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Cedolare secca 2025: conviene ancora? Guida per i piccoli proprietari

- di: Matteo Borrelli
 
Cedolare secca 2025: conviene ancora? Guida per i piccoli proprietari
Aliquote, vantaggi e limiti: tutto quello che c’è da sapere per scegliere tra cedolare secca e regime ordinario nel 2025.
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La cedolare secca resta, ma il 2025 porta novità insidiose
Nel mare agitato della fiscalità immobiliare italiana, la cedolare secca resta un faro per milioni di piccoli proprietari. Introdotta nel 2011 per semplificare la tassazione delle locazioni e incentivare l’emersione del nero, la misura è stata confermata anche per il 2025, ma con alcune modifiche che impongono un’attenta riflessione.
Il governo ha scelto di mantenere le aliquote attuali, ma ha stretto la maglia su affitti brevi e uso speculativo della norma. Nel frattempo, la pressione fiscale sui redditi da locazione in regime ordinario resta elevata, spingendo molti contribuenti a rivalutare attentamente quale strada intraprendere.
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Le tre aliquote in vigore nel 2025
Nel 2025, la cedolare secca si presenta con tre aliquote distinte:
21% per i contratti a canone libero;
10% per i contratti a canone concordato (in comuni ad alta tensione abitativa o per locazioni a studenti universitari fuori sede);
26% per gli affitti brevi, a partire dal secondo immobile locato. Il primo resta tassato al 21%.
Una scelta politica ben precisa, che punta a scoraggiare l’uso sistematico degli affitti brevi come attività imprenditoriale mascherata. Il sottosegretario al Mef Federico Freni (Lega) lo ha detto chiaramente: “La finalità è contenere l'evasione fiscale e garantire maggiore equità nel trattamento tra locatori professionali e non professionali”.
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Il regime ordinario: quando può convenire davvero?
Scegliere la tassazione ordinaria può sembrare controintuitivo, ma in alcuni casi può rivelarsi più vantaggiosa. Nel regime ordinario, il reddito da locazione:
confluisce nel reddito complessivo ed è tassato secondo gli scaglioni IRPEF (23%–43%);
consente la deduzione del 5% forfettario per la manutenzione ordinaria;
permette di detrarre interessi passivi su mutui, spese condominiali, eventuali ristrutturazioni e costi legati all’immobile.
Inoltre, chi utilizza il regime ordinario può aggiornare il canone annuale secondo gli indici ISTAT, diritto precluso a chi opta per la cedolare.
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Cedolare secca: vantaggi pratici ma anche limiti
I principali vantaggi della cedolare secca sono:
Tassazione secca e semplificata, senza sorprese;
Nessun obbligo di versare imposte di registro e di bollo;
Nessun aumento delle addizionali comunali o regionali.
I limiti?
Non si può aggiornare il canone neppure per l’inflazione;
Non si accede a deduzioni o detrazioni;
È incompatibile con la locazione di immobili ad uso diverso dall’abitazione.
In pratica, chi sceglie la cedolare secca scommette sulla stabilità del contratto e sulla convenienza della tassa fissa. Ma chi ha redditi bassi o medi e sostiene spese per manutenzione, mutuo o migliorie, può trarre vantaggi maggiori dal regime ordinario.
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Affitti brevi e stretta fiscale: la nuova soglia del 26%
Il decreto legge n. 145/2023, convertito nella legge n. 191/2023, ha introdotto una novità cruciale: dal 1° gennaio 2024 (con effetto confermato nel 2025), solo il primo immobile dato in locazione breve può beneficiare dell’aliquota del 21%.
Dal secondo in poi si applica una cedolare secca del 26%. E non è finita: se un contribuente destina più di quattro immobili agli affitti brevi, l’attività viene considerata imprenditoriale, con obbligo di apertura di partita IVA, iscrizione alla Camera di commercio e contabilità semplificata o ordinaria.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, questa stretta ha ridotto di oltre il 20% le nuove adesioni alla cedolare secca per affitti brevi nel primo trimestre 2025.
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Casi pratici: quando conviene davvero?
Caso 1 – Proprietario con reddito alto:
Giorgio, pensionato con 40.000 euro di reddito da pensione e 9.000 euro annui di affitto percepito da un immobile a Milano.
→ Con la cedolare secca al 21%, paga 1.890 euro.
→ Con la tassazione ordinaria, entrerebbe nel terzo scaglione IRPEF (35%) e pagherebbe quasi 3.150 euro, senza contare addizionali.
Risultato: cedolare nettamente più vantaggiosa.
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Caso 2 – Locatore con spese di ristrutturazione:
Lucia, impiegata con 20.000 euro di reddito e un appartamento appena ristrutturato a Firenze (spesa: 18.000 euro), affittato con contratto concordato a 500 euro/mese.
→ Con cedolare secca al 10%, paga 600 euro all’anno.
→ Con regime ordinario, può detrarre il 50% delle spese su 10 anni e accedere al bonus ristrutturazioni.
Risultato: nel medio periodo, il regime ordinario conviene di più.
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Caso 3 – Proprietario con tre case affittate brevi a Bologna:
Simone gestisce tre miniappartamenti su Airbnb, con ricavi lordi annui di 36.000 euro.
→ Cedolare secca al 21% sul primo (7.560 euro), al 26% sugli altri due (18.720 euro).
→ Se supera i quattro immobili o se fa accoglienza continuativa, scatterà la partita IVA.
Risultato: cedolare meno conveniente, possibile convenienza nel passaggio all'attività imprenditoriale vera e propria.
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Dichiarazioni e commenti: tra cautela e attesa di riforme
È evidente che la cedolare secca oggi è una misura in chiaroscuro – ha spiegato Valerio Barbantini, dirigente dell’Agenzia delle Entrate, in un intervento al Festival della Fiscalità di Bologna - Per chi ha immobili da mettere a reddito in modo stabile e trasparente, resta conveniente. Ma se l’intento è speculativo, le nuove aliquote la rendono molto meno attrattiva”.
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha invece criticato le nuove limitazioni: “Il governo punisce chi affitta in modo corretto. La cedolare dovrebbe essere estesa, non ostacolata”.
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Serve una bussola personalizzata
La domanda iniziale resta aperta: conviene ancora la cedolare secca nel 2025?
La risposta è sì, ma non sempre e non per tutti. È indispensabile valutare caso per caso, simulare le imposte nei due regimi, tenere conto di detrazioni, spese sostenute e prospettive di aggiornamento del canone.
Nel frattempo, il dibattito politico resta acceso. Si parla già di una riforma complessiva del regime immobiliare entro il 2026, che potrebbe riunificare le aliquote e creare un sistema più flessibile.
Nel frattempo, chi affitta deve fare bene i conti. Perché, in tempi di incertezza fiscale, il miglior investimento resta la consapevolezza.

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