François Bayrou, premier francese centrista e leader del MoDem, ha perso la fiducia dell’Assemblée Nationale. La mozione di censura presentata dall’opposizione è stata approvata con 364 voti a favore e soltanto 194 contrari, decretando la fine di un governo che aveva resistito appena otto mesi e ventisei giorni. L’esecutivo era nato il 13 dicembre 2024, dopo la caduta di Michel Barnier, e sembrava aver trovato un fragile equilibrio grazie all’accordo di non sfiducia stretto con Socialisti e Rassemblement National.
Francia, cade il governo Bayrou: l’Assemblée Nationale lo sfiducia
Poco prima del voto, Bayrou ha scelto di presentarsi in aula e assumersi direttamente la responsabilità dell’esito: «Ho voluto questa prova. Il rischio più grande sarebbe stato non correre rischi», ha dichiarato davanti ai deputati, consapevole che i numeri non sarebbero stati dalla sua parte. Una frase che suona come un epitaffio politico per un leader che ha tentato di mediare tra posizioni inconciliabili, ma che alla fine si è trovato isolato.
Le dimissioni a Macron
Domani mattina Bayrou si recherà all’Eliseo per rimettere il mandato nelle mani del presidente Emmanuel Macron. Sarà il capo dello Stato a dover avviare le consultazioni e individuare un nuovo inquilino per Matignon. Le ipotesi spaziano da una figura tecnica in grado di rassicurare i mercati, fino alla possibilità di richiamare un esponente politico con un profilo più spiccatamente riformista. In ogni caso, la caduta di Bayrou rappresenta l’ennesimo segnale di instabilità della Quinta Repubblica.
Il piano di risparmio contestato
Il destino del premier si è giocato soprattutto sul piano di risparmio da 44 miliardi di euro, presentato come misura necessaria per rientrare nei parametri europei. Una proposta che ha scatenato le critiche non solo della sinistra radicale de La France Insoumise, ma anche di Socialisti e Rassemblement National, inizialmente disposti a non ostacolarne l’azione. Con l’avvio del nuovo anno scolastico, queste due forze hanno invertito la rotta, negando il sostegno a un progetto giudicato troppo penalizzante per i ceti popolari e la classe media.
Governi lampo e precedenti storici
La parabola di Bayrou si inserisce in una serie di governi lampo che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Michel Barnier, il suo predecessore, detiene il primato negativo con appena due mesi e trenta giorni di permanenza a Matignon. Gabriel Attal, tra gennaio e agosto 2024, si era fermato a sette mesi e ventisette giorni. Più indietro, Bernard Cazeneuve aveva retto solo cinque mesi nel 2016-2017. Una sequenza che racconta la difficoltà crescente di costruire maggioranze solide in un’Assemblea frammentata.
Il confronto con i governi lunghi
Se gli ultimi esecutivi cadono nel giro di pochi mesi, il confronto con il passato è impietoso. Georges Pompidou rimane il premier più longevo della Quinta Repubblica, con 6 anni, 2 mesi e 26 giorni al potere, dal 1962 al 1968. A ridosso di quel record si collocano François Fillon, quasi cinque anni al governo sotto la presidenza Sarkozy, e Lionel Jospin, anch’egli vicino al traguardo del quinquennio. Oggi simili durate sembrano irraggiungibili, segno di un sistema politico che ha perso la sua stabilità originaria.
Macron di fronte a un bivio
Per Emmanuel Macron si apre ora un bivio delicato. Il presidente può tentare di nominare un nuovo premier, cercando un compromesso tra le forze parlamentari, oppure valutare la via più rischiosa dello scioglimento dell’Assemblea e di nuove elezioni legislative. Qualunque scelta compia, il rischio è quello di alimentare ulteriormente la percezione di una Quinta Repubblica in crisi strutturale, incapace di garantire governi stabili e riforme durature.
Un futuro incerto
La caduta del governo Bayrou non è soltanto un passaggio tecnico nella vita istituzionale francese, ma il simbolo di una fragilità politica che rischia di condizionare anche i prossimi anni. I cittadini francesi guardano con crescente disincanto a un panorama politico in cui le maggioranze nascono e muoiono nel giro di pochi mesi. Resta da capire se il prossimo premier sarà in grado di invertire questa tendenza o se anche lui finirà, come Bayrou, a consumare rapidamente il proprio mandato sotto il peso di una sfiducia annunciata.