Unilever è una delle principali aziende di beni di consumo (nei mercati Food, Refreshment, Home Care, Beauty & Personal Care) a livello mondiale, con un portafoglio di circa 400 brand in oltre 190 paesi. Ogni giorno 2,5 miliardi di persone usano i vostri prodotti. Quali sono nello specifico i legami tra Unilever e Paese Italia, dove vantate marchi italiani di primissimo piano? Prevedete ulteriori acquisizioni nel nostro Paese nel 2019, dopo quella del 75% di Equilibra? E dopo quasi un anno dall’inizio della sua missione in Italia, può fare un primo, provvisorio bilancio?
“Abbiamo un legame molto forte con l’Italia e, in particolare, con tutti i territori in cui operiamo. Questo perché crediamo fermamente che l’azienda debba fare qualcosa per portare un miglioramento nella società, attraverso se stessa e i suoi brand. Ci chiediamo ogni giorno: Come può essere migliore l’Italia grazie a Unilever? Cosa possiamo fare per migliorare la vita delle persone e delle comunità? Per questo, in questi primi mesi le due priorità dell’azienda sono state le persone e i brand: le nostre azioni di business, i nostri piani, cercano di rispondere ai bisogni delle persone e lo fanno soprattutto attraverso brand che hanno uno specifico purpose e promuovono azioni concrete utili a livello sociale.”
Può parlarci della sua esperienza in Giappone? In quale modo l’ha arricchita e cosa di essa ha portato nella missione in Italia come Presidente di Unilever Italia?
“Quattro anni nel Sol Levante sono stati importanti. Tra le principali innovazioni introdotte in Unilever Giappone quando ero Vice Presidente c’è lo smart working che ha rivoluzionato significativamente la tradizionale impostazione del lavoro. Una grande sfida che sono stato chiamato ad affrontare è stata inoltre equilibrare, per quanto possibile, la “gender diversity”, perché il Giappone è al 144° posto della classifica OCSE su 186 nazioni per quanto riguarda la condizione della donna: la media delle donne manager è molto bassa, al 9%, e le neomamme tendono a lasciare il lavoro. Per questo, delle prime 30 persone che ho selezionato, 26 erano donne. Il Giappone mi ha insegnato tanto altro che mi ha dato l’energia per affrontare oggi la grande sfida italiana. Essere tornato in Italia per me significa molto, l’ho fatto di mia spontanea volontà: volevo tornare in Italia per far crescere questa company e soprattutto per portare più Unilever in Italia e più Italia in Unilever.”
Unilever ha l’obiettivo di “far stare bene e migliorare la propria vita”. L’Unilever Sustainable Living Plan (USLP), piano per la crescita sostenibile dell’azienda lanciato nel 2010, definisce tre macro-obiettivi: aiutare più di 1 miliardo di persone a migliorare le loro condizioni di salute e il loro benessere entro il 2020; dimezzare l’impatto ambientale dei vostri prodotti entro il 2030; migliorare le condizioni di vita di milioni di persone entro il 2020. Qual è l’attuale stato di attuazione di questo Piano dagli obiettivi così importanti? Può fare qualche esempio di specifiche misure in cui si declina?
“A nove anni dal lancio dell’USLP abbiamo raggiunto l’80% degli obiettivi. Per citare solo alcuni esempi dei risultati registrati alla fine del 2017: abbiamo aiutato circa 600 milioni di persone a migliorare la propria salute e igiene; 109 dei nostri siti produttivi in 36 Paesi utilizzano energia elettrica al 100% rinnovabile; il 56% delle nostre materie prime agricole sono state approvvigionate in modo sostenibile; circa 716.000 piccoli agricoltori hanno avuto la possibilità di accedere a iniziative per migliorare le proprie pratiche agricole o aumentare i loro redditi. Sono grandi risultati, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare. Sono convinto che lo sviluppo sostenibile sia un lavoro comune tra istituzioni e aziende, ma le aziende devono giocare il ruolo più importante. Ogni giorno entriamo nelle case di 2,5 miliardi di consumatori ed è nostra responsabilità fare crescita sostenibile per contribuire ad un mondo migliore.”
La sostenibilità a tutto tondo rappresenta una ‘mission’ di Unilever che ha importanti ritorni anche in chiave economica. È vero che i brand sostenibili dell’azienda crescono del 50% più velocemente rispetto agli altri marchi e rappresentano circa il 60% della crescita registrata da Unilever?
