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Signorelli, candidato a rettore Ateneo di Perugia: “Concretezza, visione, comunità. Ecco la mia Università del futuro”

- di: Giuseppe Castellini
 
Signorelli, candidato a rettore Ateneo di Perugia: “Concretezza, visione, comunità. Ecco la mia Università del futuro”
Intervista al Direttore del Dipartimento di Economia e candidato al rettorato di UniPg: “La mia candidatura nasce da un desiderio profondo: restituire all’Università ciò che mi ha dato. Ma servono metodo, ascolto e coraggio per affrontare il difficile contesto che ci attende”.
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Prof. Signorelli, cosa l’ha spinta a candidarsi come Rettore dell’Università di Perugia?
Le motivazioni sono tre: i) l’esperienza maturata in tanti anni di incarichi in Ateneo, che mi ha permesso di conoscere a fondo dinamiche, potenzialità e criticità; ii) un forte desiderio di mettermi al servizio della nostra comunità per contribuire, con realismo e dedizione, a un ulteriore salto di qualità e iii) il contesto storico difficile, soprattutto sulle risorse che possono arrivare all’Università di Perugia, su cui ho un metodo efficace per portarle al massimo del possibile. Ritengo di poter dare molto, con competenze gestionali solide, una visione strategica maturata sul campo e una motivazione profonda che mi accompagna fin da quando ho scelto l’Università come mia vita professionale”.

Il suo programma dà grande rilievo al metodo. Perché ritiene che questo aspetto sia così determinante?
“Perché, senza metodo, anche le migliori intenzioni restano sulla carta. Il mio approccio è centrato su una Governance ‘partecipata e funzionale’, che valorizzi le competenze diffuse, responsabilizzi le persone e favorisca decisioni informate, condivise ed efficaci. In pratica, significa ascoltare, creare deleghe operative chiare, selezionare i delegati in base alla capacità delle persone e qualità delle proposte operative, monitorare i risultati e correggere la rotta se necessario. Un metodo, insomma, che punta all’impatto reale, non tanto ad una enunciazione di principi”.

Come si traduce questo nella gestione quotidiana?

“Con una forte attenzione alla concretezza. Non basta avere idee o buoni progetti, serve portare a compimento interventi, rispettare i tempi, migliorare le condizioni di lavoro e studio. Per questo ho previsto deleghe tematiche molto precise, ciascuna con obiettivi operativi chiari. Il Rettore non può e non deve fare tutto: deve coordinare, dare visione, ma anche saper delegare. Il mio sarà un governo diffuso, ma coeso, basato su una logica di fiducia responsabilizzante e non di controllo”.

Quali sono, secondo lei, le priorità da affrontare subito? E quali, invece, richiederanno più tempo?

Nel breve periodo è urgente intervenire sulle strutture: servono aule e laboratori moderni, accessibili, attrezzati. Inoltre è urgente la semplificazione amministrativa: liberare tempo ed energie da burocrazia inutile è una priorità per tutti, docenti e ricercatori, personale tecnico e amministrativo. Va consolidata l’internazionalizzazione, potenziata la ricerca e costruito un sistema stabile di valorizzazione dei giovani ma al contempo accelerando sui completamenti di carriera. Per fare questo occorre massimizzare le risorse del Fondo di Finanziamento Ordinario e extra-FFO anche utilizzando un gruppo di lavoro tecnico-scientifico che, assieme a Delegati specifici, aiutino a la Governance a portare le risorse che arrivano all’Università di Perugia al massimo del possibile”.

Come definirebbe il suo stile di leadership? Cosa si devono aspettare da lei le diverse componenti dell’Ateneo?
“Una leadership sobria ma determinata. Concreto nei progetti, esigente nei risultati, ma sempre aperto al dialogo e alle critiche costruttive. Non ho mai creduto nei vertici ristretti e autoreferenziali: credo nella forza delle idee, nel confronto franco, nella costruzione di alleanze operative. Docenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo, bibliotecario e CEL, studentesse e studenti: tutti avranno voce e spazio. Con me il protagonista non sarà assolutamente il Rettore. Ma chiederò, soprattutto ai Delegati, impegno, autonomia di azione, responsabilità e collaborazione fattiva”. 

Se potesse scegliere tre interventi immediati per migliorare l’Ateneo, quali sarebbero?

Primo: raddoppiare l’efficienza sugli interventi infrastrutturali, seguendo i lavori ‘come fossero a casa nostra’, con task force dedicate per ogni singolo edificio. Secondo: semplificare le procedure amministrative, anche riformando il regolamento degli incentivi e favorendo una virtuosa evoluzione delle prassi procedurali. Terzo: mettere ancora di più al centro le persone, con attenzione alla qualità del lavoro, ai percorsi di carriera e alla soddisfazione diffusa. Perché un’Ateneo funziona solo se chi lo fa vivere ogni giorno è motivato”.

