane un tema politico che attraversa governi e cicli economici, indipendentemente dalle maggioranze.

Tuttavia, la traiettoria di ottobre indica un consolidamento: il mercato del lavoro assorbe forza lavoro aggiuntiva e riduce il bacino di chi cerca occupazione. In un Paese che storicamente registra tassi di inattività superiori alla media, la stabilità di quest’ultimo indicatore è un elemento centrale.

Disoccupati giù: segnali coerenti, ma non uniformi
Il calo dei disoccupati – pur senza una quantificazione dettagliata nel comunicato – si innesta in un quadro che vede crescere l’occupazione senza spingere persone verso l’area grigia dell’inattività. È un equilibrio non scontato, soprattutto in un periodo in cui fattori come l’inflazione, la stagionalità dei contratti e i cicli settoriali hanno provocato oscillazioni anche brusche.

La riduzione della disoccupazione è un effetto atteso quando il numero degli occupati aumenta, ma non sempre automatico: in alcuni casi la crescita dell’occupazione avviene parallelamente all’aumento della forza lavoro disponibile, con un impatto ridotto sul tasso di disoccupazione. Non è il caso di ottobre, e questo rafforza il segnale di miglioramento.

Quali settori stanno trainando l’occupazione?

Il comunicato non entra nel dettaglio per settori, ma la dinamica osservata negli ultimi trimestri suggerisce alcune aree in cui la domanda è rimasta sostenuta: servizi legati al turismo e alla mobilità, comparto sanitario, alcune filiere manifatturiere ad alta specializzazione, comparti tecnologici. Settori che hanno beneficiato sia di investimenti privati sia di una parziale ripresa dei consumi.

Tuttavia, la crescita degli autonomi indica che la dinamica non è legata solo al settore pubblico o ai grandi datori di lavoro tradizionali. Il lavoro indipendente rimane una componente strutturale, a volte fragile, ma in questo caso in espansione.

Il nodo dei 25-34enni: una frattura che non si ricompone
Il calo degli occupati tra i 25-34 anni è probabilmente il dato più problematico del rapporto. Questa fascia è quella che dovrebbe rappresentare il nucleo centrale del mercato del lavoro: persone formate, flessibili, al picco della capacità produttiva. Se questo segmento si restringe mentre tutti gli altri crescono, significa che qualcosa non funziona nell’incontro tra competenze disponibili e richieste del mercato. È una frattura che non può essere ignorata e che ha ripercussioni sull’intero sistema: produttività, natalità, consumi, innovazione.

Un mercato che si muove, ma non in modo lineare
La fotografia dell’Istat è chiara: ottobre è un mese positivo. Ma la lettura più ampia suggerisce un mercato che migliora a scatti, che alterna consolidamenti a forti differenze generazionali, settoriali e territoriali. Il dato di +75 mila occupati non risolve i problemi strutturali, ma indica una direzione.

La domanda ora è se questa dinamica possa ripetersi nei mesi successivi o se ottobre rappresenti un picco isolato. La risposta dipenderà dall’andamento dell’economia, dagli investimenti e dalla capacità del mercato di assorbire proprio quella fascia – i 25-34enni – che continua a restare indietro.

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