Inchiesta sull’Europa dei lavori in corso - Dalla “City” arriva un good luck Mrs. Meloni…ma che paura per Berlino

- di: Simone Filippetti (Giornalista del Sole 24 Ore)
 
“Mrs Meloni” è un nome quasi impronunciabile per gli inglesi. E infatti lo storpiano in tutti i modi. Lo ha storpiato anche un grande investitore estero che, la mattina del 26 settembre, a un incontro con la stampa, si complimenta per la prima donna presidente del consiglio. Solo all’estero hanno apprezzato la storica novità di un premier al femminile, mai successo in 160 anni di storia del paese. L’Italia, specie quella dell’intellighenzia e dei salotti, ha invece passato mesi a urlare contro il “pericolo fascista” salvo poi, come da secolare abitudine, saltare sul carro del vincitore e iniziare coi distinguo.
Psicodrammi e propaganda a parte, la vera notizia è che sulle elezioni in Italia non c’è stato alcun interesse fuori dal paese. Il peso specifico dell’Italia, al di là delle Alpi, è stato inversamente proporzionale alla assordante campagna elettorale domestica.

Dalla “City” arriva un good luck Mrs. Meloni…ma che paura per Berlino

Fino alla settimana prima del voto, nella City di Londra, cuore dei grandi capitali mondiali, le elezioni politiche, le prime dal 2018, quasi una intera legislatura e già per questo un record per un paese con 62 governi in 70 anni, sono passate inosservate; e come dimostra quell’importante uomo d’affari, che muove centinaia di milioni di euro, nessuno ha mai temuto il pericolo fascista. Tanto che il 26 settembre mattina, la Borsa Italiana, termometro del paese, saliva e nessun crollo dei Titoli di Stato. A un certo punto, in agosto, l’autorevole Financial Times aveva provato a lanciare una sorta di allarme che suonava come un consiglio non richiesto agli italiani su come votare: gli hedge fund, i famigerati fondi speculativi, avevano venduto Italia a piene mani. Si riaffacciava, insomma, il pericolo Italia guarda caso proprio quando i sondaggi davano la destra di Giorgia Meloni in predicato di vincere: più propaganda politica che vero giornalismo, come poi un’analisi seria del Sole 24 Ore ha chiarito.

La sbandierata fuga dei capitali annunciata da Ft interessava solo qualche miliardo di euro, su 2mila miliardi di debito pubblico. Il temuto “Pericolo Italia”, il “Sell Italy”, vendere l’Italia, che fece tremare il paese nel 2011 e ancora nel 2018 stavolta non c’è stato. Dunque, l’Italia non fa più paura? No, la paura la fa lo stesso, così come la faceva sotto Draghi, solo che non se ne parlava. Stavolta la fuga c’è stata “a bassa intensità”, come la guerra in Ucraina: in sordina, proprio durante il Governo Draghi, salutato come salvifico, i Btp sono scesi a quota 80 (per chi non mastica di finanza: il livello “normale” è 100). Chi invece fa davvero paura è la Germania: la ormai ex locomotiva d’Europa è il “malato grave” d’Europa. Per Londra, Berlino è l’untore da evitare a tutti i costi. Untore che, con la sua dissennata politica energetica troppo filorussa, ha impantanato tutta l’Europa e soprattutto l’Italia, paese importatore totale.

Per un anno e mezzo in Italia il ritornello è stato che grazie a Draghi l’Italia abbia riacquistato una perduta credibilità. È una convinzione solo italiana, pensano gli inglesi: con l’ex presidente della BCE al governo, l’Italia non ha né migliorato né peggiorato la sua percezione. Tanto che un trader di titoli di Stato di una grande banca francese, proprio durante il “Governo dei Migliori”, mi disse che non aveva e che non avrebbe mai comprato Btp. L’Italia Era, è e purtroppo rimane un paese dal peso politico marginale in Europa (ma con una forte economia manifatturiera). Un nome storico della finanza a Londra come Henderson, prestigioso gestore di risparmi, ha da mesi un giudizio “neutrale” sul paese. Nei loro uffici ammettono: “Abbiamo già venduto mesi fa Titoli di Stato italiani”, quando non c’era nemmeno il timore di una caduta del Governo Draghi.
Il problema dell’Italia vista dall’alto dei grattacieli della City, dove si muovono decine di miliardi e dove sta davvero il potere economico che conta, è la sua scarsa rilevanza: quale che sia il leader per il “big money” internazionale poco cambia. Una bella sfida quella di far cambiare percezione ai mercati per la nuova leadership al femminile del governo di Giorgia Meloni.
Per una volta, però, il problema d’Europa non è Roma, ma la rigida e diligente Berlino. Non sappiamo se rallegrarcene.
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