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L’Indagine / Insegnanti di sostegno in Italia: crescita record, ma formazione carente

- di: Marta Giannoni
 
L’Indagine / Insegnanti di sostegno in Italia: crescita record, ma formazione carente
Negli ultimi anni il numero degli insegnanti di sostegno (IdS) in Italia è cresciuto in modo esponenziale, fino a rappresentare quasi un quarto dell’intero corpo docente. Un dato che, se da un lato testimonia l’attenzione dedicata all’inclusione scolastica, dall’altro solleva interrogativi sulla qualità del sistema: quasi il 30% degli IdS non ha seguito corsi di specializzazione e il 59% opera con contratti a tempo determinato. Secondo Carlo Cottarelli e Gianmaria Olmastroni dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI), questo squilibrio rischia di compromettere l’efficacia dell’insegnamento e la continuità didattica per gli studenti con disabilità.
Cottarelli (nella foto) è un economista di fama internazionale, ex direttore del Dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale (FMI), già commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica in Italia e, più recentemente, senatore della Repubblica. Oggi dirige l’Osservatorio CPI, un centro di ricerca indipendente che analizza la sostenibilità della finanza pubblica italiana.
Olmastroni, Junior Economist presso l’Osservatorio, si occupa di analisi delle politiche economiche e finanziarie, con particolare attenzione all’efficienza della spesa pubblica. Insieme, i due esperti hanno studiato nel dettaglio l’evoluzione del sistema degli IdS, evidenziando i punti critici e le possibili soluzioni.
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Un aumento senza precedenti
L’espansione del numero di IdS è stata resa possibile da una deroga alla norma standard, che prevede un insegnante di sostegno ogni due studenti con disabilità. “Attualmente, la media nazionale è di 0,7 IdS per studente, con forti differenze tra le regioni” spiegano Cottarelli e Olmastroni. “In Molise il rapporto è di un IdS per studente, mentre in Veneto scende a 0,5”.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio CPI, le regioni del Sud e del Centro tendono ad avere un numero più alto di insegnanti di sostegno rispetto al Nord. Questo divario potrebbe essere legato a fattori demografici, alla diversa organizzazione scolastica o alla maggiore disponibilità di deroghe concesse nelle regioni meridionali.
L’Italia, inoltre, si distingue a livello internazionale per l’elevato numero di IdS. In Portogallo, ad esempio, un insegnante dedicato all’inclusione segue in media 13 studenti con disabilità, un dato che sottolinea la peculiarità del modello italiano.
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Il problema della precarietà
L’aumento degli IdS non ha portato con sé una maggiore stabilità lavorativa. Al contrario, la percentuale di docenti a tempo determinato è molto più alta rispetto agli insegnanti di posto comune. “Il 59% degli insegnanti di sostegno lavora con contratti a tempo determinato, contro il 14,5% dei docenti di posto comune” evidenziano i due economisti.
Questa precarietà ha conseguenze dirette sulla qualità dell’inclusione scolastica. “Quasi sei studenti su dieci cambiano insegnante di sostegno da un anno all’altro, con evidenti ripercussioni sulla qualità dell’insegnamento e sul rapporto di fiducia che si crea tra studente e docente” sottolinea l'indagine di Cottarelli e Olmastroni. La discontinuità didattica è particolarmente problematica per gli studenti con disabilità, che spesso necessitano di un punto di riferimento stabile per favorire il loro apprendimento e il loro sviluppo personale.
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Formazione insufficiente e difficoltà di accesso ai corsi
Un’altra criticità riguarda la carenza di insegnanti specializzati. Per diventare IdS è necessario completare il Tirocinio Formativo Attivo (TFA), un percorso di nove mesi che combina lezioni teoriche e tirocinio in classe. Tuttavia, molti docenti accedono alla professione senza questa formazione: “Quasi il 30% degli insegnanti di sostegno in Italia non ha completato un percorso di specializzazione”, rileva l'indagine.
Le cause sono molteplici. “I corsi TFA sono a numero chiuso e spesso i posti disponibili non sono sufficienti a coprire il fabbisogno di insegnanti di sostegno” affermano Cottarelli e Olmastroni. “Inoltre, i costi elevati e la scarsa offerta formativa rappresentano un ostacolo per molti aspiranti docenti”.
Questa carenza di formazione si traduce in una distribuzione disomogenea degli insegnanti specializzati. Il problema è particolarmente evidente al Nord, dove il 41,8% degli IdS non ha completato il TFA e opera senza una preparazione specifica. In queste aree, la necessità di coprire le cattedre porta le scuole ad affidarsi a supplenti senza una formazione adeguata, con conseguenze negative sulla qualità dell’insegnamento.
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Meno insegnanti, ma più qualificati?
L’attuale modello italiano di inclusione scolastica è oggetto di dibattito. Da un lato, l’aumento del numero di IdS ha permesso di garantire un maggiore supporto agli studenti con disabilità; dall’altro, la mancanza di formazione e la precarietà lavorativa ne compromettono l’efficacia.
Secondo Cottarelli e Olmastroni sarebbe preferibile puntare su una maggiore stabilità contrattuale e su una formazione più approfondita, piuttosto che continuare ad aumentare il numero di IdS senza migliorarne la preparazione. “Avere meno insegnanti, ma più qualificati e con contratti stabili, potrebbe garantire un’inclusione scolastica più efficace e duratura”, si afferma nell'indagine.
Un’altra proposta riguarda la possibilità di rivedere il sistema delle deroghe e di razionalizzare le risorse, garantendo che i posti di insegnante di sostegno siano assegnati in modo più efficiente. “È necessario valutare attentamente l’efficacia del sistema attuale prima di introdurre ulteriori modifiche”. “Solo attraverso un’analisi approfondita sarà possibile capire se l’attuale modello italiano sia realmente sostenibile nel lungo periodo o se sia necessario un cambiamento radicale”.
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Il futuro dell’inclusione scolastica in Italia
L’inclusione scolastica è una conquista fondamentale del sistema educativo italiano, ma i numeri attuali suggeriscono che l’efficacia del modello non può essere misurata solo in base alla quantità di IdS impiegati. Il problema della formazione, la precarietà e la discontinuità didattica sono fattori che devono essere affrontati con urgenza per garantire un’inclusione scolastica di qualità.
Il dibattito è aperto: l’Italia continuerà ad aumentare il numero degli IdS o investirà in una loro migliore preparazione? Le scelte che verranno fatte nei prossimi anni determineranno il futuro di migliaia di studenti con disabilità e la capacità del sistema scolastico di rispondere in modo efficace alle loro esigenze.

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