Governo: Draghi incontra i sindacati per disinnescare i Cinque Stelle

- di: Redazione
 
Come l'Araba Fenice, Silvio Berlusconi riesce sempre a rinascere dalle proprie ceneri. Ma questa volta non lo fa per capacità personali, ma deve ringraziare i Cinque Stelle che, in preda ad una totale confusione che è a un passo dall'essere caos, gli hanno dato la possibilità di tornare al centro della scena politica.
Non che lui abbia fatto chissà cosa (la richiesta di una verifica della maggioranza è il minimo davanti alla schizofrenia grillina), ma ha colto il momento giusto, piazzandola tra l'ennesima ''bravata'' politica dei Cinque Stelle (il ''non voto'') e l'incontro odierno di Mario Draghi con i sindacati che, se dovesse essere appena appena positivo, metterebbe all'angolo Giuseppe Conte, sempre più nel pallone, preda del nihilismo senza un domani di una parte dei suoi.

Il premier Mario Draghi incontra i sindacati per scongiurare la crisi di Governo

Chiedersi e quindi chiedere a Draghi di fare chiarezza sulla reale coesione della maggioranza (che non esiste da tempo, ammettiamolo) è il minimo che ci si potesse aspettare da Berlusconi che percepisce a portata di mano la possibilità di recuperare quella parte dell'elettorato moderato che vedrebbe positivamente il suo ritorno al centro, dopo essere stato strattonato troppo verso destra dai suoi rissosi compagni di viaggio.
Draghi, se dovesse andare ad una conta in consiglio dei ministri, prima che con i segretari dei partiti, non potrebbe che prendere atto della crisi e, quindi, assumere le conseguenti determinazioni che lo porterebbero a salire nuovamente al Colle (come ha fatto ieri, ufficialmente solo per informare Mattarella) ma, questa volta, per spiegare al capo dello Stato che non sussistono più le condizioni per andare avanti, dando concretezza a quel ''ne ho le tasche piene'' detto ad Antonio Tajani.

Ma se oggi l'incontro con i sindacati dovesse risolversi con una intesa, anche di massima, su ulteriori interventi a sostegno del reddito delle famiglie, aggredito dall'inflazione, ecco che una delle mine piazzate da Conte sul cammino del premier verrebbe depotenziata, forse addirittura rimossa, togliendo quindi ai Cinque Stelle uno degli argomenti - la lotta alla spirale dei prezzi da attuare con il sostegno dello Stato - di cui si sta servendo l'ala del partito più manifestamente avversa all'esecutivo. È, per i Cinque Stelle, tutto un problema di calcoli politici e di realismo, cose che non sempre vanno con la stessa velocità.

Il calcolo politico verte sull'opportunità di fare cadere un governo di cui, all'origine, faceva parte come formazione numericamente più forte. Una condizione che oggi non sussiste più, in qualche modo depotenziando i Cinque Stelle che, dopo la scissione, possono anche uscire dalla maggioranza senza per questo determinare la fine dell'esperienza di Draghi. Per il realismo, verrebbe da dire, ripassare più tardi. Basterebbe comunque per i Cinque Stelle chiarirsi al loro interno e, alla fine, prendere finalmente una decisione. Cosa che non fanno e, come un pendolo, vanno da una parte all'altra senza fermarsi, senza fare capire cosa vogliano effettivamente, se fare cadere il governo, se continuare a farne parte o solo uscirne.

Pretendere che arrivino a una decisione dovrebbe essere il minimo, se non stessimo parlando di una formazione politica che sembra avere perso fiducia in sé stessa, dando credito e facendosi condizionare da personaggi che ufficialmente non ne fanno parte, ma che cercano di imporre una linea politica.
E poi c'è Alessandro Di Battista che pontifica, blandisce, bacchetta, dileggia dalla Russia pur non facendo più parte dei Cinque Stelle. Un unicum nel panorama mondiale.
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