“Certamente, i nostri 26 Sustainable Living Brands, i marchi che hanno un chiaro impegno sulle questioni sociali o ambientali e contribuiscono agli obiettivi dello USLP, crescono più velocemente rispetto alla media dei marchi Unilever. Nel 2017 hanno rappresentato il 70% della crescita del fatturato dell’azienda a livello globale. Ciò significa che la sostenibilità non solo riduce i rischi e i costi, ma stimola anche la crescita e la fiducia dei nostri consumatori. Unilever si è classificata per più anni, anche nel 2018, al primo posto del Dow Jones Sustainability Index nella sua categoria di riferimento. Inoltre, il FTSE4Good Index ha assegnato all’azienda il punteggio più alto nella categoria Ambiente e Unilever guida da sette anni il ranking Global Corporate Sustainability Leaders, come dimostra la ricerca condotta ogni anno da GlobeScan/SustainAbility. Si tratta di importanti riconoscimenti che mettono in luce il nostro impegno a raggiungere obiettivi concreti da anni.”
Lei è noto per molte cose, ma due brillano in particolare. La sua attenzione per la ‘gender diversity’, sia in Giappone che qui in Italia, e la sua teoria del ‘Work anytime anywhere’. Il loro significato è evidente, ma si intuisce che nella versione che ne dà lei assumano una profondità tutta particolare, una visione della vita e del mondo, un habitat mentale e culturale. Ce ne può parlare? Quanto hanno a che fare con il fatto che in 44 Paesi siete stati nominati “il datore di lavoro più desiderato”?
“In Unilever ci impegniamo ad assicurare il benessere di tutte le persone che lavorano con noi ogni giorno cercando di promuovere iniziative che spingono i dipendenti a prendersi cura di sé e del mondo in cui viviamo. Il mio motto è proprio “Work anytime anywhere”: non importa il quanto e il dove, ma il come. Mi sono impegnato a sostenere iniziative concrete come favorire le promozioni delle donne durante la maternità e dare loro la certezza di ritrovare il proprio posto di lavoro quando tornano, migliorando al contempo il loro work life balance con servizi di lavanderia, parrucchiere, palestra, sale dedicate alle mamme. Questo perché crediamo che le persone siano l’aspetto più importante del nostro business. Un business non può essere grande senza grandi persone”.
In che termini oggi la sostenibilità spinge l’innovazione? Può spiegarci l’intreccio di questi due elementi in particolare in Unilever, visto che investite più di 1 miliardo di euro l’anno in ricerca?
“Oggi le multinazionali devono essere in grado di guardare a tutte le fasce di consumatori e capire quali mezzi e tecnologie utilizzare per comprendere le loro scelte ed esigenze. L’innovazione è dunque un elemento fondamentale per un’Italia che vuole essere basata sul futuro e promuovere una crescita sostenibile sapendo interpretare il mercato secondo le nuove tendenze. Per essere sempre più al servizio della sostenibilità, l’innovazione si traduce nelle azioni concrete dell’azienda e dei suoi brand, come ad esempio la tecnologia che permette di avere un building a energia al 100% rinnovabile o che consente di creare nuovi pack più eco-friendly.”
Il 58% del fatturato Unilever deriva dai Paesi emergenti, a dimostrazione di una presenza davvero capillare in tutto il mondo. Quali sono gli obiettivi di breve-medio termine che Unilever si pone in questi Paesi in termini di miglioramento della qualità della vita? Quale a suo parere le emergenze da affrontare con maggiore decisione?
“Attraverso il nostro business ci impegniamo ogni giorno ad avere un impatto sociale positivo. Nei mercati emergenti ciò significa contribuire a migliorare le condizioni di vita delle persone e delle comunità che operano nella nostra catena di valore: piccoli agricoltori, distributori e rivenditori, molti dei quali sono donne. In questo senso, cerchiamo di sensibilizzare i nostri consumatori alle più importanti questioni sociali attraverso la forza dei nostri brand.”
Nel 1890 Unilever lanciò una semplice saponetta che aiutava a diffondere la pulizia nell’Inghilterra vittoriana. Fu un successo straordinario. Lei lavora nel Gruppo da oltre 20 anni. Può testimoniare che lo spirito è rimasto quello di allora? Ed eventualmente, in cosa è cambiato?
“Negli ultimi anni abbiamo sviluppato tanti brand che aspirano a cambiare il mondo. Come 120 anni fa, oggi continuiamo ad essere promotori e pionieri del cambiamento, consapevoli che possiamo e dobbiamo fare sempre qualcosa di nuovo per rispondere alle sfide di un mondo in continua evoluzione al fine di contribuire realmente ad un futuro sostenibile. Per questo oggi i nostri brand hanno un purpose ben chiaro. Uno degli esempi più noti è Mentadent, che da 38 anni contribuisce a migliorare la salute orale delle persone diffondendo la cultura della prevenzione insieme ad ANDI”.
Immagini il mondo tra 20 anni. Come lo vorrebbe, guardandolo dal punto di vista di Unilever? E davvero un mondo più sostenibile è anche un mondo più gentile?
“I valori in cui credo di più e che insegno anche alle mie figlie sono l’onestà, l’impegno, ma soprattutto il rispetto per gli altri. Voglio che l’azienda che rappresento sia un esempio in Italia di questi valori, oggi e sempre di più nel futuro”.