Dopo il time-out più lungo, inatteso ed economicamente
devastante della sua storia, il basket professionistico americano, paralizzato
per quattro mesi e mezzo dal coronavirus, riprende a correre il 31 luglio, da
Disney World, in Florida, per potere assegnare il titolo della stagione
2019/2020 e designare i successori dei Toronto Raptors.
Un annuncio che ha fatto la felicità di tutto il mondo
perché la lega professionistica di basket americana, che schiera i giocatori
più forti del pianeta, è un fenomeno globale che raccoglie milioni di fans.
Cosa che si traduce in denaro, perché i diritti delle partite sono venduti a
peso d'oro, così come i gadget e l'abbigliamento sportivo marchiate dal logo
che ritrae una delle stelle di questo gioco, Jerry West.
Non è stata una decisione facile ed è arrivata a conclusione
di una trattativa tra i proprietari delle 30 franchigie della Lega, con 29 voti
favorevoli ed uno solo contrario. Per avere l'ok definitivo, comunque, occorre
un altro passaggio, cioè l'approvazione del calendario e del meccanismo della
parte residua del torneo da parte dell'associazione dei giocatori, che comunque
appare pressoché scontata. L'aspetto significativo è che il piano prevede che
tutte le partite si svolgano al Disney World di Orlando, nell'enorme
struttura dell'ESPN Wide World of Sports Complex".
Ma chi parteciperà a questo ''mini-torneo'' riservato a 22
delle 30 squadre?
Saranno le prime otto di ogni conference, nella classifica
cristallizzata all'11 marzo, quando scattò il blocco: Milwaukee, Toronto,
Boston, Miami, Indiana, Filadelfia, Brooklyn, Orlando a est; Lakers, Clippers,
Denver, Utah, Oklahoma City , Houston, Dallas, Memphis a ovest. A queste sedici
si aggiungeranno altre sei franchigie, tra quelle che erano a sei vittorie o
meno dall'ottavo posto delle rispettive conference. Ovvero quelle che, seppure
ipoteticamente, inanellando una serie di vittorie consecutive, potevano
raggiungere l'ottavo posto. Queste squadre sono New Orleans, Phoenix,
Portland, Sacramento, San Antonio a ovest e solo Washington a est. Ogni squadra
giocherà otto partire di regular season.
Pur restando una stagione monca, il torneo che si giocherà
in Florida consentirà all'NBA di onorare i contratti televisivi e quindi
rimettere in modo una macchina che, se produce tantissimi guadagni, consuma
moltissime risorse, perché ciascuna squadra, tra allenatori, giocatori, tecnici
e collaboratori, ha in busta paga centinaia di persone. E molti, come appunto i
giocatori, hanno stipendi altissimi.
Il meccanismo studiato per la ripartenza comporta la
dolorosa chiusura, già oggi,della stagione per quelle squadre che hanno avuto
una stagione negativa: Charlotte, Chicago, New York, Detroit, Atlanta,
Cleveland, Minnesota e Golden State. Quindi molti campioni dovranno ora pensare
solo alla prossima stagione, con tutto quel che comporta uno stop lungo di
moltissimi mesi, in termini di preparazione fisica e timore di infortuni.
Ma l'NBA non è solo atletismo, agonismo, bellezza del gesto,
perché la lega professionistica del basket è da sempre molto sensibile alle
dinamiche sociali di una America che spesso si deve confrontare con episodi
sconcertanti. Come la tragica fine a Minneapolis, di George Floyd ed alle
violente proteste che ne hanno fatto seguito.
“Riconosciamo che la nostra società è scossa dalle
recenti tragedie della violenza e dell'ingiustizia razziale. Continueremo
a lavorare con i nostri team e giocatori per utilizzare le nostre risorse
collettive e influenza per risolvere questi problemi in modo molto concreto", ha affermato Adam Silver, commissioner dell’NBA.