Israele colpisce il palazzo presidenziale a Damasco. Prosegue l’offensiva a Gaza, oltre trenta morti
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

L’esercito israeliano ha compiuto nelle ultime ore un raid mirato che ha colpito l’area del palazzo presidenziale a Damasco, in Siria. L’attacco, immediatamente rivendicato da Tel Aviv, rappresenta una delle azioni militari più significative compiute sul territorio siriano dall’inizio del 2024. Il premier Benjamin Netanyahu ha giustificato il bombardamento come “un messaggio chiaro al regime siriano”, accusato di non aver protetto la comunità drusa nella regione, duramente colpita negli ultimi giorni da attacchi e rappresaglie locali. Il numero delle vittime non è stato ufficialmente confermato da Damasco, ma fonti indipendenti parlano di un bilancio parziale di almeno una decina di morti tra le guardie presidenziali e i civili.
Israele colpisce il palazzo presidenziale a Damasco
Secondo l’ufficio del primo ministro israeliano, l’operazione militare è stata una risposta proporzionata all’uccisione di oltre cento drusi in Siria negli ultimi due giorni, vittime di scontri tra milizie paramilitari locali e gruppi affiliati al regime. Netanyahu ha sottolineato che “Israele non permetterà che venga posta in essere alcuna minaccia per la comunità drusa”, storicamente legata allo Stato ebraico da un rapporto delicato ma stabile, in particolare con riferimento alla popolazione drusa residente nel Golan. Il bombardamento si inserisce in una dinamica più ampia di pressione strategica sul governo di Bashar al-Assad, il quale – secondo l’intelligence israeliana – avrebbe tollerato la presenza di cellule armate iraniane e di Hezbollah nelle vicinanze del confine con Israele.
Gaza, nuovi attacchi nella Striscia e l’ennesima strage
Contemporaneamente, si intensifica l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, dove l’ultima notte ha visto una serie di attacchi aerei che hanno causato la morte di almeno trenta persone. Il bombardamento più devastante ha colpito il campo profughi di Bureij, al centro della Striscia, dove cinque persone sono rimaste uccise, secondo quanto riportato da fonti mediche locali. Il portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che l’obiettivo era un centro logistico di Hamas, ma le organizzazioni umanitarie attive sul terreno parlano di un altissimo numero di civili coinvolti, inclusi donne e bambini. L’operazione fa parte di una più ampia strategia di contenimento, volta a neutralizzare la rete infrastrutturale del movimento islamista, dopo il lancio di razzi su Ashkelon e Sderot nei giorni scorsi.
Una regione sull’orlo dell’incendio generalizzato
L’intreccio delle operazioni militari in Siria e Gaza segnala il rischio di un’escalation regionale. I timori della comunità internazionale si concentrano sulla possibilità che il fronte siriano venga riaperto stabilmente, con il coinvolgimento diretto di attori come l’Iran e la Russia, già presenti militarmente nel teatro siriano. L’azione di Israele si pone così in bilico tra deterrenza e provocazione, mentre cresce l’isolamento diplomatico di Tel Aviv in alcuni ambienti dell’Unione Europea e dell’ONU. Le proteste delle cancellerie arabe non si sono fatte attendere: l’Egitto ha parlato di “violazione del diritto internazionale”, mentre il Libano ha rafforzato i controlli al confine meridionale.
La spirale di violenza e il silenzio dei negoziati
In questo contesto, appare sempre più lontana la prospettiva di una ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi. La diplomazia internazionale, a parte qualche tentativo del Vaticano e dell’Unione Africana, rimane inerte. L’appello lanciato da Papa Francesco sulla sicurezza del lavoro, trasmesso al Concertone del Primo maggio, ha avuto un’eco simbolica ma poco incisiva sul fronte mediorientale. Il protrarsi delle operazioni militari e la natura asimmetrica del conflitto stanno lasciando spazio solo alla logica del confronto armato. E mentre a Gaza si contano i morti e a Damasco si raccolgono le macerie, la regione intera rischia di precipitare in una nuova stagione di instabilità.