Mentre cadono le bombe e la popolazione fugge, un ministro israeliano parla di affari immobiliari. Gli Stati Uniti tacciono, l’Europa e il Papa insorgono: “Vergogna”.
Un cinismo che offende le vittime. Nel pieno dell’offensiva su Gaza City, con civili in fuga e interi quartieri rasi al suolo, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha definito la Striscia “una miniera d’oro immobiliare”, evocando presunti contatti con Washington per spartire la ricostruzione. Parole che trasformano una catastrofe umanitaria in business. È inaccettabile.
La frase che umilia le vittime
Smotrich ha parlato del “day after” come di un “grande investimento” capace di finanziare se stesso. In questo quadro, la tragedia di decine di migliaia di morti e feriti viene ridotta a un conto economico. Il ministro si è spinto oltre, citando il coinvolgimento statunitense: “Abbiamo già avviato negoziati con gli americani”, ha detto Smotrich. Questa impostazione è una ferita morale: mentre si contano vittime e sfollati, si parla di rendite e appalti.
Washington complice con il silenzio
Il silenzio degli Stati Uniti pesa. Nessuna smentita netta, nessuna presa di distanza pubblica all’altezza della gravità di quanto affermato. Il rischio è un via libera implicito: quando si tace di fronte a chi progetta profitti sulla distruzione, si accetta il principio che il dolore altrui sia materia negoziale. È un messaggio devastante per la credibilità di chi si proclama baluardo di democrazia e diritti.
Gaza devastata, numeri che gridano
La realtà sul terreno racconta sfollamenti di massa, bombardamenti incessanti, ospedali allo stremo, carenza di cibo, acqua e medicine. Interi nuclei familiari sono stati cancellati. Mentre si moltiplicano i raid, aumenta la disperazione di chi cerca una via di fuga e non la trova. Parlare di progetti immobiliari davanti a questo scenario non è solo fuori luogo: è una vergogna storica.
Condanne dall’Europa e dal Vaticano
L’Europa ha chiesto un cessate il fuoco immediato e corridoi umanitari senza ostacoli. Sono state annunciate misure contro coloni violenti e ministri estremisti. La Francia ha bollato l’operazione come “campagna distruttrice”. Dal Vaticano è arrivato un appello inequivocabile: “Ogni persona ha una dignità inviolabile”, ha ricordato il Papa, chiedendo di “fermare lo spargimento di sangue”. Sono parole che non lasciano scampo: la politica deve rientrare nei binari del diritto.
Israele sempre più isolato
Mentre cresce la pressione internazionale, il governo israeliano rilancia. Si inseguono dichiarazioni aggressive, si minimizzano le sofferenze, si parla di “sicurezza” ignorando i principi fondamentali del diritto umanitario. All’interno del Paese riesplodono proteste e richieste di responsabilità politica. Il prezzo, intanto, lo pagano i civili.
Non affari, ma giustizia
La ricostruzione non può diventare una spartizione. Prima di contratti e cantieri, vengono verità, protezione dei civili, restituzione dei diritti. Chi brandisce la parola “investimento” deve ricordare che a Gaza si piangono bambini, donne e uomini, non metri quadri. “Basta con l’ipocrisia”, denunciano le organizzazioni della società civile: prima la vita, poi il cemento.
La vergogna non si cancella
Trattare Gaza come “miniera d’oro” è un crollo etico. E l’assenza di una smentita chiara da parte di Washington aggrava il quadro. Se la comunità internazionale non reagirà con fermezza, la Striscia rischia di essere consegnata non alla pace, ma agli speculatori. “È ora di fermarsi e salvare vite umane”: è l’appello che arriva da Ong e leader religiosi, l’unica agenda possibile.