Nel premier time, di ieri, in Senato, Giorgia Meloni ha rilanciato l’impegno dell’Italia a raggiungere entro il 2025 l’obiettivo del 2% del PIL in spesa per la difesa, come richiesto dall’Alleanza Atlantica. È un annuncio che arriva in un momento di tensione globale crescente, ma anche di bilanci nazionali sotto pressione.
Meloni rilancia sulla difesa: “Il 2% del PIL entro il 2025”
“In un quadro economico complesso, il nostro Paese è credibile”, ha detto Meloni, difendendo la strategia del governo e sottolineando come i dati del primo trimestre 2025 confermino la solidità dell’impianto economico italiano. Ma tra Bruxelles, Washington e via XX Settembre, la partita è tutt’altro che semplice.
Difesa, l’Italia accelera per evitare l’irrilevanza
L’obiettivo del 2% non è solo una soglia simbolica. È ormai un criterio di legittimità politica all’interno della NATO, soprattutto da quando gli Stati Uniti – oggi guidati da Donald Trump – chiedono con insistenza una maggiore equa condivisione degli oneri. Raggiungerlo entro fine 2025 significherebbe aumentare in modo consistente le risorse destinate a esercito, marina, aeronautica, logistica e cyberdifesa. Per l’Italia si tratterebbe di un salto che vale decine di miliardi, destinati a colmare un ritardo strutturale rispetto ai principali alleati europei. Roma punta a farlo mantenendo la barra dritta sul debito, ma senza rinunciare alla centralità negli equilibri euro-atlantici.
La posizione italiana tra alleanze e industria nazionale
Dietro l’annuncio di Meloni si muovono anche dossier industriali rilevanti. La spesa in difesa è anche leva per sostenere il sistema produttivo nazionale, con aziende come Leonardo, Fincantieri, Avio Aero e MBDA Italia pronte a raccogliere la sfida dell’aumento degli investimenti pubblici nel comparto. L’obiettivo è rafforzare il ruolo dell’Italia nei programmi europei di difesa congiunta, come il sistema di difesa aerea europeo o i progetti di interoperabilità tra le flotte militari. Il governo intende utilizzare l’impegno NATO anche come volano industriale, puntando a fare della difesa un asse di sviluppo e innovazione.
La cornice geopolitica: deterrenza e autonomia strategica
La spinta verso il 2% si inserisce in un contesto globale segnato da conflitti aperti (Ucraina, Medio Oriente) e nuove competizioni sistemiche (Indo-Pacifico, cyberspazio). L’Italia vuole rafforzare la propria postura di Paese affidabile e integrato nei meccanismi di deterrenza collettiva. Ma Meloni ha anche ribadito l’importanza dell’autonomia strategica europea, sposando una linea che guarda con attenzione al nuovo asse franco-tedesco. L’Italia, in questa cornice, si propone come terzo pilastro: un ponte tra Atlantico e Mediterraneo, tra pragmatismo e solidarietà.
Energia, alleanze e realismo italiano
Nel suo intervento, Meloni ha anche difeso gli accordi energetici con gli Stati Uniti: “Sono già il secondo Paese fornitore di GNL in Italia, le intese c’erano anche con Biden”. Il riferimento è alla continuità strategica, al di là delle alternanze politiche, ma anche alla necessità di mantenere rapporti privilegiati con i fornitori atlantici, in un momento in cui la diversificazione energetica è diventata sinonimo di sicurezza nazionale. L’Italia guarda agli Usa come partner stabile, e alla NATO come cornice irrinunciabile. Ma il messaggio più forte è rivolto agli alleati europei: Roma è pronta a contare, ma chiede che nessuno giochi da solo.