Cinque punti militari, corridoi umanitari, ostaggi affamati e scontri tra diplomazia e piazze: l’operazione di Tel Aviv si svela in tutto il suo drammatico contrasto.
(Foto: Netanyahu con soldati di Israele).
Un piano in cinque mosse (per “liberare” Gaza)
Benjamin Netanyahu ha svelato il suo disegno operativo in una conferenza stampa separata per media stranieri e locali, commentando le nuove mosse in Gaza. Ha ribadito con forza che l’obiettivo non è occupare la Striscia, ma “liberarla da Hamas”.
Ha delineato un piano in cinque punti:
- Smantellamento delle ultime roccaforti di Hamas, a Gaza City e nei campi centrali della Striscia.
- Demilitarizzazione dell’intero territorio.
- Controllo israeliano della sicurezza.
- Ritorno degli ostaggi, vivi e deceduti.
- Insediamento in tempi rapidi di un’amministrazione civile pacifica non israeliana.
Nel frattempo, viene annunciata l’imminente offensiva su Gaza City con l’apertura di corridoi umanitari e aree sicure per la popolazione civile.
“Solo gli ostaggi stanno deliberatamente morendo di fame”
Netanyahu ha respinto le accuse di usare la fame come arma, sostenendo che quella politica era stata sempre diaspora. Ha affermato: “Solo gli ostaggi stanno deliberatamente morendo di fame”, e non i civili di Gaza.
Diplomazia in tilt e denuncia dell’Onu
Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’operazione israeliana è stata definita “ennesima pericolosa escalation” che aggrava una crisi umanitaria già “inimmaginabile”, secondo Miroslav Jenča. L’ONU segnala cifre drammatiche: 61.000 vittime palestinesi, malnutrizione dilagante e solo il 14% degli aiuti necessari – con almeno 98 bambini morti di fame dal 2023.
Scontri interni tra piazza e politica militare
In Israele, decine di migliaia di persone manifestano contro il piano, specie a Tel Aviv, preoccupati per i rischi nei confronti degli ostaggi. Critiche serrate arrivano anche da esponenti dei vertici militari, con alcuni leader dell’IDF che ammoniscono sul potenziale di un “conflitto prolungato, paragonabile al Vietnam”.
Tensioni insanabili
Il discorso del premier Netanyahu illumina le ambizioni strategiche di un piano militare rapido, netto, “riparatorio”. Ma il quadro che emerge – politico, umanitario e diplomatico – è segnato da tensioni insanabili tra giustificazione, critica internazionale e umanità provata. Sarà una sfida complessa che, anche se rivolta a “liberare”, rischia di trasformarsi nell’ennesimo capitolo oscuro della storia moderna.