Idee, speranze e (poche) certezze: ecco quel che Giorgia Meloni si porta da Bruxelles

- di: Redazione
 
Cosa si porta indietro, tornando in Italia, Giorgia Meloni del suo breve soggiorno a Bruxelles?
Sgombriamo il campo da interpretazioni di parte per sottolineare presunti trionfi o evidenti fallimenti (chi sono io per giudicare, direbbe papa Francesco?) di una missione che non poteva avere risultati immediati. Eppure delle considerazioni bisogna farle, perché è evidente la rilevanza politica della prima missione ufficiale del presidente del Consiglio fuori dal perimetro amico di Palazzo Chigi.

Cosa si porta Giorgia Meloni da Bruxelles?

La prima cosa che balza agli occhi è che Giorgia Meloni, nel cuore politico dell'Europa comunitaria, ha trovato interlocutori attenti, non tanto per gli argomenti che il presidente del Consiglio ha voluto fossero al centro dei colloqui (con von Der Leyen, Michel e Metzola), ma perché, come giocatori che per la prima volta si trovano, da sconosciuti, intorno ad un tavolo da poker, tutti hanno cercato di cominciare a capirsi.
Non che questo, necessariamente, sfocerà in un discorso positivo, ma era un passaggio necessario per capire cosa sia la ''nuova Italia'' che Giorgia Meloni vuole sia conosciuta a Bruxelles. Ma da questo a dire che l'atteggiamento dell'Italia nei confronti dell'Europa sia radicalmente cambiato ce ne corre.

Perché oggi l'Italia ha bisogno dell'Europa in proporzione maggiore rispetto a quanto l'Ue abbia bisogno di noi.
Questo Giorgia Meloni lo sa benissimo, come altrettanto bene sa che alcuni argomenti, al centro della campagna elettorale, conclusasi con risultati esaltanti, in Europa sono troppo divisivi da essere difesi o, addirittura, cercare di imporli ai partner dell'Ue.
Come, ad esempio, il tema dell'immigrazione clandestina, su cui Meloni, al di là di sorrisi di comprensione, non sembra avere raccolto molto. Perché, alla rappresentazione che il presidente del Consigli ha fatto della drammatica situazione degli arrivi di immigrati sulle nostre coste, con i conseguenti costi che questo comporta (in fondo, insieme alla sicurezza, è questo il problema di fondo) , s'è sentita ripetere la linea ormai consolidata di Bruxelles, che salvare vite in mare è un obbligo morale e legale. Su questo punto, nessuna eccezione: i soccorsi sono previsti, anzi imposti, oltre che dall'umanità, anche dal codice del mare. Ma quel che non sembra Bruxelles voglia intendere è che il problema non sono gli sbarchi ''autonomi'', quanto gli arrivi di migranti a bordo di navi civili, quelli delle Ong straniere.

E non è che i margini per trovare una soluzione che sia innanzitutto condivisa appaiono tanti, perché la risposta del governo tedesco (una delle navi delle Ong che soccorrono in mare batte bandiera della Germania, dove ha anche sede l'organizzazione umanitaria) è stata secca, un no a qualsiasi ipotesi di portarsi a casa propria i clandestini, usando un tono che ha sfiorata l'arroganza. Che è poi la cifra abituale del comportamenti tedeschi in Europa.
Poi i temi energetici, forse il più attuale e pressante, sui quali Meloni ha spiegato la linea italiana, tendenzialmente di ragionevolezza, sulla quale tutti si dovrebbero ritrovare, se non fosse che, da parte di qualche Stato che ha le casse piene, emergano ragionamenti che definire egoistici è quasi un complimento.
Quello di ieri, quali che siano i risultati che abbia avuto, è comunque il primo capitolo di una storia che Meloni spera sia lunga e produttiva, anche se sa benissimo che gli sguardi da Bruxelles, al di là degli incontri ufficiali, saranno spesso sospettosi.
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