I tagli alla ricerca e alle Università stanno creando forte tensione. Come pensa di affrontare questo scenario a Perugia?

“Con realismo e determinazione. La riduzione dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario), soprattutto in termini reali, è molto preoccupante. Per questo bisogna lavorare per massimizzare le risorse disponibili: quelle extra FFO anche attraverso fondi europei, ministeriali e regionali; e poi serve una maggiore capacità di spenderle bene e in tempi accettabili. Ma serve anche una strategia che combini un reclutamento di giovani, dando opportunità a ricercatori precari, e maggiori opportunità di completamento carriera”.

In che modo l’Università può essere un motore di sviluppo per l’Umbria? E come costruire alleanze con il territorio?
“Il nostro Ateneo ha un ruolo cruciale nella crescita regionale, ma può fare molto di più. Vogliamo essere partner strategici delle istituzioni, delle imprese, del terzo settore. Ho già avviato dialoghi in questa direzione e credo che il futuro richieda un’Università capace di ascoltare i bisogni del territorio e tradurli in progettualità, innovazione, formazione di qualità. Anche la terza missione deve diventare ancora più sistemica, dando spazio anche alla divulgazione scientifica”.

In questa campagna si parla molto di alleanze e dinamiche interne. Lei su cosa punta per raccogliere consenso? E quale promessa si sente di fare alla comunità accademica?

Punto su una proposta concreta, chiara e coerente, su un metodo innovativo e su una reputazione costruita con anni di rigoroso lavoro. Non farò promesse irrealistiche, né generali né specifiche. Faccio promesse realizzabili di miglioramento sistemico, con una Governance diffusa e una molto maggiore valorizzazione dei Dipartimenti, cioè una creatività diffusa che valorizza tutti e ciascuno nelle tante varietà e diversità”.

L’internazionalizzazione è una sfida centrale. Quali strumenti prevede per rafforzarla?
“Dobbiamo ampliare ulteriormente le collaborazioni, puntare su doppi titoli, favorire la mobilità e l’attrazione di studenti e docenti da tutto il mondo, consapevoli che oramai la sola dimensione europea non basta”.

La didattica è cambiata, gli studenti hanno nuove esigenze. Qual è la sua visione su questo fronte?
Serve un equilibrio tra tradizione e innovazione. La relazione didattica in presenza resta fondamentale, ma va affiancata da strumenti digitali efficaci, da metodologie interattive, da ambienti flessibili, nonché da spazi per avere corsi di laurea che sperimentano una vera innovazione didattica, che peraltro non può trascurare gli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Gli studenti devono sentirsi parte attiva, e le rappresentanze degli studenti debbono avere molte più risorse per le loro iniziative di socializzazione e culturali che aiutino i giovani a vivere di più assieme nel quotidiano e a non isolarsi”.

Come conciliare identità accademica e spinte al cambiamento?

“Con rispetto e coraggio. La tradizione accademica non è un ostacolo, è una base solida. Ma il mondo cambia e anche l’Università deve sapersi rinnovare, senza perdere la propria anima. Il mio impegno è custodire ciò che funziona, migliorare ciò che non basta e creare ciò che ancora manca. Con umiltà, visione e spirito di servizio e l’aiuto di tanti colleghi docenti, ricercatori e del personale tecnico e amministrativo. Peraltro, questi ultimi vanno meglio valorizzati anche come attenzione in iniziative di welfare. In definitiva, serve una concretezza realista per una visione costruita assieme a tante persone e per una comunità che non è solo chi studia e lavora all’Università di Perugia ma si estende alla comunità regionale, nazionale, europea e, sempre di più, globale”.


Scheda Prof. Marcello Signorelli 
Marcello Signorelli è professore ordinario di Politica economica e Direttore del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Perugia. Con una lunga esperienza in ruoli accademici e gestionali, ha fatto parte del Senato Accademico, è stato Presidente del Consiglio Intercorso in Economia e ha coordinato numerosi accordi Erasmus. Ha svolto attività scientifica e didattica anche presso università internazionali come Columbia University, University College London e Hitotsubashi University di Tokyo. È autore di oltre 120 pubblicazioni e coautore del manuale di Politica economica più adottato in Italia. Coordina la Commissione per la Divulgazione Scientifica della Società Italiana di Economia ed è membro del Consiglio della Banca d’Italia – sede di Perugia.

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