Per Salvini è una guerra per la sopravvivenza (politica)
- di: Diego Minuti
Se solo si avesse tempo (e voglia) di guardare alle cose strambe che accadono nel centro-destra, non si potrebbe non vedere che per Matteo Salvini le elezioni hanno una personale posta in palio altissima. Basta solo scorrere le dichiarazioni che punteggiano le sue giornate politiche per capire che il ''capitano'' senza tentennamenti va avanti per la sua strada, che però non è quella degli alleati della coalizione che, quotidianamente, si trovano a dovere trovare argomenti a volte fantasiosi per giustificarne le sortite perennemente fuori le righe.
La campagna in vista delle elezioni 2022 è per Salvini una lotta per restare rilevante a livello politico
Ma in fondo è cosa comprensibile, perché, se la Lega ha dimezzato (nell'oggi storico dei sondaggi) i suoi consensi da appuntamenti elettorali nemmeno tanto lontani nel tempo e nelle ere politiche, Salvini deve correre ai ripari. E lo deve fare tirando fuori dalla valigia dei trucchi tutti quegli argomenti che lo avevano spinto ben oltre il 30% dei consensi, cavalcando la paura del diverso, il solo argomento che può convincere gli italiani a votare o non votare questo o quel partito.
Quanto sembra ormai lontano il fulgore di quando montava a bordo di una ruspa per abbattere una costruzione abusiva o, intabarrato nelle felpe (tutte, indistintamente, da quelle in dotazione delle forze dell'ordine a quelle di pro loco, ong, sagre paesane), gridava d'essere l'unico a volere difendere i confini di quel Paese che è rappresentato da una bandiera tricolore di cui però, ieri, non riconosceva il valore unificante di un popolo intero.
Quindi i temi del passato - del Salvini tutto muscoli e grinta - sono quelli che lui e il suo staff di consiglieri hanno probabilmente individuato come l'argomento che dovrebbe consentirgli di risalire la china, l'elastico che potrebbe farlo rimbalzare in termini di voti, dicendo, nuovamente, che l'Italia ha dei nemici e che lui è il solo che li può sconfiggere.
Il guaio arriva, però, quando dai temi per così dire tradizionali, lui si infila in discorsi nei quali è politicamente isolato, dal momento che gli alleati si guardano bene dallo spendere anche solo una parola in suo sostegno.
Il caso delle sanzioni contro la Russia (ma, per Salvini, soprattutto contro gli italiani) è emblematico di come ci sono tematiche dalle quali lui dovrebbe restare estraneo, anzi ben lontano, perché gli si ritorcono contro, inesorabilmente. Perché, anche dando credito alle sue argomentazioni (le sanzioni danneggiano più chi le emette, non chi ne è il destinatario) ed al fatto che si è eretto a unico difensore degli italiani, è difficile dimenticare che le sue parole sono giulebbe per Putin.
Quello stesso Putin che Salvini, appena fino a pochi anni fa, celebrava come il migliore leader del mondo, arrivando a dileggiare il presidente Mattarella pur di innalzare l'amico Vladimir agli altari dell'empireo leghista.
Stiamo semplicemente dicendo che, nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto in politica, come diceva Metastasio, ''voce dal sen fuggita poi richiamar non vale''. Ovvero: nessuno dimentica parole, ma anche esternazioni infantili, come indossare una maglietta con l'immagine di Putin davanti al Cremlino, come le groupies che vanno ai concerti dei loro idoli, lanciando urletti e baci al solo loro apparire.
È difficile cancellare il passato, lo sa Salvini, lo sanno coloro che, ad ogni sua esternazione, sono pronti a ricordare.