Il Mediterraneo ha restituito ancora una volta immagini di disperazione e morte. Due imbarcazioni partite dalle coste di Tripoli sono naufragate al largo di Lampedusa nella notte, provocando almeno 26 vittime accertate. Secondo le prime ricostruzioni della Guardia Costiera, le barche, sovraccariche di migranti, si sarebbero ribaltate a causa del mare mosso e di manovre azzardate per evitare l’acqua che entrava a bordo. Sessanta persone sono state tratte in salvo grazie a un’operazione congiunta di unità navali e aeree, ma le ricerche continuano per individuare eventuali dispersi.
Naufragio a Lampedusa, almeno 26 morti e 60 superstiti
Le prime segnalazioni sono giunte da un peschereccio che si trovava in zona e ha lanciato l’allarme alle autorità italiane. In pochi minuti, motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza hanno raggiunto le imbarcazioni in difficoltà, trovando un quadro drammatico: persone aggrappate a bidoni, a resti di legno, ad altri naufraghi per non essere trascinate via dalla corrente. I superstiti, molti dei quali in stato di ipotermia, sono stati trasferiti sull’isola e affidati alle cure del personale sanitario. Le loro testimonianze parlano di un viaggio iniziato giorni prima, pagato a caro prezzo a trafficanti che li hanno ammassati senza alcuna garanzia di sicurezza.
Reazioni politiche e cordoglio
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “sgomento e compassione” per quanto accaduto, sottolineando l’impegno dell’Italia nel salvare vite umane ma anche la necessità di un intervento europeo per contrastare le partenze irregolari. Dalla Commissione Europea è arrivata una nota di cordoglio e la conferma che verranno rafforzate le missioni di pattugliamento con Frontex. Diverse organizzazioni umanitarie hanno denunciato ancora una volta la pericolosità della rotta libica, chiedendo corridoi umanitari e vie legali di accesso per ridurre il numero di morti in mare.
L’impatto sulla comunità locale
Lampedusa, abituata purtroppo a episodi simili, vive ogni tragedia con lo stesso dolore. I soccorritori volontari e gli abitanti dell’isola hanno fornito cibo, vestiti asciutti e coperte ai superstiti. L’arrivo di decine di bare al piccolo molo ha riportato alla memoria le stragi del passato, facendo riaffiorare il senso di impotenza di fronte a un dramma che sembra non avere fine. Sul piano logistico, l’hotspot di contrada Imbriacola è già vicino alla saturazione e si teme che nei prossimi giorni possano arrivare nuove ondate di migranti, complice il miglioramento delle condizioni meteo.
Un’emergenza senza tregua
Il naufragio riaccende il dibattito su come affrontare il fenomeno migratorio, tra chi invoca politiche di accoglienza più ampie e chi chiede un rafforzamento dei controlli alle frontiere. Intanto, nel mare intorno a Lampedusa, le motovedette continuano a pattugliare alla ricerca di eventuali corpi o superstiti, in un silenzio rotto solo dal rumore delle onde e dai motori delle imbarcazioni di soccorso. Per le famiglie delle vittime, sparse tra Africa e Medio Oriente, arriveranno soltanto notizie frammentarie, quando arriveranno, su un viaggio che si è trasformato in una condanna a morte.