Nel giorno del quarantacinquesimo anniversario della strage di Ustica, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rinnovato l’impegno dello Stato nella ricerca della verità su una delle più oscure tragedie italiane del secondo dopoguerra. “La strage di 45 anni fa nel cielo di Ustica ha impresso nella storia della Repubblica un segno doloroso e profondo che non potrà mai essere cancellato”, ha dichiarato il Capo dello Stato.
Mattarella: “Verità su Ustica, anche i Paesi amici collaborino”
Era la sera del 27 giugno 1980 quando il volo di linea IH870 della compagnia Itavia, un DC9 diretto da Bologna a Palermo, precipitò nel Mar Tirreno vicino all’isola di Ustica. Nessuno dei 81 occupanti – tra passeggeri e membri dell’equipaggio – sopravvisse. Una vicenda sulla quale non si è mai fatta completa chiarezza, tra depistaggi, ipotesi di missile, intrighi internazionali e processi lunghissimi.
Il richiamo alla giustizia e alla responsabilità condivisa
“La Repubblica non abbandona la ricerca della verità”, ha affermato con fermezza Mattarella, “e sollecita la collaborazione di tutti coloro che, anche tra i Paesi amici, possono aiutarci a rispondere al bisogno di giustizia, che non si dissolve negli anni”. È un appello che va oltre il rituale commemorativo, e che ha un forte valore politico e simbolico: il presidente chiama in causa direttamente le responsabilità di Stati esteri – presumibilmente coinvolti nelle dinamiche militari che potrebbero aver provocato l’abbattimento del velivolo – affinché mettano a disposizione dell’Italia le informazioni ancora coperte da segreto. Si tratta di un’esortazione che fa leva sul principio di cooperazione tra Stati democratici e sulla necessità di non considerare la giustizia come un affare interno, ma come un dovere condiviso in nome della trasparenza e del diritto internazionale.
Un nodo ancora irrisolto nella storia della Repubblica
La vicenda di Ustica, infatti, è rimasta per decenni avvolta in una nebbia fitta di misteri e contraddizioni. Diverse le ipotesi avanzate nel corso degli anni, tra cui quella, oggi ritenuta più credibile da molte fonti giudiziarie, dell’abbattimento del DC9 durante un’operazione militare nei cieli italiani, coinvolgente più di una nazione. È su questa pista che si sono concentrati i tentativi di ottenere documenti e testimonianze da Paesi come Francia e Stati Uniti, che nel Mediterraneo operavano con le loro forze aeree in quelle ore. Ma la collaborazione è sempre stata limitata, e lo stesso Mattarella, con queste parole, mostra come il tempo trascorso non possa diventare un alibi per l’oblio.
Memoria collettiva e democrazia incompiuta
Le parole del presidente rivelano un altro aspetto centrale: la connessione tra verità e democrazia. “Il bisogno di giustizia”, ha detto, “è parte del tessuto stesso della democrazia”. Non si tratta quindi solo di rispondere a un dovere morale nei confronti dei familiari delle vittime – che peraltro da decenni si battono con grande dignità per ottenere chiarezza – ma di riaffermare i fondamenti stessi dell’ordinamento democratico. In una Repubblica, la verità dei fatti pubblici e l’accertamento delle responsabilità non sono materia negoziabile. E la mancata verità su Ustica rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella coscienza nazionale.
Una ricorrenza che impone riflessione e azione
La commemorazione odierna non è soltanto un atto di memoria, ma un momento in cui istituzioni e cittadini devono rinnovare l’impegno collettivo nella costruzione di una democrazia trasparente. L’appello di Mattarella, come spesso accade nei suoi interventi, supera i confini del tempo presente e assume un valore permanente: non può esserci giustizia senza verità, e non può esserci verità senza responsabilità. Ecco perché la vicenda di Ustica non appartiene soltanto al passato, ma interroga il futuro dell’Italia e il modo in cui essa si relaziona con la propria storia e con la comunità internazionale.