FOTO: Alcide Cervi - CC BY-SA 4.0
Se n’è andato sabato scorso, nel giorno in cui avrebbe compiuto 89 anni, Luigi “Gigi” Cervi, figlio di Antenore Cervi, uno dei sette fratelli trucidati dai fascisti il 28 dicembre 1943. Con lui si chiude una pagina vivente della storia del nostro Paese: Gigi era l’ultimo discendente diretto dei Cervi a custodire la memoria di quella famiglia contadina che seppe trasformarsi in simbolo di coraggio, dignità e resistenza.
Addio a Luigi Cervi, ultimo figlio di Antenore: la memoria vivente della famiglia simbolo della Resistenza
La sua morte è avvenuta in silenzio, com’era nel suo stile. Nessun clamore, solo una cerimonia civile nella sua Gattatico, dove aveva vissuto gran parte della sua esistenza, lavorando la terra come il padre e gli zii, testimone quotidiano di un’eredità che ha segnato la storia d’Italia. Era uomo schivo, riservato, ma profondamente consapevole della sua storia e del significato che il cognome Cervi porta con sé.
Una famiglia contadina diventata leggenda
La storia dei fratelli Cervi è ben nota, ma non per questo perde forza. Sette fratelli – Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio e Ettore – figli di Alcide Cervi, furono arrestati, torturati e infine fucilati nel 1943 come rappresaglia per aver dato rifugio e sostegno ai partigiani e ai prigionieri fuggiti. Erano contadini, uomini semplici, uniti da una profonda fede nella giustizia, nella libertà e nella solidarietà. Il loro sacrificio divenne un simbolo della Resistenza italiana.
Il padre Alcide, che sopravvisse alla strage, fece della testimonianza la sua missione: girò scuole, teatri, piazze, portando in ogni angolo d’Italia il racconto della tragedia, ma anche dell’orgoglio per quei figli che avevano saputo scegliere da che parte stare. E in questo racconto, Luigi crebbe. Figlio di uno dei martiri, nipote degli altri sei, testimone diretto di una storia troppo grande per essere ignorata.
Un testimone silenzioso ma presente
Nonostante il peso di un cognome così importante, Luigi non cercò mai riflettori. Non amava parlare in pubblico, non rilasciava interviste. Eppure, non si sottraeva quando si trattava di raccontare la verità ai giovani. Lo faceva con parole misurate, con uno sguardo profondo, con la forza tranquilla di chi conosce la memoria perché l’ha vissuta. “Aveva un modo tutto suo per essere orgoglioso – ha detto l’Istituto Cervi – Era un portatore fiero, eppure discreto, della vicenda dei suoi familiari”.
Trascorse l’intera vita a Gattatico, tra i campi, fedele al legame profondo con la terra e con la cultura contadina, quella stessa cultura che aveva formato i suoi zii e suo padre. Conduceva una vita sobria, modesta, ma carica di significato. Non cercò mai ruoli pubblici, ma fu figura di riferimento per chiunque si avvicinasse alla storia della Resistenza con rispetto e desiderio di comprenderla davvero.
La memoria che si fa impegno
Il suo funerale, celebrato nel giorno in cui avrebbe spento le candeline dei suoi 89 anni, è stato semplice ma denso di commozione. La presidente dell’Istituto Alcide Cervi, Albertina Soliani, ha ricordato il suo modo di essere: “Aveva uno sguardo timido e buono, preciso nelle parole, attento nella riflessione. Ha rappresentato un ponte silenzioso tra passato e presente, tra la memoria e l’impegno”.
Luigi Cervi era un uomo che non aveva bisogno di proclami per farsi capire. Bastava guardarlo, ascoltarlo una volta, per cogliere la profondità della sua testimonianza. In un Paese che spesso dimentica in fretta, lui è rimasto fedele all’impegno del ricordo, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, silenziosamente, senza mai tirarsi indietro.
Con lui si spegne una voce, ma resta viva una storia
La scomparsa di Luigi chiude il cerchio di una generazione. Con lui se ne va l’ultimo testimone diretto di quella casa di Campegine che fu teatro di una delle pagine più alte della nostra storia democratica. Ma la sua eredità non si spegne. Vive nel lavoro dell’Istituto Cervi, nelle migliaia di giovani che ogni anno visitano il museo e si avvicinano a quella storia. Vive nei libri, nei film, nei racconti tramandati. Vive, soprattutto, nell’esempio di chi, come Luigi, ha saputo tenere accesa la fiamma della memoria senza farne mai un esercizio di nostalgia, ma una scelta quotidiana di responsabilità.
In un’Italia che ha ancora bisogno di memoria, di verità e di coraggio, il nome di Luigi Cervi si aggiunge con forza e delicatezza alla lunga lista di coloro che, anche nel silenzio, hanno saputo difendere ciò che davvero conta.