Ferimento Bortuzzo: uno sconto di pena difficile da metabolizzare

 
Il carcere o meglio le pene detentive devono mirare al recupero del detenuto, che non può vedere la sua reclusione come una condizione afflittiva decisa per lui dallo Stato le cui leggi ha violato.
Una enunciazione che può anche non essere accettata da tutti, soprattutto da coloro che ritengono, a buon diritto, che tanto più grave è la colpa di cui si è macchiato un soggetto, tanto più severa deve essere la sua punizione. Non è argomento che riguarda solo l'Italia, ma tutti i Paesi che sono o si professano democratici e che amministrano giustizia (e quindi anche le pene che vengono inflitte a chi delinque) nel modo che più ritengono giusto.

Forse non equo, ma ai loro occhi giusto.
In queste ore l'Italia ha assistito, non certo con entusiasmo, all'ennesimo sconto di pena deciso da una corte d'appello (queste limature in secondo grado all'ammontare della pena da espiare sono ormai diventate una prassi), quella di Roma, che ha decurtato la condanna inflitta ai due balordi che, nel febbraio dello scorso anno, ferirono a colpi di pistola, per un errore di persona, Manuel Bortuzzo, promessa del nuovo italiano, ora costretto su una sedia a rotelle.

Gli originari 16 anni di reclusione sono stati ridotti a 14 anni ed 8 mesi di reclusione, essendo caduta l'accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione. I giudici hanno deciso così ed evidentemente hanno avuto le loro ragioni che comprenderemo solo a motivazioni rese note.
Ma se è vero che i processi si fanno in aula e non sui giornali, è altrettanto vero che talvolta l'opinione pubblica è restia ad accettare alcune sentenze che sembrano fare di tutto perché si concretizzi un meccanismo di scetticismo sulla magistratura giudicante, ritenuta non sempre - come peraltro non deve affatto essere - severa per come alcuni reati o episodi imporrebbe.
Manuel Bertuzzo, ha riferito il suo legale, ha accolto con serenità la decisione della corte di secondo grado e questo rende merito ad un ragazzo che vivrà il resto della sua esistenza condizionato dalla folle azione di due suoi quasi coetanei, che hanno fatto scelte che li marchieranno a vita.

Ma questo non serve certo ad alleviare l'amarezza della vittima e della sua famiglia e la rabbia di chi, leggendo le cronache del ferimento di Bertuzzo e l'iter del processo, si aspettava il massimo rigore per gli autori di una azione violenta, ingiustificata e comunque conseguenza di una vita votata al crimine.

Certo, i due - Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano - dopo la sparatoria, vedendosi ormai braccati, si sono costituiti, ma questo, se vale come attenuante, di certo non li monda dalla colpa.
Si dirà che 14 anni e 8 mesi di reclusione sono tanti, ma sono nulla davanti al calvario che questi due ragazzi di strada hanno disegnato per Manuel Bortuzzo. Non aggiungendo poi alcuna considerazione al fatto che, grazie alla Legge Gozzini ed agli altri provvedimenti premiali, un detenuto che in carcere non si macchia di ulteriori colpe ha la fondata speranza di vedere decurtata di molto la lunghezza della permanenza dietro le sbarre.

Lo Stato deve amministrare giustizia, non esercitare la vendetta. Ma deve essere anche attento a che taluni episodi non diventino esempi per chi non ha il cervello schermato dall'onestà e vive celebrando il mito del facile arricchimento. Come Marinelli e Bazzano che gravitavano nella zona d'ombra di una criminalità che non si ferma davanti a nulla.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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