Giulio Centemero: "Il DdL Capitali e la Legge Fintech pietre miliari per rilanciare il mercato finanziario in Italia"

- di: Redazione
 

L’importanza di recuperare rapidamente terreno sul fronte dell’educazione finanziaria dei cittadini italiani, l’introduzione dell’educazione finanziaria come programma nelle scuole al pari dell’educazione civica, le misure più rilevanti della “rivoluzione” che porta il Ddl Capitali, che dovrebbe diventare legge entro l’anno, la questione dell’aumento del voto plurimo nelle società quotate, quanto e su quali punti il Ddl Capitali, con i cambiamenti subito nel cammino parlamentare, si discosta dal Libro Verde “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, promosso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, la valutazione sul decreto legge Fintech. Intervista all’On. Giulio Centemero, Deputato della Repubblica, membro della Commissione Finanze della Camera dei deputati.

Giulio Centemero: "Il DdL Capitali e la Legge Fintech pietre miliari per rilanciare il mercato finanziario in Italia"

L’Italia nel secondo dopoguerra è stato un Paese con i mercati finanziari molto piccoli (e quindi anche facilmente manipolabili) e di tarda introduzione di organi di controllo (l’istituzione della Consob arriva solo nel 1973) e delle Authority. Non stupisce, alla luce di ciò, che il nostro Paese sia anche molto indietro in termini di educazione finanziaria dei propri cittadini. Perché l’educazione finanziaria è invece diventata sempre più importante e quali sono i primi risultati della mobilitazione che da qualche anno c’è in Italia su questo fronte?

Al giorno d’oggi navigare nel complesso ambiente dei mercati e della finanza può presentarsi come un’ardua impresa se non si hanno le giuste competenze e conoscenze, eppure è sempre più un’abilità essenziale da acquisire per poter gestire i propri risparmi e aumentarne i profitti. Risparmi che possono trasformarsi in risorse per l’economia reale in un circolo virtuoso che porta giovamento anche, e non solo, a livello occupazionale. L’educazione finanziaria è necessaria proprio per ottenere le conoscenze necessarie a orientarsi in questo mondo e a poter distinguere l’investimento dalla scommessa. Il primo risultato della mobilitazione già avvenuta rispetto all’educazione finanziaria è una maggior consapevolezza dei temi ad essa legati in alcune categorie della popolazione, soprattutto tra gli imprenditori.

Lei ha insistito molto perché l’educazione finanziaria diventasse programma nelle scuole al pari dell’educazione civica. Sembra che, finalmente, con il Ddl Capitali ciò diventerà realtà. È così?

Sì, tra gli obiettivi del ddl capitali vi è quello di rafforzare l’educazione finanziaria attraverso l’introduzione di misure che delineino questo percorso nel cuore del nostro sistema educativo. Con l’articolo 21, infatti, si stabilisce la collaborazione tra istituzioni e associazioni per divulgare nelle scuole non solo una cultura della finanza, ma insegnare la vera e propria gestione di un personale portfolio. Questa legge vuole essere l’incipit per un vero cambiamento culturale, rendendo il mercato una realtà aperta a tutti, sviluppando un approccio di accessibilità collettiva ed universale.

Il Ddl Capitali dovrebbe diventare legge entro l’anno. Quali sono le misure più rilevanti contenute nel Ddl, tali da giustificare il termine, usati da molti, di “rivoluzione” per i mercati finanziari”?

Confermo, entro l’anno il provvedimento arriverà in porto. Ci sono molte novità: ha già citato l’educazione finanziaria, aggiungo che la dematerializzazione delle quote di Srl avrà un grande impatto nel ciclo del equity e nel exit delle startup dalle piattaforme di crowdfunding, ma la più recente novità è l’emendamento governativo che di fatto porta a una vera e propria riforma di tutto il TUF (Testo Unico sulla Finanza, ndr).

