Orlando: "Blocco licenziamenti? La discussione passi dal confronto fra forze politiche"

- di: Daniele Minuti
 
Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha parlato intervenendo nella trasmissione radiofonica "Un giorno da pecora: ai microfoni del programma in onda su Radio 1, il ministro ha trattato diversi argomenti, in particolare la tanto discussa tematiche del blocco dei licenziamenti.

Il dibattito sulla proroga allo stop continua a infuriare sul palcoscenico politico, il tutto mentre sta proseguendo il delicato iter burocratico per il decreto Sostegni, per cui sono stati depositati migliaia e migliaia di emendamenti alla Camera.

Una delle proposte più chiacchierate è quella del blocco selettivo e proprio su questa è intervenuto il ministro Orlando: "Credo che questa possa essere una strada percorribile, ma devo dire che a questo punto ritengo necessario il passaggio della discussione nel confronto fra le diverse forze politiche. Sicuramente al momento è utile formulare delle ipotesi che poi non potrebbero contare sull'appoggio di una maggioranza, il problema più difficile da risolvere al momento è quello di capire quale sia il meccanismo più adatto ad attenuare e magari eliminare rischi e traumi. Non bisogna sottovalutare le conseguenze, i possibili licenziamenti dopo l'eventuale ritiro del blocco potrebbero portare alla perdita di 70.000 posti di lavoro".

Proprio il Partito Democratico del ministro Orlando ha presentato uno dei diversi emendamenti riguardante il blocco dei licenziamenti, con diverse proposte per rendere meno traumatico il periodo in cui questo provvedimento sarà inevitabilmente sollevato: le proposte del PD comprendono un periodo di cassa Covid aggiuntiva di tredici settimane, che vada quindi dal primo luglio fino alla fine di settembre, per le imprese che sottoscrivono un accordo specifico con le organizzazioni sindacali e che operano nei settori ritenuti ancora colpiti dalla crisi (con contestuale blocco della procedura di licenziamento). Le valutazioni su quali aziende includere in questa modifica toccherebbero ai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico, che agirebbero tramite decreto. 

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