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Green Economy: un primato che profuma d’ingegno italiano

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Green Economy: un primato che profuma d’ingegno italiano

Non è una sorpresa, ma fa comunque effetto leggerlo nero su bianco nella Relazione sullo Stato della Green Economy 2025: l’Italia è oggi il Paese con le migliori performance di economia circolare in Europa. Il dato arriva da Rimini, dove si sono aperti gli Stati Generali della Green Economy, l’appuntamento annuale che misura la febbre “verde” del nostro sistema produttivo.

Green Economy: un primato che profuma d’ingegno italiano

E la temperatura, per una volta, è alta ma nel senso buono. Secondo lo studio presentato a Ecomondo, la produttività delle risorse italiane — ossia la capacità di generare valore economico con meno materiali — è cresciuta del 32% tra il 2020 e il 2024, passando da 3,6 a 4,7 euro per ogni chilo di materia consumata. Una crescita doppia rispetto alla media europea.

Dietro a questo balzo, c’è la capacità tutta italiana di reinventarsi: meno sprechi, più riciclo, più creatività industriale. Un’economia che non butta via nulla, che ricuce e ricompone come un sarto di alta moda fa con un tessuto pregiato.

Il Paese che ricicla più di tutti
Altro primato: l’86% del totale dei rifiuti in Italia viene avviato al riciclo, e per gli imballaggi la percentuale resta altissima — 75,6% — un dato che pone l’Italia davanti a Francia, Germania e Spagna.

Non è solo un numero da conferenza stampa, ma una rivoluzione silenziosa che parte dai quartieri, dalle case, dalle imprese. Ogni bottiglia differenziata, ogni cartone piegato bene, ogni tonnellata di rifiuto industriale recuperata ha contribuito a far diventare il Belpaese un gigante del riuso.

A spingere è anche la produttività delle risorse, che non significa lavorare di più, ma lavorare meglio, facendo economia sull’economia. Una forma moderna di arte di arrangiarsi, versione sostenibile.

Quando la circolarità diventa politica economica

Il rapporto lo dice chiaramente: per un Paese che importa il 46,6% dei materiali che utilizza, la transizione circolare non è una moda ma una necessità strategica. Più si ricicla, meno si dipende dagli altri. Meno si consuma, più si è forti.

Dietro questo equilibrio c’è un’Italia che, pur tra mille contraddizioni, sta imparando a trasformare i rifiuti in opportunità, le scorie in materie prime seconde, i limiti in leve per l’innovazione.

Le aziende italiane che si sono convertite alla logica circolare hanno scoperto che sostenibilità fa rima con competitività. E non si parla solo di green marketing: si parla di filiera produttiva, di export, di posti di lavoro.

Ma attenzione: il caso plastica

C’è però una nota dolente, che il documento non nasconde. Il mercato delle Materie Prime Seconde (MPS), e in particolare quello della plastica riciclata, sta affrontando una crisi pesante.

La domanda si è ridotta, i prezzi sono crollati, e il materiale vergine — paradossalmente più economico — torna a essere preferito da molte industrie. Una spirale che rischia di scoraggiare la raccolta differenziata e di fermare gli impianti di riciclo.

È il classico caso in cui la sostenibilità ambientale deve trovare un equilibrio con quella economica. Se il sistema non si regge da solo, le buone pratiche si afflosciano come una lattina nel compattatore.

Gli esperti invitano quindi a politiche di sostegno mirate: incentivi per chi utilizza plastica riciclata, regole chiare per il mercato e, soprattutto, una strategia europea coordinata che eviti il dumping dei materiali vergini provenienti dall’estero.

L’Italia come laboratorio d’Europa

In mezzo a questo scenario, resta il fatto che l’Italia è un laboratorio avanzato di economia circolare. Non solo nei numeri, ma nel modo di pensare la produzione. Dalla moda al design, dall’agroalimentare all’edilizia, sempre più imprese stanno adottando modelli di eco-design, recupero e rigenerazione.

La Green Economy non è più un tema da convegno, ma una parte strutturale dell’economia reale. Le università e i centri di ricerca stanno formando figure nuove — esperti in sostenibilità, ingegneri ambientali, designer dei materiali circolari — mentre i territori più virtuosi diventano distretti dell’innovazione verde.

Rimini, dove il rapporto è stato presentato, è un simbolo di questa svolta: la città del turismo e delle fiere che si trasforma in capitale del futuro sostenibile, dove le idee vengono riciclate come i materiali.

Un futuro che si rigenera
In fondo, il segreto del successo italiano sta in una parola antica: ingegno. L’arte di arrangiarsi, ma in chiave moderna. Non più sopravvivenza, ma intelligenza del riuso.

La vera sfida, ora, sarà trasformare questo primato in sistema, stabilizzare i mercati, aiutare le imprese più piccole ad adottare processi circolari, e spingere la politica a non lasciare indietro nessuno.

Perché l’economia circolare non è solo una questione di cifre o di percentuali: è una filosofia del vivere, un modo di ripensare il rapporto tra produzione e ambiente, tra consumo e rispetto.

E l’Italia, che da sempre sa creare bellezza anche dalle rovine, sembra pronta — almeno per una volta — a guidare l’Europa nella direzione giusta: quella di un’economia che non spreca, ma si rigenera.

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