Cronache dai Palazzi - L'ambiente divenga tema centrale dell'azione del governo
- di: Redazione
Che la tempesta Ciaran, con tutta la sua devastante forza, si stava per abbattere sull'Italia i meteorologi lo avevano ampiamente previsto. Così come era previsto che non si sarebbe granché indebolita passando sui Paesi europei che ha incontrato nel suo cammino.
Eppure oggi l'Italia fa, per l'ennesima volta, la conta dei danni e soprattutto delle vittime che i cambiamenti climatici generano impattando sull'ambiente, inducendo tutti noi a porci la domanda se chi ci governa, così come chi ci ha governato, ha fatto veramente tutto quanto in suo potere per evitare che piogge anche intensissime mettano in ginocchio città e regioni, come è accaduto anche in queste ore in vastissime aree soprattutto della Toscana e del Veneto.
Cronache dai Palazzi - L'ambiente divenga tema centrale dell'azione del governo
E questo interrogativo porta, dritto, verso lo stato preoccupante nel nostro territorio, di cui qualcuno dovrà pure occuparsi prima che le tragedie accadono. Di piani contro il dissesto idrogeologico sentiamo parlare da decenni, ma, se andiamo a leggere le cronache degli eventi calamitosi, ci accorgiamo di un elemento costante: gli interventi si fanno, ma solo dopo. Soltanto quando si tratta di trovare i soldi per ristorare i danni che pioggia, vento, esondazioni e nevicate hanno provocato. A conferma che (quasi sempre) siamo bravi a intervenire, ma solo dopo.
Oggi paghiamo decenni di incuria, cui il governo dovrebbe cercare di porre rimedio, anche se con una situazione di cassa che consente esigui margini di intervento. Quindi dobbiamo rassegnarsi ad accettare l'esistente e soprattutto ad aspettare il prossimo disastro?
Un Paese civile deve trovare la forza di ribellarsi a questa situazione, e lo può fare solo se troverà, almeno su questo punto, il concerto di tutte le forze politiche e della società civile. Definizione, quest'ultima, di cui forse si abusa, ma che definisce quella porzione di italiani che non si vogliono accontentare da spiegazioni semplicistiche, legate ad alchimie della politica. Dovendo fare i conti con la poca disponibilità economica per finanziare piani giganteschi, bisognerebbe cominciare dalle cose che, sebbene piccole, restano importanti.
Così, quindi (lo citiamo solo come un microscopico esempio di come sull'altare dell'interesse politico di bassissimo profilo, si calpestano la prudenza e il rispetto del territorio) bisognerebbe chiedersi se è ancora possibile che una Regione del sud insulare (la Sicilia) stia pensando di sanare costruzioni edificate praticamente sulla spiaggia. Un abuso che non è solo uno sfregio al paesaggio, ma anche la dimostrazione del totale disprezzo del cosiddetto bene comune. Perché qui non siamo davanti al pure aberrante concetto di ''abusivismo di necessità'', perché parliamo di seconde case, quindi per le vacanze, costruite sul mare, nella quasi certezza che la mancanza di controlli (sulle cause stendiamo in velo pietoso) avrebbe fatto calare su di esse - e quindi sulle violazioni di legge - un imbarazzante oblio amministrativo.
Potrebbero quindi cominciare i Comuni a fare rispettare le leggi urbanistiche, che dovrebbero essere fatte per tutelare la pubblica incolumità e che quindi dovrebbero reprimere gli abusi compiuti da chi, in totale illegalità, si è costruita una villetta, magari anche con tanto di accesso privato al mare.
E' solo un esempio, perché migliaia di case - con la palese complicità delle amministrazioni locali - sono state costruite in collina o in campagna sotto costoni resi friabili dal disboscamento non regolato e, quindi, in attesa della prossima frana. Forse basterebbe anche solo questo per cominciare, fare capire che gli abusi saranno perseguiti e repressi, sempre nella speranza che qualche giudice non blocchi tutto, rimpallando la sentenza dal pretore alla cassazione. Con tanti saluti alla giustizia.