Intervista a Michele Crisci, Presidente e Ad di Volvo Car Italia

- di: Germana Loizzi
 

Dottor Crisci, partiamo dai dati di vendita. Volvo, in particolare da quattro anni, è protagonista di una crescita molto forte e ininterrotta su tutti i mercati. Trend che si conferma nel 2018, con vendite cresciute del 12,4% rispetto al precedente esercizio. Per quanto riguarda l’Italia, si parla di un aumento di oltre il 19% per l’intero 2018. Conferma questo dato, che è tra i più alti tra le varie marche dell’Automotive nel nostro Paese? Quali sono i fattori che hanno determinato incrementi così forti e quali i modelli di Volvo più venduti nel 2018 in Italia? Inoltre può dirci quali sono le attese per il 2019?
Negli ultimi 4 anni, come dice lei, Volvo ha inanellato risultati eccezionali, stabilendo ogni anno un record assoluto di vendite e produzione. Credo sia il risultato meritato del nuovo corso di prodotto e design che è stato capace di innovare moltissimo nel totale rispetto della tradizione Volvo. Un percorso difficile che ha premiato la qualità. In Italia non potevamo non beneficiare di tutto questo, le nuove XC40, XC60 si sono rivelate secondo quanto attendavamo, vetture di grandissimo successo. Le sfide dal 2019 in avanti Volvo le ha già annunciate, dopo avere rivoluzionato la gamma prodotti, siamo ora tutti impegnati nel prossimo step: connettività, elettrificazione e massima sicurezza ancora più spinta grazie ai sistemi di automazione della guida.

Nel 2018 le vendite Volvo hanno registrato una crescita particolarmente forte (+20,6%) negli Stati Uniti. In questo contesto, che impatto pensa potrà avere per Volvo la politica dell’aumento dei dazi varata nel settore automobilistico da parte delle Autorità degli States?
Volvo Car Group ha impianti produttivi in tutti i continenti, dall’Europa alla Cina agli Stati Uniti, dove per altro la decisione di produrre era stata presa ben prima che fossero introdotti i dazi. L’impatto ovviamente ci sarà, anche da un punto di vista logistico; è inevitabile e coinvolgerà tutti i marchi globali, come Volvo, per i quali il mercato degli Stati Uniti rappresenta un pilastro importante. 

Volvo ha lanciato con grande forza il modello V90, anche nella versione ‘Cross Country’. Un modello che rappresenta l’undicesimo dei dodici nuovi modelli tracciati nel 2014 per rinnovare la gamma Volvo. Può spiegarci in breve quali sono le caratteristiche peculiari del V90, quali novità introduce e come sta rispondendo il mercato?
La V90 va a collocarsi, insieme alla versione Cross Country, nel solco di prodotto che Volvo ha inventato tantissimi anni fa, le grandi SW. In questo senso si tratta naturalmente di un prodotto unico sul mercato con tutte quelle caratteristiche di spazio, di guida, sicurezza, tecnologia e stile che solo oggi Volvo può collezionare in una sola vettura. In Italia questo segmento non è più un segmento in espansione, ma come detto prima stiamo parlando di un brand globale che produce vetture per tutti i continenti.

Lei ha parlato, riferendosi all’Automotive, di una fase di transizione senza precedenti. In tale quadro ha preso posizioni un po’ fuori dal coro per quanto concerne la crociata anti diesel in atto in tutto il mondo sviluppato e anche in Italia. Ha affermato tra l’altro che ci sono modelli diesel ibridi la cui produzione di CO2 è pari a quella emessa da un ciclista sotto sforzo. Insomma dottor Crisci, il diesel è morto, moribondo o vede ancora un suo ruolo in questa fase di transizione?
Ho detto solo la verità. Dati confermati da Istituti scientifici di altissimo livello come il nostro CNR. La CO2 non è un inquinante, ma un clima alterante. Tutto emette CO2 e oggi ci sono motori ibridi plug-in di ultima generazione in grado di emetterne in condizioni ideali meno di un ciclista. Capisco che il paragone infastidisca, ma è così. Anche i diesel moderni in termini di emissione CO2 sono efficientissimi, così come i veri inquinanti emessi dai diesel, nox etc etc…..sono ormai ridottissimi. Il problema è il parco circolante anziano in Italia, non le vetture di ultima generazione. poi è chiaro che andremo tutti verso l’elettrico, dobbiamo essere in grado di gestire tutti la transizione con intelligenza, strategia e competenza, i manifesti non servono.

Come gestirebbe, se dipendesse da lei, la politica dei blocchi delle auto diesel che sta attuando un numero sempre più ampio di comuni italiani? In altre parole, quali soglie imporrebbe? Pensa che ci siano alcune esagerazioni in questi blocchi?
I blocchi hanno impatti ridottissimi e di bassissima durata nel tempo. Non parliamo poi di quelle amministrazioni che bloccano gli Euro 6 di ultima generazione. Qui purtroppo parliamo di gap di competenze preoccupanti. La mobilità, oltre che un diritto, è uno dei motori dell’economia, anche e soprattutto a livello locale. Anche qui si tratta di avere una strategia che non sia solo bloccare le auto per uno o due giorni, ma pensare alla scorrevolezza della viabilità, alle infrastrutture, a come rinforzare quando è il caso i trasporti pubblici e come soprattutto arrivare a sostituire questo parco di vetture anziane.