Una delle questioni più dibattute del Ddl capitali è l’aumento del voto plurimo nelle società quotate, aumentando il limite massimo di voti per azione da tre a dieci. Come vede tale questione? È stato raggiunto un accordo?

Questa è una parte fondamentale, anche perché l’assenza della possibilità da lei menzionata ha spinto alcune società a preferire altre geografie rispetto all’Italia. Tale norma viene delegata al governo dall’emendamento citato alla risposta precedente.

Nei vari passaggi parlamentari il Ddl ha subito modifiche rispetto al testo che era stato approvato dal Consiglio dei ministri il 12 aprile scorso. Quanto e su quali argomenti, considerando le modifiche già attuate e quelle in corso di discussione, il Ddl si discosterà da quanto emerso nel Libro Verde “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, promosso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze?

Presto per dirlo, gli emendamenti ancora devono essere posti in votazione, ma di sicuro i temi di governance e del voto plurimo sono quelli che maggiormente vedranno un’evoluzione rispetto al Libro Verde.

Un altro passo importante per l’evoluzione del settore finanziario in Italia, poiché favorisce l’innovazione e la digitalizzazione dei mercati finanziari, agevolando l’accesso al credito per le imprese e gli investitori, è stato certamente il Decreto legge Fintech, convertito in legge il 16 maggio scorso. Qual è la sua valutazione su tale normativa e come si collega al Ddl Capitali?

La mia è una valutazione certamente positiva. La Lega lavora da anni sui temi relativi ai digital assets e ai security token. Già dalla scorsa legislatura è stato avviato un dialogo, soprattutto mediante lo strumento del sindacato ispettivo, che ha rappresentato in più di un’occasione uno stimolo all’attività del Governo. Si pensi, ad esempio, ai question time in materia rispettivamente di custodia delle criptovalute (interrogazione a risposta in commissione 5-07701, 14 marzo 2022) e di regolamentazione dei security token (interrogazione a risposta immediata in commissione 5-06930, 26 ottobre 2021). In quest’ultimo caso, in particolare, è stato stimolato un utile dibattito sulla possibilità di stabilire anche sul mercato italiano le infrastrutture e gli attori del nuovo mondo della finanza digitale (exchanges e wallet providers). In sede di risposta da parte dell’allora Ministro dell’economia e delle finanze, Franco, infatti, emerse l’avvio di un tavolo tecnico con le autorità di vigilanza e alcuni stakeholders per valutare il perimetro di un eventuale intervento regolamentare per l’emissione e circolazione di titoli in forma digitale. Tale attività ha portato, grazie all’attuale impegno della Lega al Governo, proprio all’emanazione e all’approvazione del decreto Fintech. Inoltre, nel Decreto Crescita del 2019, di cui ero relatore, con un emendamento della Lega venne creato il regulatory Sandbox per Fintech e Insurtech (ora alla seconda finestra), uno strumento che con la prima finestra ha consentito a diverse startup e società più mature di rimanere in Italia a realizzare i propri progetti, arrestando il flusso in uscita dall’Italia verso geografie con norme e fondi che consentono un più facile e rapido sviluppo degli stessi. Questo direi che è il primo punto in comune con il Ddl Capitali, ovvero evitare la fuga delle nostre aziende all’estero. Con il decreto Fintech si crea un nuovo regime di emissione e circolazione di alcuni strumenti finanziari, tra cui titoli di debito e azioni, creando un nuovo mercato, una nuova possibilità di finanziamento per le nostre imprese e nuovi posti di lavoro. E questo è il secondo punto di contatto con il Ddl Capitali: la dematerializzazione degli strumenti e il potenziamento dei mercati secondari.

Nel suo Discorso annuale al mercato finanziario, il Presidente della Consob, prof. Paolo Savona, ha indicato tra le priorità il cambiamento della tassazione sul risparmio e il rafforzamento della Borsa. È d’accordo?

Assolutamente. E ci aggiungo l’abrogazione della Tobin Tax e dell’unicità dei Pir.

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