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Europee: Salvini spariglia il dossier 'candidature' e spera in Vannacci

- di: Redazione
 
Europee: Salvini spariglia il dossier 'candidature' e spera in Vannacci
L'annuncio che non si candiderà alle prossime europee, a differenza dei leader degli altri partiti maggiori della coalizione di governo, è una mossa con cui Matteo Salvini spariglia il quadro generale.
Laddove ''generale'' non è un termine buttato a casaccio, perché il leader della Lega sta pensando di portarne nell'europarlamento uno vero, quel Roberto Vannacci che, con il suo libercolo, ha scosso la placida postura post-vittoria elettorale del centrodestra.
La concomitanza dei due annunci - ''non mi candido'' e ''mi piacerebbe Vannacci'' - non è, né poteva essere una coincidenza perché è chiaramente parte di una strategia salviniana che guarda a più scenari e cerca di prepararsi a qualsiasi evoluzione essi potrebbero avere. soprattutto se negativa.

Europee: Salvini spariglia il dossier 'candidature' e spera in Vannacci

Nel momento in cui dice di non avere intenzione di candidarsi - per come invece lo aveva invitato a fare Giorgia Meloni, auspicando che tutti i big della maggioranza si schierino al nastro di partenza delle europee -, Salvini mostra i timori per l'esito di una competizione alla quale si presenta in condizione di oggettiva debolezza nei confronti del suo maggiore competitore (il presidente del consiglio), con Fratelli d'Italia destinato, come partito, a confermarsi e anzi erodere la base di consenso leghista.

E' palese che se il risultato delle europee fosse negativo per la Lega (anche se bisogna mettersi d'accordo su questo concetto, perché negativo potrebbe essere letto anche confermare voti e percentuali del passato, considerato che oggi il partito di Salvini è al governo, con fior di deleghe), in seno al movimento si aprirebbe una resa dei conti, molto vicina, nei contenuti e nelle modalità, ad un'ordalia.
Avendo voluto improntare la sua azione sempre sulla corsa in avanti e nel manifesto tentativo di fare da antagonista, da destra, di Fratelli d'Italia, Salvini ora deve fare i conti con le sue scelte e con le ricadute in termini di consensi.

Ma, davanti ad un ipotetico risultato negativo, riemergeranno le varie anime della Lega, che è movimento molto meno monolitico di come lo si vuole presentare. E in questo contesto anche l'offerta di una candidatura al generale Vannacci appare come un tentativo (disperato, per alcuni) di squadernare i sogni di Fratelli d'Italia, di essere il catalizzatore di tutta la destra, quindi cannibalizzando i voti degli alleati, ma che non si vogliono prosciugare per evitare di cadere nel modello di governo monodimensionale.
E' chiaro che in questo momento Vannacci, con le sue affermazioni al limite, è un fattore elettoralmente imponderabile perché le sue tesi - divisive, a dir poco, innervate di pregiudizi sulle persone che non ricadono nel suo singolare prototipo di ''vir italicus'' - se possono fare breccia sulle frange dell'estrema destra ideologica, potrebbero esserlo molto meno in termini di voti.

Perché mandarlo in Europa significherebbe farsi rappresentare da chi divide il prossimo in categorie, con i ''cattivi'' che sono etichettati così per le loro preferenze sessuali, per le scelte ambientaliste, per il colore della pelle (e - lo abbiano scoperto di recente - se essa sia liscia, come quella dei ''bianchi'', e non rugosa...).
Ma, con tutta evidenza, per Salvini quella di puntare su un candidato - che lui definisce come vittima della ''sinistra radical chic - , per il quale difendersi da una aggressione giustifica uccidere il ''cattivo'' con una matita infilata nella giugulare (ah, quanti danni hanno fatto i film di John Wick...) è una strategia vincente.

Vedremo, così come dobbiamo aspettare che, nel caso di un esito non positivo delle elezioni, coloro che dentro la Lega non condividono la sortite del segretario possano rialzare al testa. A cominciare da quei presidenti di Regione che non ne condividono le sortite.
E mentre Salvini ne tesse le lodi, Vannacci si schermisce, dicendo di essere lusingato, ma di dovere riflettere perché lui è un soldato. Anche se ormai la divisa sembra essere stata riposta in un armadio, per indossare la grisaglia del capopopolo.
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