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La Fed piega a Trump? Taglio tassi atteso: scenari e rischi

- di: Bruno Coletta
 
La Fed piega a Trump? Taglio tassi atteso: scenari e rischi
La Fed piega a Trump? Taglio tassi atteso: scenari e rischi
Powell sotto pressione, Miran confermato, mercato in fermento: mercoledì si decide. Ma fino a che punto si spingerà la discesa dei tassi?

Domani la Federal Reserve è attesa a un cambio di passo: dopo mesi di fermezza, gli operatori considerano altamente probabile un taglio dei tassi di 25 punti base nella riunione del FOMC. L’aria è cambiata per una combinazione che pesa: segnali più deboli dal mercato del lavoro e un’inflazione che resta sopra il target, complicata dagli effetti dei dazi.

Verso un taglio “assicurativo”

La mossa che i desk si aspettano è un intervento prudente, utile a prevenire irrigidimenti finanziari e a dare ossigeno ai settori più esposti. Non sarebbe l’inizio di una corsa al ribasso ma un segnale di gestione del rischio, con la porta lasciata socchiusa a ulteriori interventi qualora i dati lo richiedessero.

Trump alza il volume, la Fed calibra

Nel frattempo Donald Trump ha rilanciato pubblicamente chiedendo che la banca centrale tagli “più di quanto abbia in mente”. “La Fed deve tagliare i tassi ora”, ha incalzato, aggiungendo che un taglio più ampio farebbe “volare il mercato immobiliare”, ha affermato Trump. È un pressing politico che arriva a ridosso della riunione, mentre la Casa Bianca auspica condizioni finanziarie più distese per sostenere la crescita.

Il dilemma di Powell

Jerome Powell deve tenere insieme tre esigenze: sostenere un’economia che mostra creazione di posti in rallentamento, difendere la credibilità anti-inflazione e schermare la politica monetaria dal rumore politico. A Jackson Hole, il presidente della Fed aveva lasciato intendere che il raffreddamento del lavoro può attenuare i rischi inflattivi dei dazi; ora deve trasformare quella bussola in una comunicazione coerente su tempi e intensità del percorso di allentamento.

Dentro il board: colombe, falchi e nuove voci

Il dibattito interno non è banale. Figure come Christopher Waller e Michelle Bowman sono ritenute aperte a un taglio; l’ingresso di Stephen Miran nel Board è letto dai mercati come un possibile impulso verso scelte più aggressive. Non si può escludere che emerga un dissenso formale qualora qualcuno spingesse per 50 punti base. La vera partita, però, è nella guidance: dot-plot, conferenza e linguaggio sul “data-dependence” diranno quanto spazio la Fed si lascia per i prossimi mesi.

Inflazione, occupazione e condizioni finanziarie

L’inflazione resta superiore al 2%, con una componente “sticky” che tiene banco nei servizi, mentre i salari danno segnali misti. Sull’altro piatto della bilancia, la domanda di lavoro rallenta e alcune aree manifatturiere colpite dalle guerre commerciali mostrano raffreddamento dell’occupazione. Il rischio di una mossa sproporzionata, in un senso o nell’altro, è quello di alimentare instabilità nelle aspettative.

Europa in ascolto: la prudenza della Bce

La BCE si muove su un crinale differente. Christine Lagarde ha ribadito che con i tassi nell’area del 2%siamo ben posizionati” per reagire se gli scenari dovessero peggiorare, ha sottolineato Lagarde. Ma i falchi si fanno sentire: da Isabel Schnabel, che continua a segnalare rischi inflazionistici non del tutto sopiti, al governatore slovacco Peter Kažimír, favorevole a una sorveglianza attenta. Sullo sfondo, un euro che viaggia vicino a quota 1,18 dollari, non abbastanza debole da compensare i dazi sull’export europeo.

Tre scenari (e i loro effetti)

Primo scenario: taglio “morbido” da 25 bps. È la base case. Ribilancia le condizioni finanziarie senza troppo rischio per la credibilità anti-inflazione. I mercati lo hanno in gran parte prezzato.

Secondo scenario: taglio da 50 bps. Sarebbe una risposta più aggressiva al raffreddamento del lavoro. Benefici immediati su mutui e credito, ma rischio di alimentare la narrativa “politicizzata” della banca centrale.

Terzo scenario: pausa con guidance accomodante. Improbabile, ma non impossibile. La Fed ribadirebbe la dipendenza dai dati, rinviando la mossa a fronte di sorprese macro. I mercati reagirebbero con volatilità.

Indipendenza e percezione

In definitiva, la Fed si trova davanti a una scelta che vale più dei soli 25 punti base. Un taglio calibrato e una comunicazione limpida possono rafforzare la fiducia; una mossa sproporzionata o un messaggio ambiguo rischiano di alimentare il dubbio su indipendenza e coerenza. Tra pressing politico e vincoli tecnici, è la gestione delle aspettative—più che il numero in sé—che farà la differenza. 

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