Governo: il peso delle parole

- di: Redazione
 
Anche in politica, dove spesso si affermano o si negano cose a seconda se spiri lo scirocco o la tramontana, ovvero senza alcun aggancio con la realtà dei fatti, le parole hanno un peso perché si prestano ad interpretazioni che alla fine possono avere un grande peso. Per questo l'aggettivo - ''preoccupato'' - che Matteo Salvini ha scelto per descrivere il suo stato d'animo davanti alle notizie relative all'evasione di sette ragazzi dal carcere per minori ''Beccaria'' di Milano dice molto di più di quel che possa apparire, ad una analisi troppo veloce.
Forse, a spingerlo a prendere posizione sulla vicenda - perché è di questo che parliamo, non dell'esplicitazione di un semplice momento emotivo -, c'è stata anche la rapina subita dal figlio diciannovenne a Milano (lo smartphone che gli era stato strappato con la forza e poi restituito da un commerciante egiziano...), risolta comunque senza grandi problemi, se non di paura.

Governo: il peso delle parole

Ma il Salvini - padre non può sovrapporsi al Salvini - ministro. Per questo quel ''preoccupato'' merita di essere decrittato. Perché, anche senza fare nomi e cognomi, il segretario della Lega è entrato a gamba tesa sulle competenze di un altro ministro, il guardasigilli Carlo Nordio, espressione di Fratelli d'Italia. Regole non scritte impongono che simili giudizi, a meno che non preludano all'apertura di una crisi, rimangano circoscritte alle dinamiche interne al governo e non vengano, invece, portate fuori. Cosa che Salvini ha fatto e, visto il peso che ha dentro l'esecutivo (è vicepremier), probabilmente con la consapevolezza delle conseguenze.

Quindi, senza parlare di un vero e proprio attacco, quello che Salvini ha fatto è stata una ingerenza nell'attività di un altro ministro, che peraltro, come lui, si è insediato da così poco tempo da non potere essere certo ritenuto responsabile di una sottovalutazione del problema - l'edilizia carceraria e, in generale, l'organizzazione penitenziaria - vecchia di decenni, senza distinzione del colore dei governi.
Oppure, a volere dare una interpretazione alternativa, Salvini ha mostrato di definire le proprie pertinenze, in materia di deleghe, in maniera estensiva, pensando che, pur occupandosi lui di infrastrutture, può dire la sua anche in campi che non gli sono direttamente stati riconosciuti. E forse è il caso di valutare la tempistica di un'altra presa di posizione in materia di Giustizia, quella di Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, espresso il plauso per le prime mosse del governo, ora reclama una riforma della Giustizia nella direzione a lui più gradita. Nulla impedisce di pensare ad un caso, ma il fatto che l'operato, di oggi e di domani, di un ministro espressione di Fratelli d'Italia, sia oggetto di valutazioni di esponenti di Lega e Forza Italia un minimo di dietrologia lo provoca.

Forse, sempre che Giorgia Meloni abbia fatto le nostre stesse considerazioni, il pensiero di Matteo Salvini, per come è stato reso manifesto, certo non ha fatto piacere al presidente del Consiglio, alle prese con problemucci da nulla (come il tormentato iter della manovra, da oggi al Senato, di cui, temiamo, qualcuno alla fine pagherà le conseguenze di approssimazione e anche superficialità). Da primo ministro, Meloni deve sempre fare mostra di equilibrio e senso pratico e quindi non si farà mai passare per la testa di mettere la mordacchia a ministri, viceministri e sottosegretari ai quali forse la poltrona ha dato alla testa, facendo perdere quella prudenza che in momento impone.
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