Un Boeing 747-8 da 400 milioni di dollari, destinato a diventare il nuovo Air Force One e poi simbolo permanente della sua biblioteca presidenziale. È questo il regalo che la famiglia reale del Qatar si prepara a offrire agli Stati Uniti, formalmente al Dipartimento della Difesa, ma di fatto al presidente Donald Trump, tornato alla Casa Bianca da oltre tre mesi. La notizia, confermata da più fonti diplomatiche e riportata da Reuters, ha già scatenato una tempesta politica e istituzionale: per alcuni è un gesto di grande valore simbolico nel quadro delle alleanze globali, per altri un pericoloso precedente che sfida apertamente la Costituzione americana.
Il jet del Qatar a Trump, tra diplomazia e accuse di influenza straniera
Il nuovo Air Force One “qatariota” segna un passaggio inedito nei rapporti tra Washington e Doha. Non è solo un aeroplano iper-accessoriato, ma un oggetto diplomatico che finisce per intersecare diritto, etica e politica estera. Un gesto che si colloca in un contesto di riposizionamento globale: con il Golfo sempre più attivo nelle operazioni di soft power e con Trump intenzionato a ricostruire la sua leadership internazionale, anche attraverso la spettacolarizzazione delle relazioni bilaterali.
Le accuse democratiche: una violazione della Clausola sugli Emolumenti?
A sollevare dubbi è la natura stessa del dono. Il senatore Chuck Schumer e il deputato Ritchie Torres sono tra i primi ad aver chiesto un’indagine formale. Il sospetto è che si tratti di una violazione della “Emoluments Clause” della Costituzione, che vieta a funzionari federali di accettare regali o compensi da governi stranieri senza l’autorizzazione esplicita del Congresso. In questo caso, il dono non sarebbe privato, ma strettamente legato alla figura di Trump, nonostante il passaggio tecnico attraverso il Pentagono. Una modalità, sostengono i critici, che punta ad aggirare i vincoli istituzionali con uno schema opaco e costruito ad arte.
L’ufficio legale della Casa Bianca ha già replicato: nessuna violazione, perché il velivolo sarà formalmente gestito dal Dipartimento della Difesa e in seguito destinato alla fondazione privata della futura biblioteca presidenziale. Tutto legittimo, secondo l’amministrazione. Ma le opposizioni non si fermano: il nodo non è solo giuridico, ma politico. Accettare un simile dono, in una fase di rinegoziazione degli equilibri in Medio Oriente, apre una questione di trasparenza e opportunità.
Qatar tra generosità e calcolo geopolitico
Dal canto suo, il governo del Qatar ha frenato. “Non è stata presa alcuna decisione finale”, ha dichiarato un portavoce del ministero della Difesa, lasciando intendere che le trattative sono in corso e che nessun annuncio formale è previsto durante la prossima visita ufficiale di Trump a Doha. Tuttavia, il gesto – reale o solo annunciato – si inserisce in una strategia ormai consolidata da parte dell’emirato: rafforzare la propria influenza attraverso il mecenatismo di Stato, l’investimento in capitale simbolico, la costruzione di legami personali più che diplomatici.
Il Qatar è già da anni partner strategico degli Stati Uniti, ospita la più grande base militare americana della regione e ha investito miliardi nell’economia statunitense. Offrire un Air Force One non è solo un atto di cortesia: è un modo per legare direttamente la propria immagine a quella del presidente in carica, consolidando una corsia preferenziale in un’epoca di rivalità tra alleati del Golfo, tra tensioni con Israele, Iran e nuove dinamiche nel Mediterraneo allargato.
Una presidenza che sfuma i confini tra pubblico e privato
L’episodio riapre una vecchia questione: dove finisce l’interesse dello Stato e dove comincia quello del presidente? La figura di Trump, sin dal primo mandato, è stata segnata da una sovrapposizione costante tra incarico pubblico e patrimonio personale, tra gestione politica e uso della propria immagine come strumento geopolitico. Il jet qatariota ne è un nuovo esempio: un oggetto di lusso che diventa simbolo politico, strumento narrativo, leva diplomatica.
In attesa dei chiarimenti ufficiali, resta il paradosso: un regalo regale rischia di diventare un boomerang istituzionale. E pone ancora una volta il tema della trasparenza nei rapporti tra potere presidenziale, fondazioni personali e attori stranieri. In un’America già polarizzata, anche il cielo può diventare un campo di battaglia.