Elezioni 2022 - Le parole dei politici allargano la platea degli indecisi

- di: Diego Minuti
 
Tra due settimane, ora più ora meno, sapremo chi ha vinto e chi ha perso nella battaglia delle elezioni che, forse mai come in quest'occasione, hanno un vincitore scontato. Eppure la confusione di parole e contenuti resta enorme, quasi che i contendenti, giunti oramai al rush finale, cerchino di scandagliare le profondità mentali dell'elettorato per trovare argomenti in grado di fare guadagnare loro qualche voto. E mentre l'orologio della politica sembra correre impazzito, vista la qualità non eccelsa dei suoi contenuti, la gente che non è schierata, i cosiddetti ''indecisi'', guarda con sgomento la pochezza di molti dei candidati che, correndo dietro i leader, vivono della loro luce riflessa e non certo per capacità personali. Non è, il nostro, il solito discorso nihilista, ma sola la semplice constatazione che, almeno in queste elezioni, la ricerca del consenso è spesso affidata ad un modo di fare politica irrispettoso della gente, alla quale vengono proposti scenari che definire poco realizzabili è già accreditarli di una qualche fondatezza.

Sale il numero degli indecisi in vista delle elezioni 2022

Sembra di assistere ad uno dei giochi che, quando non esistevano i videogame o le consolle, si facevano da bambini, quando non c'erano squadre, ma era un tutti contro tutti, perché alla fine non ne doveva che restare solo uno, il vincitore. Anche in queste elezioni è così: attacchi personali o generalizzati, purché siano attacchi, limitandosi ad accusare qualcuno piuttosto che proposte che siano fattibili e non frutto di elaborazioni di strateghi degni dei pacchi di pasta di ''Lauriana'' memoria o della scarpa sinistra regalata in attesa che la destra arrivasse dopo che il voto era stato certificato. Non è più nemmeno il caso di analizzare la campagna elettorale di Silvio Berlusconi che, in un crescendo che di rossiniano non ha nulla, ha aggiunto un altro fiore al suo bouquet di promesse, cancellare l'incidenza dell'inflazione sull'ammontare delle multe, quasi che al prossimo premier sia affidato il compito di vigile urbano ausiliario.

Sembra quasi che i ''nostri'' politici abbiano deciso, quasi contemporaneamente, di abbracciare una nuova linea di comunicazione, che spesso contrasta con quella precedente, in termini di contenuti.
Una delle più spericolate giravolte - e non è la prima volta - è di Giuseppe Conte che, nel volgere di poche ore, ha detto tutto e l'esatto contrario sulle armi all'Ucraina, quasi a volere dire a due elettori che sono pro o contro Putin, ''guardate, io sono con ciascuno di voi''. E per spiegare la sua ''discontinua'' linea ha detto, con un pizzico di religiosità che non guasta mai, ''noi siamo nati il giorno di San Francesco e la pace e il multilateralismo sono la nostra stella polare: la nostra strategia è sempre quella di risolvere i conflitti non alimentando l’escalation militare, siamo tutti contenti di questa controffensiva ma questo non cambia la strategia che abbiamo''.

Tutto chiaro, o forse no?
È insomma la fiera delle correzioni di rotta, del ''ma anche'' e del ''sono stato frainteso'', che, come l'olio extravergine, sta bene su tutto.
E questo, per strano che possa essere ritenuto, è accaduto anche a Giorgia Meloni che, sino a ieri, aveva voluto accreditarsi, verso i partner europei, come ''affidabile''. Ma, da un palco di Milano, le è venuto da dire: ''In Europa sono tutti preoccupati per Meloni al governo e si chiedono cosa succederà. Ve lo dico io cosa succederà: che è finita la pacchia e anche l’Italia si metterà a difendere i propri interessi nazionali come fanno gli altri, cercando poi delle soluzioni comuni''.
Parole che sembrano dare una spallata a quanto affermato fino ad ora, ma che certo testimoniano un tasso di insofferenza verso un'Europa tornata a essere, agli occhi di ''Queen Giorgia'', matrigna nei confronti dell'Italia. Cosa puoi voglia realmente significare quel ''è finita la pacchia'' oggi è difficile capirlo, ma appare scontato che questa frase possa diventare argomento per chi, ad esempio, rimprovera a Meloni la contiguità ideologica con Orbàn, vera o presunta che sia.

Ma l'elenco delle ''correzioni'' sarebbe lungo e, in fondo, inutile perché, come quelle del Signore, anche le vie della politiche sono infinite, anche se non imperscrutabili. Dalla Sinistra in cerca di una identità, che si perde tra il riformismo e un (apparente) approccio rivoluzionario, al centro (semmai una simile definizione si attagli a partiti non fatti di pensiero, ma solo dalla volontà di occupare uno spazio), è una corsa a riposizionarsi, a seconda di dove soffia il vento del momento.
Ma l'ora in cui si tireranno le somme è vicina. Nell'attesa, godiamoci il video - fondamentale per il futuro del Paese - di Berlusconi che presenta al mondo il figlio del mitico Dudù, testimone non muto, ma abbaiante, di amori ormai lontani.
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