Finanza: gli investitori globali contro la Legge Capitali, nega la democrazia e uccide la competitività

- di: Francesco Di Stefano
 
Era scontato che accadesse. Era solo questione di tempo prima che la grande finanza, quella in cui l'Italia è solo una tessera di un immenso mosaico che processa, quotidianamente, centinaia di miliardi, si ribellasse alle norme che il governo ha adottato in materia di mercato dei capitali, consentendo tra l'altro alle società di fare diventare ordinaria una misura straordinaria, perché adottata durante la pandemia, quella che consentiva e, anche oggi, incredibilmente, consente la tenuta delle assemblee senza la presenza fisica dei piccoli azionisti.

Finanza: gli investitori globali contro la Legge Capitali

Era scontato che qualcuno alzasse il dito per chiedere come mai, passata l'emergenza pandemica, sia stato consentito alle società di convocare le loro assemblee adottando il formato più restrittivo in materia di presenza del piccolo azionariato, cui è stato imposto di tenersi alla larga, affidando domande e critiche ad un delegato, peraltro non sua espressione, ma indicato dal board.

Che non sarebbe il massimo in un’assemblea di un circolo scacchistico (con il massimo rispetto per i cultori di questo sport, che prendiamo solo ad esempio di una ristretta cerchia, per motivi di quoziente di intelligenza), figurarsi in un consesso dove si discute di soldi. Argomento che si presta sempre a mostrare delle crepe.

Forse non era invece scontato che a protestare sia uno dei soggetti più importanti, su scala globale, nel settore della movimentazione di capitali. Parliamo dell'International Corporate Governance Network che, dietro la definizione che dà sul suo sito ("Fondata nel 1995 dagli investitori più influenti al mondo, è una delle principali voci a sostegno degli standard più elevati di governance aziendale e di tutela degli investitori"), cela - si fa per dire - una impressionante capacità economica, dal momento che ne fanno parte gestori patrimoniali con 77 miliardi di dollari di asset.

L'ICGN in agosto ha scritto al sottosegretario al Tesoro Federico Freni, mettendo nero sui bianco le critiche che muove alle norme che, a suo avviso, modificano, sensibilmente e in peggio, i diritti di voto degli azionisti.
Le nuove norme tra l'altro continuano a dare alle società luce verde per tenere le assemblee a porte chiuse, come strumento dell'azione del governo Meloni, che vuole rilanciare il mercato dei capitali e cercare di impedire il delisting delle società dalla Borsa di Milano, dopo che dal 2016 sono stati offerti sostanziosi incentivi fiscali per attirare capitali.

Le regole non sono andate giù a ICGN che chiede al governo di modificarne alcuni aspetti.

A dare maggiore peso alla richiesta c'è anche, ma sarebbe meglio dire soprattutto, il profilo di quelli che fanno parte del network, per alcuni dei quali, come diceva una vecchia pubblicità, basta la parola: Axa Investment Management, Amundi, BlackRock e Franklin Templeton.

Nella missiva a Freni il network definisce le nuove regole come qualcosa che potrebbe mettere a rischio la competitività del mercato italiano, riducendone l'attrattiva per gli investitori istituzionali. Ovvero esattamente il contrario di quanto si sarebbe proposto il governo. Nel mirino delle critiche c'è il meccanismo di nomina dei consigli di amministrazione delle società, che avviene ogni tre anni e che la nuova legge intende snellire, perché quello precedente di fatto cristallizzava la composizione dei CdA. Ora il consiglio uscente deve presentare una lista di candidati non bloccato, ma più larga di in terzo rispetto al numero dei componenti, sostanzialmente per favorire la possibilità di scelta.

Ma, dicono gli investitori, il nuovo meccanismo, ma soprattutto la possibilità di tenere assemblee degli azionisti a porte chiuse, svantaggerebbe gli azionisti stranieri. Per farla breve, la possibilità di tenere le assemblee a porte chiuse, nel periodo del Covid-19, prorogata anche oggi che la pandemia è un ricordo, consente alle società di riproporre un formato che, ammettiamolo, molte società quotate in borsa hanno trovato il sistema più efficiente in termini di costi e di tempo rispetto alle riunioni di persona. Ma, sostiene l'ICGN nella sua lettera, "l'assemblea generale è un meccanismo chiave per garantire la responsabilità" e peraltro, perpetrando la soluzione di tenerla a porte chiuse, come se fosse una caratteristica permanente della corporate governance italiana, "limita in modo significativo la capacità degli azionisti, soprattutto di quelli di minoranza, di interagire con il consiglio di amministrazione e il management (in particolare sulle proposte controverse), di visionare i materiali presentati all'assemblea, di porre domande non moderate e di fare dichiarazioni dalla sala".

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