Netanyahu convoca riunione sulla guerra a Gaza mentre l’Idf annulla l’emergenza bellica
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato per questa sera, alle 19:00 ora locale (le 18:00 in Italia), una riunione straordinaria dedicata al futuro della guerra a Gaza. La decisione giunge in una fase particolarmente delicata, segnata dal passo inatteso delle Forze di difesa israeliane (Idf), che hanno dichiarato concluso lo stato di emergenza bellica in vigore dal 7 ottobre 2023. L’iniziativa del premier viene letta come una risposta immediata, volta a riaffermare la centralità del governo nella definizione della strategia militare, mentre cresce la percezione di divergenze interne tra leadership politica e vertici dell’esercito.
Netanyahu convoca riunione sulla guerra a Gaza mentre l’Idf annulla l’emergenza bellica
La scelta dell’Idf è stata comunicata attraverso il portale Ynet e ha sorpreso sia la popolazione sia gli osservatori internazionali. Dopo quasi dieci mesi di conflitto a ritmi serrati, l’esercito ha ritenuto che non fosse più necessario mantenere uno stato di allerta eccezionale, iniziando a ridurre la mobilitazione dei riservisti. Subito dopo l’annuncio, dall’entourage del premier è trapelata una presa di posizione particolarmente dura nei confronti del capo di stato maggiore Eyal Zamir: se non sostiene l’ipotesi di un’occupazione integrale della Striscia, “farebbe meglio a dimettersi”. L’affondo ha messo in luce lo scontro latente tra il governo, deciso a non abbassare la pressione militare, e lo stato maggiore, più cauto sulle prospettive di un’operazione totale.
Smobilitazione parziale e sicurezza
La revoca dell’emergenza non equivale a un cessate il fuoco. Le truppe regolari restano operative nelle aree considerate strategiche, dal corridoio di Philadelphi al nord della Striscia, dove continuano le incursioni mirate. Tuttavia, la riduzione della mobilitazione straordinaria rappresenta un segnale di alleggerimento per la società israeliana, provata da mesi di guerra e dall’assenza prolungata di migliaia di cittadini richiamati alle armi. Per l’opinione pubblica si tratta di un passo verso la normalità, sebbene l’Idf abbia chiarito che la minaccia di attacchi terroristici e di nuovi lanci di razzi resta concreta e che la vigilanza rimane massima.
Gaza e il parziale ritorno del commercio
Parallelamente, il governo israeliano ha autorizzato la riapertura parziale del commercio privato con Gaza. L’obiettivo è limitare la dipendenza della popolazione palestinese dagli aiuti umanitari, che negli ultimi mesi hanno rappresentato l’unico sostegno per migliaia di famiglie. Permettere il passaggio di merci civili è visto come un tentativo di attenuare la pressione internazionale, che chiede da tempo misure concrete per alleviare la crisi umanitaria. La situazione nella Striscia rimane drammatica: ospedali sovraccarichi, carenze croniche di elettricità e acqua, infrastrutture civili distrutte dai bombardamenti. La riapertura, pur limitata, potrebbe introdurre un minimo di ossigeno nell’economia locale, senza però risolvere le difficoltà strutturali.
Pressioni esterne e fragilità interne
La comunità internazionale continua a chiedere un cessate il fuoco e la ripresa dei negoziati politici. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e l’Onu spingono per un approccio che riduca le sofferenze civili e apra spazi al dialogo. Netanyahu, tuttavia, è stretto tra due forze contrapposte: da un lato le pressioni diplomatiche esterne, dall’altro l’ala più dura della sua coalizione, che chiede un’azione militare senza compromessi. In questo quadro, la frattura con lo stato maggiore rischia di accentuare le divisioni interne, minando la solidità della leadership e alimentando un clima politico sempre più incandescente.
Una giornata che può segnare un punto di svolta
La riunione fissata per stasera si annuncia quindi come un passaggio cruciale. Netanyahu dovrà indicare se intende mantenere la linea dura dell’occupazione totale o se preferisce modulare l’azione militare, tenendo conto dei segnali provenienti dall’esercito e della crescente pressione internazionale. Ogni scelta avrà conseguenze dirette sia sul fronte di guerra sia sugli equilibri politici del Paese. Molti osservatori sottolineano come il premier stia giocando non solo la credibilità della sua politica di sicurezza, ma anche la tenuta del suo stesso governo. In un contesto segnato da sfide interne ed esterne, la serata odierna potrebbe determinare la direzione di un conflitto che ha già cambiato in profondità la vita di milioni di persone in Israele e nei Territori palestinesi.