Lei è anche presidente dell’Unrae, l’Unione nazionale rappresentanti veicoli esteri. In tale veste ha affermato che “concetti come la mobilità, la sostenibilità, l’elettrificazione e la guida autonoma stanno per diventare fondamentali. Ovviamente tutto questo crea un certo sbandamento nel pubblico. Noi produttori, insieme alle istituzioni, dobbiamo assumerci un ruolo di guida. In questo senso sto lavorando molto anche come Unrae, l’Associazione delle case automobilistiche estere che ho l’onore di presiedere”. Quali sono le direttrici di questo lavoro e quali risultati concreti ha prodotto?
E’ un lavoro, per come lo intendo io di cucitura tra le diverse associazioni di settore, di sensibilizzazione e formazione delle istituzioni e del pubblico per arrivare ad un piano strategico nazionale di transizione verso la mobilità sostenibile, elettrica, condivisa, connessa e autonoma. Sono contento di quanto abbiamo fatto in questo senso.

Tornando alla domanda precedente, si parla tanto di auto elettrica. Però l’Italia è indietro nell’infrastrutturazione necessaria per far decollare l’auto elettrica. Per non parlare della guida autonoma, che si può sviluppare se c’è, appunto, un’adeguata infrastrutturazione che ne permetta di esprimere le potenzialità. La domanda è: quanto siamo indietro su tali fronti, al momento, rispetto alla media degli altri Paesi sviluppati?
Siamo i penultimi in Europa! Il gap è enorme. Senza infrastrutture il mercato dell’elettrico e dell’ibrido plug-in non si svilupperà mai. Credo che quanto inserito nell’ultima Legge di Bilancio, circa la defiscalizzazione degli impianti di ricarica, sia una direzione che, seppur totalmente embrionale, vada accolta con soddisfazione. Questo per esempio è un risultato concreto che abbiamo raggiunto lavorando come dal punto sopra.

Lei insiste sul fatto che questa fase di transizione dell’Automotive, quindi del passaggio ad auto più innovative e con minore impatto ambientale, ha bisogno di essere incentivata. Può fare qualche esempio di incentivi che sarebbero opportuni? Anche su questo fronte cosa si sta facendo in altri Paesi sviluppati?
Volere tutto e subito è molto italiano, ma spesso porta a non avere niente. L’obiettivo è l’auto elettrica connessa e autonoma. In mezzo ci sta la transizione fatta di motori Euro 6 che sono infinitamente meno inquinanti del parco circolante anziano Euro 3,2,1,0 la cui sostituzione va premiata anche a fronte di un acquisto di Euro 6 anche usato. In mezzo ci stanno le infrastrutture, da quelle basiche per la viabilità a quelle per la ricarica. Il punto è che finchè continuiamo a rimandare il disegno di un piano strategico nazionale non arriveremo per magia all’obiettivo.

Volvo è anche sinonimo di sicurezza. È stata la prima casa automobilistica a introdurre le cinture di sicurezza, regalandole. E ha introdotto il seggiolino anti abbandono, che poi in realtà non riguarda solo i bambini perché rileva la presenza di battito cardiaco nell’autovettura e quindi ha una portata più ampia, compresi gli animali. Quali sono le ultime novità Volvo in materia di sicurezza?
Anni fa abbiamo chiaramente enunciato il nostro obiettivo per la sicurezza, da sempre bandiera di Volvo. Eliminare i decessi, i feriti gravi e quindi gli incidenti causati da Volvo entro il 2020. Oltre agli equipaggiamenti che lei ha giustamente citato, ce ne sono un centinaio che Volvo ha introdotto e che oggi, finalmente, fanno parte standard dell’offerta di tutti i marchi presenti sul mercato. Credo sia questo il più grande regalo che Volvo ha fatto e continua a fare al mondo. E così sarà anche in futuro.

Come immagina un’auto Volvo tra dieci anni? E a suo parere dieci anni basteranno a completare la fase di transizione che, come lei afferma, non ha precedenti?
Devono bastare, se no rischiamo di danneggiare irrimediabilmente il nostro futuro.
Immagino una Volvo che ci viene a prendere e ci porta dove vogliamo, di giorno e di notte, in totale sicurezza e che magari se abbiamo fretta arriva anche a decollare (non è uno scherzo).
Ma la immagino anche in grado di essere guidata da me, se lo desidero e sempre in sicurezza assoluta, per andare dove voglio con le persone che amo. Come oggi. Il progresso ha un senso se ci regala più tempo da spendere con chi e come vogliamo, differentemente non ci interessa.

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