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Harvard resiste a Trump: boom di donazioni per la libertà accademica

- di: Bruno Coletta
 
Harvard resiste a Trump: boom di donazioni per la libertà accademica
Harvard resiste a Trump: boom di donazioni per la libertà accademica
Dopo i tagli e gli attacchi politici, gli ex studenti rispondono con centinaia di milioni. L’ateneo diventa il simbolo della libertà di ricerca, mentre Kennedy Jr. finisce nel mirino per i suoi stop ai progetti scientifici.

Harvard non si piega. L’università più prestigiosa d’America, colpita dai tagli federali decisi da Donald Trump, reagisce trasformando la sfida in una vittoria. Gli ex studenti hanno donato in pochi mesi centinaia di milioni di dollari, alimentando un fondo di dotazione che ha raggiunto il valore record di 56,9 miliardi di dollari. Un segnale politico e morale che va oltre il campus di Cambridge: la libertà accademica non è negoziabile.

Il record storico del fondo di Harvard

La Harvard Management Company, che gestisce il patrimonio dell’ateneo, ha registrato un rendimento dell’11,9% nell’anno fiscale 2025 – il più alto dal 2019 – superando di gran lunga l’obiettivo a lungo termine dell’8%. Nonostante i tagli imposti da Washington, le risorse continuano a crescere grazie a investimenti oculati e alla straordinaria risposta degli alumni. Secondo i dati diffusi a ottobre 2025, le donazioni non vincolate hanno raggiunto quota 600 milioni di dollari, in aumento rispetto ai 420 milioni dell’anno precedente.

È la prova che, quando la politica tenta di limitare l’autonomia accademica, la comunità universitaria reagisce con i fatti. Come ha spiegato la presidente ad interim della Harvard University, “i valori della conoscenza e della libertà non si sospendono con un decreto”.

I tagli di Trump e la sfida alla libertà accademica

La crisi nasce nel 2024, quando il presidente Trump ha congelato circa 2,2 miliardi di dollari di fondi federali destinati alla ricerca universitaria, accusando Harvard di “promuovere ideologie anti-conservatrici” e di tollerare “proteste filopalestinesi e cultura woke”. La Casa Bianca ha minacciato di sospendere ogni nuova sovvenzione finché l’ateneo non avesse modificato governance, assunzioni e programmi di diversità. Harvard ha risposto portando il caso in tribunale e difendendo il principio di indipendenza accademica, ricevendo il sostegno di oltre cento università americane e di numerose associazioni scientifiche.

La reazione degli ex studenti

La mobilitazione è stata immediata. In poche settimane, i principali club degli alumni a New York, Londra, Tokyo e Boston hanno lanciato una campagna di raccolta fondi con lo slogan “Defend Knowledge”. In molti casi le donazioni sono arrivate da ex allievi che non avevano mai contribuito prima. Una delle ex studentesse, oggi imprenditrice nel settore biotech, ha spiegato che “sostenere Harvard oggi significa difendere la libertà della scienza da chi vorrebbe piegarla alla politica”.

Tra i donatori figurano ex ministri, scienziati, imprenditori e filantropi. Ma la partecipazione più sorprendente è quella dei giovani laureati, che hanno moltiplicato microdonazioni online trasformandole in un simbolo collettivo di resistenza accademica.

Il caso Kennedy Jr. e gli ostacoli alla ricerca

Parallelamente, l’amministrazione di Robert F. Kennedy Jr., oggi a capo del Dipartimento della Salute, ha sollevato forti critiche nel mondo scientifico per la sua linea restrittiva. Kennedy Jr. ha dichiarato che intende “riformare le riviste mediche” accusandole di conflitti d’interesse, e ha bloccato centinaia di borse federali nel settore biomedico. Una scelta che, secondo la American Association for the Advancement of Science, rischia di compromettere interi progetti di ricerca pubblica e di alimentare sfiducia verso la scienza.

Negli ambienti accademici americani si parla ormai apertamente di un doppio attacco alla libertà scientifica: da una parte Trump, con i tagli ideologici; dall’altra Kennedy Jr., con le restrizioni alle pubblicazioni e ai finanziamenti. Harvard è diventata il punto di riferimento di questa resistenza.

Un simbolo globale della libertà accademica

Il successo finanziario e morale dell’ateneo di Cambridge ha rilanciato il dibattito mondiale sull’autonomia della ricerca. In Europa e in Asia, diverse università hanno espresso solidarietà e annunciato fondi comuni per sostenere gli istituti colpiti da censura o condizionamenti politici. Harvard, dal canto suo, ha ribadito che userà parte delle nuove risorse per ampliare borse di studio internazionali e programmi di ricerca indipendenti.

La lezione è chiara: la conoscenza libera attrae fiducia e risorse. E il gesto dei suoi ex studenti resta un potente monito a chi pensa di piegare la scienza alla convenienza politica: la libertà non si taglia con un decreto, e non si compra con un finanziamento.

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