Elezioni 2022 - La campagna elettorale fa irruzione alla Mostra di Venezia

- di: Redazione
 
Tutte (o quasi) le Costituzioni dei Paesi che si dicono democratici garantiscono ai cittadini la libertà di esprimere il loro pensiero, sempre comunque nel rispetto della verità. Ovvero, tutti possono dire come la pensano a patto che lo facciano senza inventarsi nulla e senza insultare.
Oddio, queste dovrebbero essere le linee generali, ma si sa che spesso la lettera di una legge o di un provvedimento è soggetta alle interpretazioni di chi è chiamato a giudicare la liceità di un comportamento.
Comunque la nostra Costituzione dice, senza lasciare spazio a arzigogoli di giudizio, che ''tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione''.
Sin qui il quadro generale, all'interno del quale ciascuno si muove con una certa libertà, in cui, a seconda di chi guarda o si giudica, si agitano realtà inequivocabili o mistificanti furbizie.
Ma di cosa, in concreto, stiamo parlando?
Delle polemiche che, da destra, sono state mosse ad un documentario, presentato alla Mostra di Venezia, di Mark Cousins dal titolo ''Marcia su Roma'', una analisi di un film di propaganda fascista del 1923, intitolato ''A noi'', diretto da Umberto Paradisi.

La campagna in vista delle elezioni 2022 "invade" anche la Mostra del Cinema di Venezia

La polemica non è su come il regista irlandese abbia analizzato l'opera, dichiaratamente celebrativa, di Paradisi, quanto il fatto che, alla chiusura del documentario, il regista, per sottolineare la sua preoccupazione per il crescere, nel mondo, di una ''certa'' destra, abbia inserito anche l'immagine di Giorgia Meloni, accanto a quelle di campioni della politica ''muscolare'', come Vladimir Putin e Jair Bolsonaro.
Una scelta che Cousins ha giustificato facendo riferimento al linguaggio usato dalla leader di Fratelli d'Italia, prendendo come epitome il discorso fatto in Spagna, da un palco, in occasione di una manifestazione del partito neofranchista Vox.

Questo lo scenario generale, in cui bisogna muoversi seguendo due distinti filoni. Il primo riguarda il lavoro fatto da Cousins sul film di Paradisi e che lui ha spiegato in lunga lunga intervista fatta a ''La lettura'', l'inserto domenicale del Corriere della Sera che l'ha pubblicata qualche settimana fa. Un lavoro certosino, in cui il regista ha analizzato, scomposto, confrontato ''A noi'' alla luce non tanto del pensiero contemporaneo, quanto di quello dell'inizio del Ventennio e di come il linguaggio agiografico sia poi assurto a strumento di condizionamento del pensiero popolare, per calamitarne il consenso.

Sin qui, verrebbe da dire, niente da eccepire perché quella che Cousins ha fatto è stata una interessantissima - dal punto di vista puramente scientifico - opera cinematografica, a sua volta, su un prodotto cinematografico.
Quello su cui si può o deve aprire un ragionamento è sul fatto che alla rassegna veneziana - che ha rilevanza internazionale - sia stato proiettato un documentario che ha preso posizione - sia pure per i pochi secondi riservati all'immagine di Giorgia Meloni - su una questione che, politica, ha conseguenti riflessi sulla campagna elettorale in corso.

Cousins è, a buon diritto, abilitato a pensarla come vuole e a spiegarlo, sempre che non manipoli la realtà a fini meramente strumentali. Quindi bisogna registrare - ma solo quello - il suo giudizio su Giorgia Meloni che ritiene ''personalmente non pericolosa, sono le sue idee a esserlo". Ma dare spazio alla sua opera (ripetiamo, molto interessante da un punto di vista squisitamente documentaristico) quando le cronache quotidiane sono piene di polemiche politiche tra i vari contendenti è stato un peccato di sottovalutazione, quando non di superficialità. Non pensiamo che la campagna elettorale in corso abbia bisogno di ulteriori stimoli ad incancrenirsi su tematiche che interessano a pochi, ma forse dovrebbe essere lasciata ai protagonisti. D'altra parte nelle ultime settimane molti artisti hanno detto la loro sulle prossime elezioni, spesso schierandosi contro il centro-destra di cui dicono di non condividere idee e progetti. Giudizi che hanno tutto il diritto di essere espressi, difesi e, quindi, pubblicizzate. Anche se spesso ripetono gli stessi argomenti. Quelli buoni per essere ripresi dai media.
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